I piani casa hanno prodotto investimenti privati lontani anche dalle attese più prudenti. Ma il loro effetto non va sottovalutato. In un periodo di grave crisi, hanno permesso la sopravvivenza di un certo numero di piccole imprese e di artigiani.

I risultati dei piani casa

Le elaborazioni delle statistiche Istat sui permessi di costruire (che censiscono anche gli altri titoli che abilitano alla realizzazione degli interventi edilizi) restituiscono un bilancio dei piani casa delle regioni fatto di luci e ombre. Rinviando ad altra sede l’approfondimento delle loro caratteristiche, qui è sufficiente ricordare che le leggi regionali sui piani casa furono approvate a seguito di un accordo stato-regioni del 1° aprile 2009. Con lo scopo di sostenere l’edilizia e l’economia, prevedevano la concessione di premi di superficie o di volume per incentivare la demolizione e ricostruzione o l’ampliamento degli edifici residenziali esistenti. Nella tabella 1 è riportato il quadro dei premi concessi dalle singole regioni. Si disse allora che quelle leggi avrebbero consentito, a chi ne aveva bisogno, di fare la stanza in più per il figlio.

A partire dalla rilevazione dei titoli abilitativi agli interventi edilizi del 2010, l’Istat ha chiesto agli uffici comunali di indicare separatamente quelli relativi all’attuazione dei piani casa regionali. Quest’anno ha pubblicato, per la prima volta, in modo distinto per le nuove costruzioni e per gli ampliamenti, le serie storiche 2010-2015 delle superfici e dei volumi attribuiti a quei piani, aggregati per grandi ripartizioni geografiche e per dimensione demografica dei comuni.

Le elaborazioni dei dati sulle superfici danno i risultati qui sintetizzati (che sarebbero sostanzialmente gli stessi considerando i volumi).

1) I comuni hanno attribuito all’applicazione delle leggi regionali sui piani casa la previsione di una superficie di circa 7,4 milioni di metri quadri in sei anni, dei quali circa 3,1 milioni per la ricostruzione di immobili demoliti e la restante parte dovuta agli ampliamenti. La composizione per tipologia degli interventi differisce molto da quella relativa alla totalità dei permessi: sui circa 79 milioni di metri quadri previsti, il peso delle nuove costruzioni è di circa l’85 per cento. Nell’insieme degli anni considerati, il contributo dei piani casa al totale dell’attività edilizia nel segmento abitativo è stato intorno al 9,5 per cento, oscillando tra circa il 6 per cento nelle nuove costruzioni e oltre il 25 per cento negli ampliamenti. I profili temporali dei contributi sono riportati nel grafico 1.

2) Le superfici previste dai piani registrano una forte concentrazione territoriale. Il 40 per cento è localizzato nella circoscrizione del Nord-Est, mentre è relativamente modesto l’apporto della circoscrizione del Nord-Ovest e di quella del Centro (per approfondimenti si rinvia ai grafici 2 e 3). Il profilo temporale delle superfici previste evidenzia che nel Nord-Ovest si sono più che dimezzate a partire dal 2013, cioè dall’anno di scadenza della legge della Lombardia (prorogata al 2014 per l’edilizia sociale). La scadenza, nel 2010, della legge dell’Emilia-Romagna non sembra invece aver avuto alcun rilievo nella circoscrizione del Nord-Ovest, dove le superfici sono più che raddoppiate a partire dal 2011. In quest’area, un peso rilevante può essere attribuito al Veneto, non solo per la sua rilevanza economica e demografica, ma anche per la maggiore generosità della sua normativa nella concessione dei premi.

