Il nuovo codice degli appalti istituisce un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti sulla base di criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione. Manca però il decreto attuativo. Eppure, potrebbe essere un aiuto alla spending review.
Le conseguenze dell’incompetenza
Ogni anno nel mondo circa il 20 per cento del Pil viene speso da amministrazioni pubbliche per acquistare lavori, servizi e forniture.
Riuscire a effettuare acquisti di qualità a costi contenuti non è un compito semplice. È necessario che venga selezionato un fornitore capace, che abbia l’incentivo a onorare il contratto secondo i tempi e le modalità lì definite. Alzi la mano chi ancora si sorprende quando ciò non accade.
Ma se la prestazione acquisita, come la manutenzione di una strada, avviene in ritardo e a costi raddoppiati rispetto a quanto stabilito in fase di aggiudicazione, a chi si debbono attribuire le responsabilità? Probabilmente in un paese come l’Italia, di fronte a un episodio eclatante di ritardi e costi lievitati, il pensiero del cittadino medio va immediatamente alla corruzione. Ma la corruzione, per quanto sia indubbiamente un grande male, non è quello più grande.
Ce ne è un altro, meno eclatante ma particolarmente efficace nel distruggere valore e indebolire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni: la mancanza di competenza. Se ne parla relativamente poco forse perché è difficile da misurare o perché in Italia, abituati alla corruzione, pensiamo che essere “per bene” possa bastare.
Stephane Saussier, professore di economia alla Sorbonne di Parigi, e il premio Nobel in economia Jean Tirole riferiscono in un articolo del 2015 di uno studio condotto da l’Union des Groupements d’Achats pubbics secondo cui il 63 per cento del personale delle stazioni appaltanti francesi non ha un profilo legale e solo il 39 per cento ha qualificazioni specifiche agli acquisti pubblici. Eppure, uno degli obiettivi centrali delle nuove direttive europee sugli acquisti pubblici (direttive 2014/25/UE, 2014/24/UE) è proprio quello di puntare sulle competenze delle stazioni appaltanti, concedendo maggiori margini di flessibilità e discrezionalità.
Un cardine per la spending review
È la valorizzazione delle competenze il cardine della rivoluzione negli acquisti pubblici voluta dalle direttive ed è la sua più grande potenzialità. Recependole, il governo italiano si è spinto fino a prevedere una disposizione altamente innovativa e condivisibile. Nel nuovo codice degli appalti (decreto legislativo 50/2016), l’articolo 38 prevede l’istituzione di un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti sulla base di criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione. Ma manca il decreto attuativo.
I sistemi di valutazione nel lungo periodo danno incentivi e migliorano generalmente i risultati delle organizzazioni, ma nel breve periodo identificano vinti e vincitori. Eppure, la strada deve essere quella, perché migliorare la competenza potrebbe essere il vero cardine di una spending review. Lo mostriamo indirettamente in un lavoro con Leonardo Giuffrida e Vincenzo Mollisi, che utilizza i dati del governo federale degli Stati Uniti per valutare l’impatto della competenza delle agenzie federali negli acquisti pubblici. Si tratta di tutti i contratti pubblici d’importo superiore a 2.500 dollari aggiudicati da agenzie federali statunitensi dal 2000 a oggi (Federal Procurement Data System) e di una indagine campionaria condotta dal 2002 al 2015 sugli impiegati di queste agenzie (Federal Employee Viewpoint Survey). Tutti dati che – a differenza di quanto avviene in Italia – sono resi disponibili al pubblico e direttamente accessibili da un sito web del governo federale.
