Con una fiscalità che favorisce la prima casa, la quota di abitazioni in affitto è straordinariamente bassa in Italia, con conseguenze sulla crescita. Ecco perché l’abolizione dell’Imu sull’abitazione principale sarebbe iniqua e dannosa per il paese
POCHE CASE IN AFFITTO
In Italia la quota di abitazioni in affitto è straordinariamente bassa: circa il 20 per cento del totale contro il 32 per cento in Inghilterra, il 40 per cento in Francia, il 55 per cento in Germania. La penuria e l’elevato costo delle abitazioni in affitto ha varie conseguenze negative. Il patrimonio immobiliare è malamente sfruttato (le abitazioni vuote sono molte e si rimane nella casa anche quando è divenuta troppo grande). La mobilità geografica delle persone è fortemente scoraggiata, con rilevanti effetti negativi sulla flessibilità e produttività del lavoro e quindi sul potenziale di crescita dell’economia. Un proprietario che voglia trasferirsi per motivi di lavoro deve sostenere un costo, tra vendere e comprare una nuova abitazione, che può eccedere facilmente il 10 per cento, ovvero il costo medio di tre anni di affitto: difficile pensare che il maggior reddito del nuovo lavoro possa compensarlo. Se, cambiando città, si affitta la propria abitazione e si prende in affitto un’altra casa nella nuova sede, sull’affitto incassato si paga imposta, ma non si può dedurre il canone pagato, come avviene invece in altri paesi, ad esempio in Germania. La scarsità di offerta per affitto a canoni contenuti, poi, penalizza soprattutto i giovani e i meno abbienti, mentre il prezzo di acquisto della casa in relazione al salario medio è aumentato nell’ultimo decennio del 45 per cento, secondo un’indagine della Banca d’Italia.
LE TASSE SUGLI IMMOBILI
La situazione dipende da vari motivi, tra i quali un peso preminente ha la fiscalità che favorisce in ogni modo la prima casa e penalizza l’affitto. Vi è un netto conflitto tra quello che la teoria economica indica si dovrebbe fare e quello che fa la politica alla ricerca di voti.
Mentre l’edilizia pubblica è paralizzata per mancanza di fondi, l’investimento privato in abitazioni da affittare è penalizzato, oltre che dai vincoli sulla durata dei contratti e dalla difficoltà di liberare l’abitazione al bisogno, dall’imposta di registro sull’acquisto (10 per cento contro 3 per cento per la prima casa), dall’Imu (con aliquota assai più alta che sulla prima casa), dalla tassazione sul reddito (con cedolare secca o Irpef, mentre il reddito figurativo sulla prima casa è esente) e dal 2 per cento per la registrazione annuale del contratto. Si noti poi che l’abbattimento del reddito (ridotto da questo governo dal 15 al 5 per cento) è del tutto insufficiente per coprire i costi condominiali e straordinari a carico della proprietà e pertanto l’incidenza effettiva dell’imposta sul reddito netto è assai più elevata di quella nominale.
Non stupisce quindi che le case in affitto siano relativamente poche e costose: con queste politiche si intendeva colpire la rendita fondiaria, ma in realtà gli oneri finiscono poi per gravare sui più deboli che non hanno alternativa all’affitto: politiche dettate dalla ricerca di consenso elettorale finiscono spesso per avere risultati opposti a quelli proclamati.
DOV’È L’EQUITÀ?
In passato il reddito catastale della prima casa era assoggettato all’Irpef, come in molti altri paesi. Nel 2000 ne fu decretata l’esclusione dal reddito imponibile (dal ministro Visco, anche allora per motivi elettorali) ma fu una scelta fiscale sbagliata sul piano dell’equità, della neutralità dell’imposta e degli effetti sull’economia.