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4) Come si può osservare nel grafico 4, la concentrazione geografica della popolazione e del Pil non sembra avere un allineamento univoco con la distribuzione territoriale delle superfici previste dai piani casa. La sola circoscrizione in cui il peso della superficie totale e le percentuali del Pil e (soprattutto) della popolazione sono dello stesso ordine di grandezza è il Nord-Ovest. Il risultato non è del tutto sorprendente, se si considera che sulla convenienza economica degli interventi di demolizione e ricostruzione può avere un’influenza rilevante la vetustà degli immobili e che gli ampliamenti sono motivati soprattutto dall’esigenza di spazi delle famiglie.

5) La dimensione demografica dei comuni non sembra sia stata un fattore rilevante nel ricorso ai premi di superficie indicati dai piani. Come si può osservare nel grafico 5, il peso della superficie localizzata nei comuni non capoluogo è sostanzialmente dello stesso ordine di grandezza di quello previsto dalla totalità dei permessi. Va rilevato che nei comuni più piccoli, dove sono più diffuse le tipologie di immobili che più si prestano a incrementi di superficie per ricavare una stanza in più, la percentuale attribuita agli ampliamenti dai piani casa è inferiore a quella che risulta per l’insieme dei permessi.

Contributo inferiore alle attese

L’elaborazione dei dati dell’Istat offre una delle rare occasioni di una valutazione dei risultati conseguiti con una politica pubblica.

Quando i piani furono promossi, ci si attendeva un sostanzioso contributo a sostegno di un’economia che era già in affanno. Il governo di allora prevedeva, nei 18 mesi di durata dei piani, una mole di investimenti privati tra 75 e 150 miliardi di euro, una manna a costo zero per il bilancio statale, mentre i comuni avrebbero incassato gli oneri di urbanizzazione e il contributo sul costo di costruzione, nei casi in cui erano dovuti. Il Cresme, un istituto di ricerca del settore, si fermò a 42 miliardi di euro tra il 2009 e il 2012.

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Per valutare l’impatto economico dei piani ipotizziamo che i 7,5 milioni di metri quadri attribuiti ai piani casa a) siano stati tutti realizzati; b) che senza i premi non sarebbero stati realizzati; c) che l’investimento sia stato di 1.500 euro per metro quadro di superficie. Sotto queste ipotesi, i piani avrebbero generato un investimento di poco superiore a 11 miliardi di euro in sei anni, un po’ meno di due miliardi l’anno. Sono cifre lontane dalle attese anche più prudenti, ma il loro impatto non è da sottovalutare, soprattutto nel segmento degli ampliamenti. In quel periodo, circa un quarto dei lavori di ristrutturazione non sarebbe stato realizzato senza le possibilità offerte dalle leggi regionali sui premi di superfice. Con un danno non trascurabile per l’occupazione e, forse, per la sopravvivenza di un certo numero di piccole imprese e di artigiani.

Tabella 1 – Percentuale del premio per interventi di ampliamento e di demolizione e ricostruzione di edifici residenziali

Fonte: Lungarella R., L’efficacia dei premi edificatori nei Piani casa regionali. Una valutazione d’insieme, Istituzioni del Federalismo 3.2015

Grafico 1 – Percentuale delle superfici previste dai piani casa sul totale delle superfici delle nuove costruzioni e degli ampliamenti per anno

Grafico 2 – Distribuzione territoriale delle superfici previste dai piani casa e dal totale dei permessi di costruire per anno per circoscrizioni territoriali

Grafico 3 – Percentuale delle superfici previste dai piani casa sul totale delle superfici delle nuove costruzioni e degli ampliamenti per circoscrizioni territoriali

Grafico 4 – Percentuale per circoscrizioni territoriali della popolazione del Pil e delle superfici previste dai piani casa**

**Per escludere l’effetto della cessazione dei piani casa della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, Nella realizzazione del grafico sono stati utilizzati i dati per il 2012 della popolazione e del Pil (al netto delle due regioni) e la somma delle superfici per il periodo 2012-2015.

Grafico 5 – Percentuale delle superfici previste dai piani casa e dal totale dei permessi per nuove costruzioni e per ampliamenti localizzati nei comuni non capoluogo

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