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Troppe monetine in tasca

Produrre le monetine da 1 e 2 centesimi costa più del valore facciale. Si pensa perciò di eliminarle. E in attesa di una decisione europea, l’Italia propone la sospensione della loro circolazione. Perché la novità deve essere spiegata bene ai cittadini.

Una montagna di centesimi

Nei pochi esercizi commerciali che per ora lo consentono pago il caffè col mio smartphone, grazie a un’app. È solo un esempio di come la tecnologia sta modificando gli strumenti di pagamento. A cambiare non è la moneta. È il modo di trasferirla dal nostro conto corrente a quello del commerciante. Un tempo si faceva con la carta degli assegni. Ora col telefono. E per i fornitori di pagamenti digitali si è aperto un mercato molto attraente, dove è essenziale conquistare in breve tempo quanti più esercenti possibile.

In attesa che la tecnologia si diffonda, il nostro borsellino si riempie di monete e monetine. Alcune decisamente superflue, come quelle da 1 e da 2 centesimi. Le prendiamo di resto, ci appesantiscono le tasche, finiscono in un barattolo, nel fondo delle poltrone o le perdiamo per strada e non circolano più. Così, per poter dare i resti, gli esercizi commerciali si devono rifornire un’altra volta di monetine nuove di zecca.
Dal 2002 ne sono stati prodotti 50 miliardi di pezzi, malgrado alcuni paesi abbiano già cessato di produrle o le abbiano consegnate alla numismatica, come la Finlandia, realizzandole solo per i collezionisti.

La produzione di monetine potrebbe anche essere un (pur piccolo) affare per il bilancio delle amministrazioni degli stati membri sotto le vigenti regole sul debito pubblico. Le monete metalliche dell’euro sono infatti emesse dal Tesoro di ciascun paese membro e non dalle banche centrali nazionali. Il Tesoro sostiene i costi di produzione, consegna le monete alla propria banca centrale per la distribuzione alle banche, e la banca centrale accredita sul conto del Tesoro il valore facciale delle monete. Se il valore facciale è maggiore dei costi, il Tesoro si trova in cassa una somma che può spendere senza indebitarsi. Anche per questo, spetta alla Banca centrale europea approvare, di anno in anno, le richieste di ciascun paese membro, che devono essere opportunamente giustificate da previsioni attendibili sulla domanda di monete metalliche da parte del pubblico.

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Oggi, però, produrre le monetine da 1 e 2 centesimi costa più del valore facciale, quello che con un’espressione antiquata si chiama “diritto di signoraggio” è diventato negativo e il Tesoro si indebita per produrle. Date le regole vigenti sul debito pubblico, cessarne la produzione può far comodo.

Se ne è accorta la Commissione europea che sta esaminando due scenari per l’estinzione: a) il ritiro in un breve arco temporale con messa fuori corso; b) la fine del conio e una scomparsa naturale dalla circolazione (come accadde con le monete da 5 e 10 lire). Il terzo scenario (continuare a produrle ma a costi minori) è decisamente il peggiore. Perché il problema non è il “signoraggio”, ma lo spreco di risorse private per gestire monetine che pochi vogliono, molti detestano e comunque non circolano.

Eliminazione in un solo paese

Della questione si è occupato anche il nostro parlamento, ancorché a un livello decisionale più basso, visto che il singolo paese non ha il potere di dichiararle fuori corso. Noi ci possiamo solo limitare a non produrne più. È quanto dice l’emendamento alla cosiddetta “manovra bis” proposto da Sergio Boccadutri e altri: “A far data dal 1o gennaio 2018 è sospeso il conio delle monete da 1 e 2 centesimi. Il risparmio derivante dagli effetti della norma è destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, da adottarsi entro il 1° settembre 2017, si stabiliscono le modalità attraverso cui i pagamenti effettuati in contanti sono arrotondati nel periodo di sospensione”.

Poco comprensibile è il passaggio dove si dice che il risparmio è destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato: non è chiaro come si possa destinare a un fondo costi che semplicemente non saranno sopportati. Sarà invece importante chiarire i criteri a cui i commercianti e i loro clienti si dovranno attenere, per evitare che le persone meno informate si trovino spiazzate dalla novità e si sentano defraudate quando l’arrotondamento è all’insù, anche tenendo conto che la consuetudine delle persone con le monete più piccole non è la stessa in tutte le regioni. Le nuove modalità dovrebbero prevedere che i prezzi si pagano al centesimo con gli strumenti di pagamento (dunque, nessun effetto sui prezzi) ma, se si paga in contante, il totale dovuto all’esercente si arrotonda allo 0 o al 5 più vicino.