L’equità è violata perché si concede uno sgravio fiscale molto maggiore a chi possiede abitazioni di elevato valore rispetto a chi possiede abitazioni modeste: la norma è palesemente regressiva. L’equità è violata anche nel confronto tra chi possiede un’abitazione e chi vive in affitto. A parità di reddito corrente entrambi pagano la stessa imposta, ma il primo gode di un reddito (standard di vita) più elevato non dovendo pagare l’affitto e quindi viene tassato a un’aliquota effettiva minore del secondo. Le disparità che ne derivano possono essere assai ampie. Un rapporto Istat sulla distribuzione dei redditi in Italia indica che i cosiddetti “fitti imputati” rappresentano oltre il 20 per cento del reddito medio delle famiglie italiane.
Si viola anche la neutralità tra investimenti finanziari e investimento nella prima casa. I primi sono tassati sia sul reddito che sulle plusvalenze, mentre il secondo è esente, sia per il reddito (figurativo) sia per le plusvalenze, e si consente, entro limiti, la deducibilità degli interessi passivi pagati sull’eventuale mutuo.
Le imposte reali sugli immobili, come la nostra Imu, sono la principale fonte fiscale per i comuni in tutti i paesi evoluti. Queste imposte sono eque perché nel valore degli immobili si capitalizza il contributo dei servizi pubblici locali, sono facili da riscuotere e sono efficienti in quanto non suscettibili di alterare significativamente le scelte degli individui. La nostra Imu però grava oggi soprattutto sui fabbricati strumentali, per i quali l’imposta è in molti casi più che triplicata rispetto all’Ici, penalizzando quindi in qualche misura anche la competitività delle imprese. Esentare dall’Imu la prima casa, che già gode di una franchigia e paga un’aliquota assai inferiore agìlle abitazioni in affitto, non avrebbe alcuna giustificazione economica e peggiorerebbe ancor più la regressività dell’imposizione sulle abitazioni.
Nel complesso la fiscalità che grava oggi sulla prima casa è bassa e regressiva. La teoria fiscale sull’efficienza, equità e neutralità delle imposte suggerirebbe tutt’altra politica: tornare a tassare il reddito figurativo della prima casa ed assoggettarla all’Imu al pari delle abitazioni in affitto. Per determinare il reddito figurativo occorrerebbe anche aggiornare i valori catastali notoriamente disallineati da quelli di mercato, e mediamente assai inferiori, o ricorrere a stime di valore basate sulle rilevazioni dell’Agenzia del Territorio.
Si potrebbe poi utilizzare il maggior gettito per ridurre le imposte e i contributi sociali che gravano sul lavoro stimolando così la crescita e l’occupazione, e magari anche, in parte, per ridurre le imposte sugli altri costi connessi alla casa, come quelle che gravano sulle bollette della luce e del gas, imposte anch’esse fortemente regressive e molto più elevate in Italia che negli altri paesi europei.
Proporre, in campagna elettorale, l’abolizione dell’Imu sulla prima casa può far guadagnare voti, visto che la gran maggioranza degli italiani è proprietaria della sua abitazione, ma è iniquo e dannoso per il paese. C’è invece chi si vanta di dire la verità agli italiani: perché allora non trovare il coraggio di spiegare i validi motivi per opporsi a questa misura e andare nella direzione opposta, senza limitarsi solo a invocare i vincoli di bilancio?
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Ivan
L’articolo, esemplare per sintesi e completezza, presenta una panoramica perfetta della situazione riguardo le tasse sulla casa. Peccato che la demagogia imperante non terrà in alcun conto le puntuali osservazioni.
antonio locci
Onestamente il ragionamento non mi convince. Credo che le tasse sul possesso di qualcosa siano inique sempre e comunque perchè va da sè che se una persona possiede una qualunque cosa, questi l’abbia già pagata.
Fulvio Krizman
Trieste 25 gennaio 2013.
