“Non ne abbiamo ancora discusso”: così ha risposto Mario Draghi ai giornalisti che chiedevano notizie sulla fine del Qe. Però anche i mercati finanziari sono concentrati sul percorso di uscita, e questo rischi di rendere meno efficace la politica monetaria della Bce.
Pazienza, persistenza e prudenza
La conferenza stampa di Mario Draghi del 20 luglio può essere riassunta in due espressioni usate ripetutamente dal presidente della Banca centrale. La prima è “Pazienza, persistenza e prudenza”. Draghi è partito dalla soddisfazione per i dati sulla crescita dell’eurozona (0,6 per cento nel primo semestre del 2017 che segue lo 0,5 per cento dell’ultimo semestre del 2016), ma ha ammesso che sull’inflazione la Bce non ha raggiunto il suo obiettivo di un tasso vicino – ma sotto – il 2 per cento. Non tanto per il dato in sé (1,3 per cento) ma perché l’inflazione non sembra essere persistente e autosostenuta, cioè non dipendente dalla politica monetaria espansiva della Banca centrale. In particolare, non ci sono ancora segnali convincenti sulla dinamica dei salari e quindi dei prezzi. Draghi ha già discusso nelle settimane passate sulle possibili ragioni della scarsa reattività dell’inflazione alla ripresa dell’attività economica: una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, un sottoutilizzo della forza lavoro, aumenti della produttività. Quali che siano le ragioni, Draghi ha ribadito che è ancora necessario mantenere il programma di acquisti di titoli della Banca centrale (il cosiddetto Quantitative Easing o QE) e che bisogna avere pazienza per vederne manifestare pienamente gli effetti. Il presidente della Bce ha anche ribadito di essere pronto a prolungare ed espandere il programma in caso di peggioramenti della congiuntura economica. Da qui appunto “Pazienza, persistenza e prudenza”.
Tutti in attesa dell’autunno
Ma l’altra espressione chiave della conferenza stampa è stata “non ne abbiamo ancora discusso”. I giornalisti presenti, infatti, chiedevano quasi esclusivamente notizie sulla fine del QE, sulla sua data, sulle due possibili conseguenze, se ci fosse un accordo all’interno del Consiglio direttivo della Bce sul percorso di uscita. Draghi, forse memore degli effetti sui mercati finanziari dello stesso dibattito nella Fed nel 2013, continuava a ripetere che l’argomento non era stato trattato nella riunione mattutina del Consiglio che aveva preceduto la conferenza stampa. Il problema non è tanto la mancata sintonia tra Draghi e giornalisti, ma il fatto che anche i mercati finanziari probabilmente si stanno concentrando sul percorso di uscita dal QE, rendendo meno efficace la politica monetaria della Bce. Un prematuro rialzo dei tassi potrebbe rendere meno forte la ripresa e avere effetti particolarmente perniciosi per i Paesi con alto debito pubblico.
Forse l’immagine emblematica di questa conferenza stampa è stata la domanda di un giornalista che, stremato dal refrain di Draghi che di uscita dal QE si sarebbe discusso solo in autunno, ha chiesto: “Ma quando inizia l’autunno a Francoforte?”. Ecco una domanda la cui risposta sarà molto importante per il governo italiano.
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Savino
Troppo riduttivo pensare che l’uscita dalla crisi sia solo una questione di manovre di politica monetaria e finanziaria. Draghi fa il suo da parecchi anni, ma anche tutti gli altri protagonisti dovrebbero fare il loro.
Occorrono scelte sia terapeutiche che di lungimiranza.
Nuove politiche fiscali, nuove politiche di abbattimento del debito e di riduzione delle spese inutili, nuova costruzione dei sistemi di welfare, nuove politiche per la creazione di posti di lavoro, che mettano al centro sia la dignità della persona che l’obiettivo collettivo della produttività, nuove politiche per i giovani, le famiglie di nuova istituzione, per chi si propone di eseguire nuove mansioni o per chi deve lavorare saltuariamente. Oltre a rimedi per le povertà crescenti e per l’integrazione ai nuovi flussi migratori.
La crisi dura da 10 anni circa, corrispondente al periodo delle due guerre mondiali del ‘900 messe assieme.
Non mi capacito all’idea di come abbiamo fatto a ridurci in queste condizioni di stato brado.
Per quanta umana pazienza si possa avere, non è accettabile continuare ad assistere alla declassificazione dei problemi.
Carmelo Catalano
Ma il dubbio che la BCE non abbia, nelle attuali condizioni dell’eurozona e stante il divieto di finanziare spese in deficit, alcun controllo sull’inflazione, non sfiora nemmeno la mente dell’autore dell’articolo?