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Banchieri sotto esame. Ma il voto resta segreto

Le normative europee prevedono che le autorità di vigilanza esaminino periodicamente le singole banche. Ma sull’esito non c’è trasparenza, neanche verso le banche stesse. Eppure una maggiore chiarezza del processo potrebbe rafforzare il ruolo della Bce.

L’esame dei banchieri

Le normative europee prevedono che le autorità di vigilanza esaminino periodicamente le singole banche, guardando alle loro attività, alle strutture di governo e ai sistemi di controllo, ai rischi per il capitale e la liquidità, il tutto alla luce anche dei risultati degli “stress test” volti a comprendere gli effetti di uno scenario macroeconomico avverso. L’esame si chiama Srep (Supervisory Review and Evaluation Process) e può concludersi con la richiesta alle banche di dotarsi di capitale aggiuntivo, in difetto del quale sono vietati la distribuzione dei dividendi e il pagamento dei bonus ai top manager. Considerata la posta in gioco, l’argomento è diventato sensibile; anche il Parlamento europeo ha di recente chiesto un rapporto sul tema.

Cosa sappiamo dei risultati?

Lo Srep delle grandi banche dell’Eurozona è condotto dalla Banca centrale europea, che ogni anno diffonde una sintesi dei criteri seguiti per esaminare gli istituti, senza tuttavia illustrare in dettaglio le regole con cui i singoli aspetti sotto esame vengono valutati o combinati tra loro. La Bce riporta inoltre il dato aggregato del capitale aggiuntivo richiesto al sistema, che nell’ultimo triennio è rimasto stabile, anche se è divenuto meno soddisfacente, in media, il giudizio riservato alla qualità dei controlli e del governo societario.

Molte banche – specie quelle quotate, che sono tenute a condividere con gli investitori le informazioni “price- sensitive” – diffondono il dato sul vincolo di capitale minimo emerso dallo Srep. Nel complesso, però, si procede in ordine sparso: c’è chi riporta l’informazione in bilancio, chi in un comunicato, chi mai (comportamento non inusuale ad esempio in Germania e Austria). L’Autorità europea per il mercato finanziario (Esma) ha sin qui evitato di suggerire prassi omogenee e il quadro informativo sulle decisioni della Bce risulta dunque assai variegato e lacunoso. A complicare le cose vi è anche il fatto che, da un paio d’anni, una parte del capitale aggiuntivo legato allo Srep è diventata “quasi vincolante”, ma non del tutto: così anche chi non la rispetta può comunque pagare i dividendi, magari senza avvertire il mercato delle proprie carenze.

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Più trasparenza? Ecco perché

La trasparenza dello Srep è nel complesso modesta, anche nei confronti delle banche vigilate. L’esito dell’esame è comunicato con una lettera, ma non esiste un formato uguale per tutti che consenta una più facile comparabilità. Le differenze tra i calcoli effettuati dalla vigilanza e i risultati ottenuti dalle banche con i propri modelli interni non vengono sempre spiegate in dettaglio, rendendo più difficile per il management capire quali aspetti pesano di più sul voto finale, quelli che, se migliorati, porterebbero a un giudizio migliore. Il legame tra il requisito di capitale aggiuntivo e le principali debolezze riscontrate non viene sempre esplicitato con chiarezza. La mancata conoscenza dei criteri quantitativi seguiti dalla vigilanza impedisce un confronto sulla loro solidità, che potrebbe tra l’altro renderli più robusti e incisivi.

A torto o a ragione, molte banche avvertono ancora il capitale aggiuntivo richiesto dallo Srep come una “tassa” opaca, legata a valutazioni inappellabili o al timore di scenari tanto negativi quanto inverosimili (i già citati stress test, cui peraltro si rimprovera l’utilizzo di metodologie semplificate e scarsamente realistiche).

In questo contesto, accrescere la trasparenza su contenuti ed esiti del check-up condotto dalla Bce potrebbe rafforzare l’efficacia della sua vigilanza, non certo metterne a repentaglio l’integrità e il rigore. Ne risulterebbero attenuate anche le polemiche di queste settimane sui “non performing loans”, con Francoforte che ha recentemente ribadito – nonostante una concomitante iniziativa legislativa della Commissione – le proprie aspettative in materia di svalutazioni dei crediti a rischio. Se ciò avverrà all’interno di un processo trasparente, nessuno potrà insinuare che la Bce voglia darsi da sola le proprie regole, anziché attenersi alle leggi del Parlamento.

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  1. gerardo coppola

    Il prof. Resti solleva una interessante questione che mi permetto di approfondire in una precisa direzione. Più informazione e piu’ regole aiutano a prevenire le crisi bancarie? Secondo me no, come dimostra la nostra storia più recente. O ci si rassegna o si cercano nuovi paradigmi e comportamenti a tutela del risparmio.

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