Credo che bisogna stare con i piedi ben saldi a terra.La legislazione attuale che regola i contratti di affitto agevola per alcune versi ancora il conduttore e non il proprietario.Questo spinge ad una offerta in nero che non fa emergere gli evasori.Inoltre spinge il mercato ad avere delle offerte molto alte rispetto alla realtà reddituale della maggioranza delle famiglie.Questo negli anni,quando le banche ancora concedevano mutui,ha reso più conveniente acquistare che prendere in affitto un appartamento,vista anche la bassa mobilità sociale dell’Italia.ora con l’introduzione dell’attuale IMU,non solo i proprietari di prima casa sono vessati da una vera è propria parimoniale,senza la possibiltà di detrarre la parte capitale gravata da mutuo come succede in altri paesi,ma rende anche poco redditizio porre in locazione un appartamento,in quanto l’IMU è molto elevata,e quello che rimane pagate le tasse,non vale il rischio che si corre nella salvaguardia del bene,in quanto come precedentemente detto chi affitta onestamente e meno tutelato dalle leggi vigenti rispetto ad un conduttore che o non paga il canone di locazione o danneggia l’appartamento.
Quindi paghiamo alla fine tutti,e se la soluzione è quella dell’estensore dell’articolo temo che siamo lontani dalla ricerca di una soluzione equa.
Fulvio Krizman
AM
Condivido molte delle argomentazioni dell’Autore, ma non mi convince la tesi sulla tassazione dei redditi figurativi. Per me l’IRPEF sulle case sfitte era una patrimoniale mascherata. Del resto, accettando questa tesi, anche l’opera del medico che visita e cura i familiari o quella del padre che insegna il tennis al figlio dovrebbero essere tassate. Effettivamente la sostituzione dell’IRPEF con l’IMU per le case non locate ha creato un danno imprevisto a chi ha sostenuto spese di ristrutturazione e non può più detrarre il 36%. E’ un po’ una truffa da parte dello Stato. Infine la scarsa offerta di case in locazione deriva anche dalla scarsa tutela del proprietario di fronte a locatari morosi, non disposti a lasciare libero l’alloggio e talora colpevoli di atti vandalici. Si aggiunge poi il fisco che non consente detrazioni adeguate e assurdamente obbliga il pagamento dell’imposta anche nel caso di mancato pagamento del canone.
Erminia D'Annunzio
Incoraggiare l’affitto significa anche incoraggiare un modo nuovo di considerare le persone appena maggiorenni e anche dopo: si tratta di persone che possono vivere per conto proprio ,da sole, in una casa per loro, non di persone che necessariamente devono abitare con altre persone,e possibilmente dello stesso sesso, perché altrimenti hanno troppa libertà di stare con chi hanno una relazione o con chi vogliono vivere una relazione a qualunque ora del giorno,sotto lo stesso tetto ,senza altre persone che “controllino” se hanno troppa intimità. Quindi bisogna dare un altro significato al vivere sotto lo stesso tetto soprattutto di persone di sesso opposto ,e per chi ragiona in un modo contemporaneo,se hanno una relazione (quindi non in automatico perché si tratta di ragazze e ragazzi): vivere sotto lo stesso tetto può significare solo condividere gli stessi spazi,non è un’autorizzazione a dettare legge, cioè ad imporre comportamenti e significati alla condivisione degli spazi stessi; se implica anche una o più relazioni,non significa che siano definitive: la casa non deve avere più questo significato, soprattutto se si tratta di esperienze di persone giovani che non hanno deciso per la vita, indipendentemente da quello che ne pensa il loro contesto o la società in cui vivono. Così come non significa scandalo né malaffare, come certi signori d’antan di certi condomini ancora pensano, che delle ragazze vivano da sole o insieme e che vadano e vengano da casa.
Luigi Calabrone
Finalmente, su questo sito, si parla apertamente della follia immobiliar/residenziale in vigore in Italia dagli anni ’70. Gli italiani sono divenuti immobiliaristi/proprietari di case (di cui un’elevata percentuale, oggi, vuote):
– Per secolare e pessima esperienza della lira, falsificata sistematicamente dallo stato, stampatore di moneta. Chi aveva risparmi modesti e non era così ricco da poterli esportare in Svizzera, li investiva in una casa, prevalentemente per abitarvi, ma anche come bene rifugio. L’alternativa era quella di prestarli, alle banche, o allo stato, ricevendo al termine del prestito il capitale depauperato dall’inflazione.