Tenendo conto dell’esperienza della stazione appaltante, della complessità e del tipo di contratto, esiste una grande eterogeneità nel grado di competenza degli uffici federali e investire in competenza negli acquisti pubblici porterebbe a forti riduzioni nei ritardi di consegna e nelle rinegoziazioni dei prezzi, i due elementi che causano notevoli aumenti della spesa finale. I dati sono inequivocabili: se tutte le agenzie americane avessero la competenza della Nasa (che corrisponde al miglior 10 per cento), i ritardi nell’esecuzione dei contratti si sarebbero ridotti di 7,2 milioni di giorni e gli aumenti post-contrattuali dei costi di esecuzione sarebbero scesi di 13,5 miliardi di dollari nel periodo 2010-2015. La cooperazione all’interno dell’ufficio risulta una delle determinanti più significative della diversa capacità di assegnazione e gestione dei contratti federali, sottolineando l’importanza di competenze manageriali oltre che tecniche.
I risultati ottenuti sono generalizzabili qualitativamente: l’efficienza degli acquisiti pubblici cambia significativamente con la competenza della stazione appaltante e incide sui risultati dei contratti pubblici.
I numeri suggeriscono che maggiori competenze nelle stazioni appaltanti che gestiscono grandi budget potrebbe essere il cardine di una seria spending review.
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raffaele
La competenza è un fattore decisivo per la qualità degli appalti. Ma la competenza si alimenta, soprattutto con la formazione e la rotazione degli incarichi, con la consulenza, magari di enti più grandi, penso ai piccoli comuni e direi anche con la responsabilità dei risultati, dei tempi di esecuzione e con la loro verifica, tramite audit. Invece prevale l’aspetto procedurale e meramente burocratico, con la frantumazione delle responsabilità.
Massimo Gusso
scrivo per chiedere un’informazione che si collega all’articolo sulle “stazioni appaltanti”: gli istituti scolastici sono considerati “stazioni appaltanti” nonostante essi non attuino mai procedure di appalto (cioè procedure di gara così qualificabili ec codice civile). si tratta di enti pubblici che è quasi impossibile possano far spese somme superiori a 40 mila Euro, ma in genere difficilmente affrontino acquisti superiori ai 10 mila e non più di una o due volte all’anno. è corretta la loro qualificazione come “stazioni appaltanti” con tutta la serie di orpelli burocratici che ne conseguono?
Savino
Con la vecchia generazione nella burocrazia non può cambiare nulla di sicuro. Se ad un geometra, neanche così istruito, sono affidate responsabilità di comando o ruoli delicati nei procedimenti dei lavori pubblici non ci lamentiamo del fatto che tutto vada a finire a tangenti. Le complessità delle stazioni appaltanti e delle opere pubbliche vanno studiate da persone plurispecializzate e aggiornate negli studi e nelle ricerche. I nostri giovani, che hanno studiato tanto e sono capaci, li mandiamo all’estero, mentre la nostra P.A. è piena di attempati signori che fanno i maneggioni da decenni senza averne titolo nè capacità.
Claudio
Assolutamente d’accordo. Vorrei citare un esempio di questi giorni nelle Marche: a distanza di 18 mesi dal terremoto di agosto 2016 (diconsi 18 mesi!), sono partite in grande stile le opere di “messa in sicurezza” di edifici/case dichiarati inagibili e di altre strutture (muraglioni e muri di contenimento, eccetera) anche quando – è la assoluta maggioranza dei casi – appare evidente che costerebbe meno, e sarebbe più efficiente, procedere subito alle opere di ristrutturazione.
Delle due, una: o la “messa in sicurezza” è un modo surrettizio per far passare il messaggio che le ristrutturazioni/ricostruzioni non si faranno mai, oppure nessuno si è preoccupato di considerare che il costo della “messa in sicurezza” dopo 18 mesi dal sisma è non solo un po’ sospetto ma è soprattutto un costo aggiuntivo.
Però, giacché non è pensabile che tutte le agenzie preposte alla gestione del dopo-terremoto (Comuni, Regioni, Protezione Civile, eccetera) siano composte da individui sprovveduti (per usare un eufemismo), è probabile che quanto l’uomo comune vede girando per Ascoli Piceno sia un buon mix di incompetenza e corruzione. Veramente da star allegri.
