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Previdenza: i vantaggi dal ritiro parziale dal lavoro *

La cancellazione della legge Fornero significherebbe rinunciare a circa 330 miliardi di euro di risparmi cumulati fino al 2045. Si potrebbe invece ipotizzare un’uscita graduale dal mondo del lavoro, facendo leva sul part time. Dove trovare le risorse.

Lo stato del sistema previdenziale

 Nel documento “Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario” (agosto 2017), pubblicato dalla Ragioneria generale dello Stato, si rileva che cancellare la cosiddetta. legge Fornero (legge n. 214/2011) significherebbe rinunciare a circa 330 miliardi di euro di risparmi cumulati fino al 2045.
Il grosso del risparmio si realizzerebbe nel periodo 2020-2030, con circa un punto percentuale di Pil in media ogni anno, con un massimo di 1,4 per cento nel 2020: l’effetto di contenimento della spesa pensionistica in rapporto al Pil decrescerebbe per poi annullarsi sostanzialmente in prossimità del 2045.
Le prestazioni sociali degli enti di previdenza nel 2015 erano pari al 19,3 per cento del Pil (figura 1) ed erano coperte solo in parte dai contributi sociali (14,1 per cento del Pil).
Un esercizio di previsione basato sui dati 2016 pubblicati da Inps e Inail (Conto consuntivo e Rendiconto generale) evidenzia che le prestazioni, al lordo dell’imposta sul reddito, sono scese sotto il 19 per cento del Pil: si tratta di una dinamica positiva, dovuta sia alla crescita del prodotto interno lordo a prezzi correnti dell’1,7 per cento rispetto al 2015, sia alla normativa attuale in ambito pensionistico.
Dal 2004 al 2013 si osserva, al contrario, un trend crescente dell’incidenza sul Pil delle prestazioni sociali erogate (che appare attenuarsi dal 2014).
Tra le fonti di miglioramento dell’indice di copertura previdenziale nel 2016 a livello nazionale sono da considerarsi:

  • l’aumento stimato delle entrate contributive superiore al 2,5 per cento, correlato a un aumento dell’1 per cento del tasso di occupazione tra dicembre 2016 e dicembre 2015 (fonte: Rilevazione Istat sulle forze di lavoro);
  • la sostanziale stabilità della spesa complessiva in prestazioni sociali di Inps e Inail.

Il divario fra contributi e prestazioni incide negativamente sul deficit previdenziale pro-capite, ovvero sulla parte di disavanzo previdenziale a carico di ciascun abitante, in particolare nel Mezzogiorno, che presumibilmente rileva un indice di copertura previdenziale inferiore al 55 per cento anche nel 2016 (contro circa il 75 per cento dell’Italia nel suo complesso). Infatti, nelle regioni meridionali l’incidenza degli occupati sulla popolazione nel 2016 è pari al 33 per cento, mentre in quelle settentrionali presenta valori superiori al 45 per cento, contro il 40,9 per cento dell’Italia complessivamente considerata (fonte: Statistiche report Istat, conti economici territoriali).

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Figura 1 – Prestazioni e contributi sociali degli enti di previdenza in percentuale del Pil. Anni 2004 – 2016
(valori percentuali)

Fonti: Istat, Indagine sui bilanci consuntivi degli enti previdenziali e Annuario statistico italiano; Consuntivo Inail, Inps.
*Esercizio di stima per l’anno 2016

In sintesi, negli ultimi anni si registra un maggiore equilibrio dei conti previdenziali, anche a seguito dell’introduzione della riforma Fornero. Alla luce di questi dati, non appare prudente stravolgere ora il sistema previdenziale.

Il ritiro parziale

In alternativa alla cancellazione della riforma Fornero, proponiamo una formula che prevede un mix tra reddito da lavoro e pensione per gli over 60, anche per venire incontro all’esigenza di anticipare almeno in parte l’età del ritiro. Si potrebbe infatti ipotizzare un “ritiro parziale”, ampliando il part-time degli over 60 e anticipando una parte della pensione per coprire il minor reddito da lavoro.
Si tratta dunque di delineare un sistema con un’uscita graduale dal mondo del lavoro. In via sperimentale e iniziale si potrebbe pensare a una riduzione del 20 per cento dell’orario di lavoro (in media si lavorerebbe per quattro giorni a settimana e non cinque).
Nel caso di lavoratori con almeno 60 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi totali versati, costerebbe tra i 3,4 e i 4 miliardi di euro all’anno nel periodo 2020-2030 per il complesso delle gestioni interessate (previdenza generale e casse private). Il parziale pensionamento (al 20 per cento) dell’assicurato sarebbe retribuito secondo il sistema vigente di calcolo contributivo e sulla base del montante contributivo esistente a quella data: il reddito delle persone interessate deriverebbe quindi, in media, per circa l’85 per cento da lavoro dipendente o autonomo e per la restante parte da pensione. Ciò potrebbe portare anche a un aumento della produttività dei soggetti con più di 60 anni nei giorni in cui lavorano (come dimostrano, tra gli altri, uno studio della Stanford University del 2014, recenti ricerche del Family and Work Institute Usa, le scelte della Toyota di Göteborg).
La copertura necessaria per la sperimentazione potrebbe essere ricercata senza stravolgimenti pericolosi del sistema, continuando anzi a monitorarne attentamente le diverse variabili. Si potrebbero infatti recuperare 12,4 miliardi facendo scattare le clausole di salvaguardia residue nel 2019.
In questo modo, si potrebbero anche utilizzare le eccedenze (circa 8,5 miliardi) per l’erogazione di un assegno di “cittadinanza” a favore dei minori di diciotto anni figli di famiglie con almeno un genitore disoccupato, da distribuire in base al reddito e patrimonio familiare (con un effetto che si presume positivo sull’indice di povertà assoluta, sul rischio povertà e grave deprivazione materiale).
In conclusione, l’obiettivo finale che l’ipotesi qui presentata vuole perseguire è quello di ampliare l’impatto del nostro attuale sistema previdenziale sul benessere delle famiglie, considerando che la valutazione della povertà rientra tra gli indicatori prescelti per la stima del livello di benessere materiale di una società.

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* L’articolo e le opinioni in esso contenute sono presentate dagli autori a titolo personale e non impegnano l’Istat presso cui prestano la propria attività di ricercatori.

 

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  1. bob

    Interessante! Non credete che alla luce dei cambiamenti in atto sia nel mondo del lavoro oltre che nell’ aspettative di vita sia da rivedere completamente il concetto di ” età pensionabile” . Oggi la tecnologia sostituisce sia l’uomo ma anche lavori una volta definiti usuranti. Io credo che in questo Paese non viene presa in considerazione questa ipotesi perchè un Paese tecnologicamente arretrato sia in termini di mentalità che di operatività. Non siamo ultimi solo nella classifica della lettura dei libri, siamo ultimi nell’uso di strumenti innovativi sul lavoro. Alla burocrazia soffocante forse conviene lasciare le cose come stanno una specie di autodifesa

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