– La politica demagogica considera delinquenti sociali coloro che, invece di prestare i propri risparmi alle banche o allo stato e percepirne gli interessi, li investono in immobili da dare in affitto. Ancor oggi, chi affitta un immobile di sua proprietà, rinuncia a disporne per almeno otto anni, se non più. Inoltre, il cattivo, ma non casuale, funzionamento della giustizia, non consente di rientrare in possesso dell’immobile sia in caso di morosità dell’inquilino, sia di termine del contratto. Razionalmente, non si capisce perché sia considerato socialmente positivo il prestito di denaro – remunerato con la percezione di interessi, e ben tutelato dall’ordinamento giuridico, e socialmente negativo il prestito di immobili – remunerato con la percezione dell’affitto, e senza garanzia di restituzione tempestiva del capitale risparmiato.
bruno gorini
Sono perfettamente d’accordo con il Sig. Giorgio Ragazzi, e me ne complimento, per la sua chiara visione sulla politica della casa, comprese le osservazioni del lettore AM. Proporrei di inviare copia di quanto sopra, a tutti i nuovi politici in carriera, e tra tanti si spera ci sia qualcuno di buon senso che faccia sue queste chiare proposte!
salvatore
Tutte chiacchere.
Fino a quando il Parlamento e il Governo è infestato da delinquenti e parassiti non vedo come si possano fare Leggi eque. A chi governa interessa il privilegio e basta, altrimenti non si affiancherebbe a condannati per falso in bilancio, e altro.
Poi bisognerebbe capire a cosa serve pafgare una tassa sulla casa che do in affitto se, in caso di necessità (il condittore non paga più l’affitto) lo Stato non interviene per liberarmi l’abitazione. Certo c’è lo sfratto di morosità: ma perchè dovrei pagare avvocato e altro per avere giustizia? Perchè pago la tassa? Cosa mi viene dato in cambio?
Grazie per la risposta: non chiacchere però.
sbonaudo
Considero (da sempre) assurdo tassare di piu’ la “seconda casa” e non ne trovo proprio alcuna giustificazione … come se per la “seconda auto” si dovessero pagare Bollo e Assicurazione maggiorate … inoltre per le case affittate tutte le spese sostenute per “vari” lavori non possono essere in alcun modo detratte/dedotte, solo chi puo’ permettersi una societa’ che le “gestisca” puo’ applicare la logica del profitto/guadagno = ricavi-spese… ma bisogna averne in questo caso di immobili perché ne valga la pena …
All’ estero … (tanto per cambiare… perlomeno in Germania, UK e USA … ) non è proprio così!
Stefano
Guido
Le tasse, in quanto toccano le tasche del privato cittadino, non piacciono a nessuno e, per converso, tutti i servizi pubblici si vorrebbero gratuiti: un chiaro, comprensibile conflitto d’interesse, evidentemente non da tutti pienamente percepito. Al di là delle possibili storture e anomalie nei processi di tassazione da un lato e delle possibili inefficenze e inadeguatezze nella fornitura di servizi pubblici dall’altro, è ovvio che botte piena e moglie ubriaca nello stesso tempo non si possono avere. Quindi ben venga un’IMU progressiva sulla prima casa (non ci muore nessun proprietario) e un’IMU ragionevole sulle seconde case (che salvaguardi, detratte tutte le spese, un ragionevole margine di reddito al proprietario): chi ne propone l’abolizione in periodo preelettorale fa solo demagogia. Parlando di progressività, non dico al 75% come propone Holland ma al 50% si potrebbe tranquillamente arrivare con l’imposizione sui redditi. Se poi si recupera qualcosa tra evasione/elusione fiscale e redditi malavitosi (magari mettiamoci idealmente anche la tassa sulla prostituzione), tanto meglio: tutti (e soprattutto chi già paga tutto) potremmo pagare qualcosa di meno, a fronte di servizi invariati o possibilmente migliorati. Mi meraviglia questa scarsa, e direi miope, disponibilità di tanti concittadini a farsi carico di oneri che peraltro prima o poi possono tradursi in un potenziale beneficio futuro anche per loro stessi, nel senso che pagando un po’ tutti ora il costo del…
Paolo Palazzi
Alcune delle osservazioni dell’autore sono senza dubbio condivisibili, specialmente quelle relative danno che ricevono i giovani di fronte a un sostanziale blocco della loro mobilità, fuori dalle famiglie o di spostamento geografico. Il dubbio è quello di vedere nella tassazione, cioè nel costo ad avere una casa di proprietà, l’arma principale. IMU è iniqua in quanto non è progressiva, una soglia di esenzione sarebbe comunque necessaria. Per quanto riguarda l’investimento privato in abitazioni da affittare, credo che lo scoglio sia quello del prezzo delle abitazioni che di fatto portano a affitti elevatissimi. Bisognerebbe indagare il perché, mentre i costi di produzione delle abitazioni nuove sono aumentati di poco, i prezzi di vendita siano elevatissimi e drogando anche il mercato delle abitazioni già esistenti, il che di fatto provoca una rincorsa al rialzo. Un controllo dei prezzi delle nuove case sarebbe forse un intervento migliore rispetto a interventi sulla tassazione della prima casa.