Fabio
La mia opinione è che il nuovo codice degli appalti non favorisca in alcun modo il processo auspicato nell’articolo.
Unitamente alle procedure poste in atto da ANAC sta sensibilmente burocratizzando ogni procedura di gara non ottenendo alcun beneficio in termini di qualità degli acquisti, corruzione, velocità e competenza.
Tale stato di fatto viene oltretutto peggiorato dal sempre più diffuso uso del contenzioso “a prescindere” posto in atto dalle Aziende (problema tra l’altro generale in tutti i settori dell’attività produttiva).
Ad oggi, le uniche competenze valorizzate , sono esclusivamente quelle di tipo legale siano esse delle stazioni appaltanti che dei fornitori.
Antonio Carbone
Finalmente un articolo sull’argomento! A furia di vedere la corruzione dappertutto ci si è abituati all’incompetenza come “male minore”. Tanto che oramai la mancanza di qualsiasi esperienza può essere rivendicata come una sorta di garanzia della propria dirittura morale! Ma solo in politica, perché nessuno, in nessun altro settore, si azzarderebbe ad ambire ad un posto di responsabilità su queste basi. Venendo alle cose serie: sottoscrivo le note dei lettori Raffaele, Savino, Claudio e Fabio che, vivendo nel mondo reale come tanti di noi, vedono cose che, chissà perché, ai ministeri sembrano sfuggire.
A proposito di ministeri, aggiungerei un elemento di discussione: conosco almeno 20 decreti attuativi mai emanati (alcuni da oltre 10 anni) ed essendo solo quelli di mia diretta conoscenza, immagino che il numero sia molto più alto. Mi sorge il dubbio che l’incompetenza regni anche (forse soprattutto) nei vertici amministrativi e politici. Che io ricordi, la buonanima del prof. Giovanni Sartori segnalava almeno 10 anni fa il peggioramento della “qualità” delle leggi.
dean
Da un po’ di anni in Italia è stata introdotta la figura del whistleblower, che denunzia corruzione e pratiche scorrette. Credo che avrebbe molto più successo se potesse denunciare anche l’incompetenza: lavoro da oltre 20 anni nella PA e, sinceramente, ho visto pochissimi corrotti e moltissimi incompetenti seriali, di quelli cioè che fanno stupidaggini a ripetizione ma, essendo non disonesti, nessuno può buttarli fuori o demansionarli
Tommaso
Non sono affatto d’accordo con l’ordine della classifica di sciagure stilata, secondo cui l’incompetenza fa più danni della corruzione. In particolare non lo sono per i riflessi dal punto di vista sociale.
Se è vero che l’incompetenza può portare ad acquisti inefficaci, inefficienti o anche non economici, è ancor più vero che la corruzione porta certamente in tutti i casi a tutto ciò, perché i costi della corruzione si sommano al costo intrinseco dell’acquisto e perché il corruttore vuole poi qualcosa in cambio, come forti agevolazioni nelle caratteristiche della fornitura.
Ma in più la corruzione, a differenza dell’incompetenza, porta a grandi disastri sociali, come distorsione delle risorse verso alcuni soggetti non meritevoli e che ostacolano la concorrenza, sviluppo di legami tra corrotto e corruttore che soffocano il mercato, rafforzamento dei soggetti politici al potere ecc.
Vorrei inoltre chiedere un chiarimento sul passaggio “secondo cui il 63 per cento del personale delle stazioni appaltanti francesi non ha un profilo legale” di cui non si comprende bene il senso perché forse è saltato qualche termine.
Perché, sulla base dei risultati delle mie ricerche, se si vuole dire che ci vuole una contaminazione di competenze per la gestione evoluta degli appalti sono perfettamente d’accordo, se invece si vuole affermare che solo le competenze legali sono adatte a gestire gli appalti, sulla base delle mie evidenze non posso proprio confermare, anzi.