Sono storie parallele quelle di Meridiana e Alitalia. Ora con l’arrivo del nuovo azionista Qatar Airways, la prima cambia nome e modello di business, ricercando dimensioni più grandi. Perché l’ex compagnia di bandiera non segue il suo esempio?
Breve storia di due compagnie italiane
Per molti anni sui cieli italiani hanno volato due soli vettori battenti bandiera nazionale: la grande, e in passato anche gloriosa, Alitalia, fondata dall’Iri nel 1947 principalmente per garantire i collegamenti internazionali del nostro paese; e la piccola Alisarda, vettore regionale fondato dal principe Karim Aga Khan nei primi anni Sessanta come compagnia di aerotaxi per assicurare i collegamenti turistici tra l’Italia continentale e la Costa Smeralda.
A metà degli anni Settanta Alisarda volava con una flotta di tre Dc 9, per un totale di neppure 300 posti a bordo, mentre Alitalia disponeva, con la sua consociata regionale Ati, di una flotta di 130 aerei, di cui 30 di lungo raggio, con quasi 11 mila posti complessivi. Vent’anni dopo, a metà degli anni Novanta e alla vigilia del completamento della liberalizzazione dei cieli europei, la flotta di Alitalia era salita a 150 velivoli, di cui 36 di lungo raggio, per un totale di quasi 27 mila posti, mentre Alisarda, che nel frattempo aveva cambiato nome in Meridiana, aveva anch’essa accresciuto la sua flotta a 18 velivoli per un totale di 2.400 posti. I due vettori rappresentavano assieme il 94 per cento della flotta italiana, ma Meridiana non arrivava a un decimo di Alitalia.
Negli anni Duemila, a mercato ormai completamente aperto alla concorrenza, Meridiana ha cercato di crescere con acquisizioni successive: nel 2006 il vettore charter Eurofly, che era già appartenuto ad Alitalia, e nel 2011 Air Italy, senza peraltro riuscire a decollare rispetto alle sue limitate dimensioni in un mercato italiano molto dinamico né a scrollarsi di dosso il modello originario di vettore regionale. Nel 2007, dopo l’acquisizione di Eurofly, il gruppo Meridiana raggiunge il suo massimo sviluppo con quasi 6,5 milioni di passeggeri trasportati e una flotta di 34 aerei. Il decennio seguente, però, è negativo e obbliga il vettore, non più in grado di conseguire l’equilibrio economico, a un progressivo ridimensionamento di personale, flotta (oggi ridotta a 12 aerei) e di passeggeri trasportati, pari a solo 2,6 milioni nel 2016.
La crisi di Meridiana è parallela a quella di Alitalia, risentendo entrambe del mutato contesto concorrenziale e della diffusione delle low cost che ha messo in discussione tanto il modello del vettore di bandiera nazionale quanto quello del vettore regionale.
Anche la crisi di Alitalia è stata affrontata con progressivi ridimensionamenti che non hanno avuto alcun successo, quattro in tutto dal taglio dei voli intercontinentali nel 2000 all’entrata di Etihad a fine 2014. In un mercato in forte crescita, come si può pensare di riuscire a rilanciare un’azienda in crisi ridimensionandola, ma conservandone intatto il modello di business che ha dimostrato di non funzionare? Bisogna fare l’esatto contrario: ricercare dimensioni più grandi, attraverso opportune scelte d’investimento, cambiando il modello di business.
Air Italy cambia lo scenario
Rispetto alle scelte passate, il cui esito finale non potrebbe essere che la chiusura di entrambi i vettori, ecco l’improvviso cambio di scenario e il rovesciamento della strategia realizzato in Meridiana con l’arrivo del nuovo azionista Qatar Airways: un piano di rilancio molto ambizioso, con il passaggio da vettore regionale a vettore nazionale focalizzato sul lungo raggio; il cambio di nome in Air Italy, che incorpora nel marchio il nome del paese; il cambio della sede principale da Olbia a Malpensa, che sarà base dell’hub intercontinentale; il rinnovo completo della flotta e la sua espansione in breve tempo sino a 50 aerei, di cui ben 30 di lungo raggio, i modernissimi e performanti Boeing 787 Dreamliner, un numero mai visto in Italia se non per breve tempo nella flotta di Alitalia degli anni Novanta. È progetto assolutamente corretto che cambia il modello di business ricercando dimensioni adeguate che ne garantiscano la sostenibilità.
Sembra tuttavia che nessuno, in primo luogo chi dovrebbe pensare a una politica industriale di settore, si sia accorto che questo identico progetto di rilancio bisognerebbe attuarlo anche per risanare Alitalia. Meridiana non è più sostenibile come vettore regionale, dunque non le resta che crescere sino a divenire un vettore nazionale focalizzato sul lungo raggio. Anche Alitalia è troppo piccola e la soluzione è di crescere come vettore di lungo raggio, non certo di divenire il vettore regionale di un grande gruppo europeo. Possibile che i ministri competenti sul tema non si siano accorti che la soluzione migliore è la stessa? O forse pensano che si tratti di un unico vettore e che Air Italy sia semplicemente la traduzione in inglese di Alitalia? Oppure si sono convinti che vi sia posto per un solo vettore nazionale di lungo raggio sui cieli italiani e che questo non si chiami Alitalia?
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Mario
Concordando ovviamente che la strada intrapresa da Meridiana sia quella giusta credo che un aspetto determinante rispetto anche ad esempio al fallimento del progetto Ethiad sia che in questo caso la quota comunitaria di azionariato é in grado di finanziare il piano di sviluppo insieme a Qatar airways, o sbaglio?