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La questione di una campagna di informazione può sembrare una preoccupazione eccessiva, ma quando capita di vedere passare in Rai in prime time un’intervista raccolta per strada, senza commenti, in cui un passante piuttosto distratto afferma che con l’introduzione dell’euro la sua spesa di carburante di 3mila lire diventò dal giorno alla notte di 3 euro, non è forse da sottovalutare la necessità di non ripetere gli errori commessi nel 2002. Spiegando anche che in assenza di una decisione europea le monetine continueranno ad avere corso legale e non potranno comunque essere rifiutate.

In ogni caso, quando il centesimo di resto non ci sarà più, se vorrete comprare qualcosa per 1,99 euro, usate l’app.

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  1. Michele

    E’ possibile avere dei dati?
    Quanto costa produrre le monete da 1 e 2 centesimi?
    E quanto costerebbe invece produrne anche da 5 euro (in concorrenza con le banche centrali?)
    Anche io non uso mai gli 1 o 2 centesimi, ma non ne faccio un’assioma.
    Sarebbe invece interessante avere dei risvolti reali economici in base a tale scelta.

    • Andrea Terzi

      1. I costi variano nei diversi paesi, comunque più elevati del valore facciale.
      2. I governi non sono autorizzati ad emettere monete “in concorrenza con le banche centrali” e, come spiego, ogni emissione deve essere autorizzata dalla BCE.
      3. I risvolti reali della fine del conio da 1 e 2 cent. sono i minori costi di transazione per i privati e una riduzione irrisoria del debito.

  2. Nicola Dotti

    Ho svolto quest’analisi 4 anni fa per il Belgio. Se è parzialmente vero che il conio delle monetine costa più del valore nominale, ci sono due fattori fondamentali da considerare.

    1. Toglierle, obbligherebbe ad arrotondare facendo lievitare i prezzi al consumo di dettaglio. Per quanto in senso assoluto siano valori limitati, sono particolarmente importanti per le fasce più indigenti della popolazione che hanno solo quelle spese.

    2. E’ vero che si sta diffondendo l’uso dei pagamenti immateriali, ma dall’analisi fatta in Belgio le monetine sono più diffuse dove c’è popolazione più anziana (non è un risultato affatto sorprendente…). In un paese come l’Italia dove gli anziani sono molti di più del Belgio toglierle significherebbe far ricadere i costi di cui al punto 1 soprattutto sugli anziani, meno inclini a passare ad altre forme di pagamento.

    Conclusione. Si tengano le monetine, quantomeno per evitare di far lievitare i prezzi su indigenti e anziani (e di questi tempi difficili in Italia sarebbe proprio antipatico). Se proprio si odiano tanto queste monetine (che poi il passivo per l’Italia è tutto da verificare), più facile sostenere la diffusione di altre forme di pagamento e attendere ancora qualche anno la “naturale” uscita di corso delle monetine.

    • Andrea Terzi

      Grazie per l’utile commento.
      1. Sono d’accordo con lei che un’eventuale raccomandazione della Commissione Europea ad eliminare del tutto le monetine dovrebbe basarsi su considerazioni di opportunità prima ancora che di costo di produzione.
      2. Se l’arrotondamento (che sarebbe sulla spesa totale da pagare e non sui singoli prezzi degli articoli acquistati) è fatta correttamente, e se la popolazione è ben informata, non c’è lievitazione dei prezzi.
      3. Se l’Italia non le produce più, i commercianti italiani non potranno più rifornirsene dalle loro banche e per questo occorre un’efficace campagna di informazione e, come lei suggerisce, un sostegno alla diffusione dei pagamenti digitali.

  3. Franco Molinari

    Mi scusi, professore ma l’affermazione “comunque più elevati del valore facciale” detta così é un assioma, o un atto di fede. Senza cifre … non vale niente … o poco.

    • Andrea Terzi

      Ho scritto che “produrre le monetine da 1 e 2 centesimi costa più del valore facciale”. La fonte è la Commissione Europea:
      “The production of 1 and 2 cent coins is clearly a loss-making activity for the euro area with the difference between the face value of the coins and the price paid by the state to get them pointing at an estimated total cumulative loss of €1.4 billion since 2002.”
      Tuttavia, come cerco di spiegare, il problema principale non è questo, ma è se le monetine comportano un costo netto di transazione per i privati.

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