luca
Inutile secondo me giraci intorno, le imposte sul patrimonio qualunque esse siano violano il principio della logica, del buon senso e finanche fanno sorgere dubbi di legittimità costituzionale. Come si fa a considerare indice di capacità contributiva un asset immobiliare che non produce alcuna nuova ricchezza? Semplicemente non si può a meno di forzature illogiche. C’è chi considera il patrimonio immobiliare come l’insieme dei redditi accumulati su cui è già stata scontata l’ Irpef o Ires. Ebbene, non mi interessa se esse danno ossigeno ai comuni nè se sono utilizzate in ottica comparativa sono per definizione un’imposizione iniqua. Quanto poi ai redditi figurativi sfioriamo il paradosso e l’usurpazione. Un reddito fittizio dato solo dal possesso di un immobile non sfruttato su cui sono state pagate imposte di registro Roba da far accapponare la pelle solo a pensarci.
Detto questo, tornando alla realtà, il ragionamento de iure condito dell’autore non fa una piega.
Paolo Palazzi
Per Luca. Una imposta patrimoniale non solo è equa ma utile alla crescita economica. Specialmente tassare patrimoni inattivi, serve a spostare risorse inutilizzate a una utilizzazione produttiva.
Quindi equa e anche utile alla crescita. Non è un caso che alla base dello sviluppo capitalistico siano state le imposte e l’esproprio dei patrimoni (in genere le terre) inutilizzati.
Quindi possiamo dire che l’imposta patrimoniale è indispensabile.
luca
Signor Palazzi lei mi dirotta la questione su altro piano d’indagine traslandola in sede di politica economica, ma allora non parliamo più di diritto tributario. Restando ancorati ai principi de iure condito non possono sorgere dubbi in ordine alla intrinseca illogicità del imposizione del patrimonio non produttivo. Se il principio è tassare la “ricchezza nuova” l’imposizione del patrimonio inattivo equivale a tassare il risparmio in quanto tale ossia come presenza di accumulo di reddito nel tempo su cui ho scontato già l’IRPEF o IRES e non come produttivo di nuovo reddito imponibile (es: gli interessi su un deposito). Teorizzare l’esistenza di un reddito figurativo a prescindere dalla reale constatazione pragmatica equivale a una espropriazione larvata. Tuttavia anche in tema di politica economica non mi trovo concorde. l’imposizione sul patrimonio secondo la sua visione (se ho capito bene) dovrebbe fungere da stimolo per l’impiego produttivo degli asset immobiliari. Questo non è capitalismo o ma interventismo dirigistico allo stato puro. Se il proprietario di un immobile, nell’esercizio della sua sacrosanta e intangibile libertà, decide di non affittare o vendere il suo bene ciò significa che egli ritiene che non vi siano i segnali di mercato che propendono in tal senso. affermare che lo stato quale entità avulsa dall’economia possa dirottare il capitale o le risorse in modo più efficiente del privato è assurdo e ontologicamente nonché storicamente errato.
Giuseppe Passoni
E in caso di diminuzione del valore dell’immobile ? IMU<0
silvio
mi permetto di sottolineare che il principio di capacità contributiva ha una definizione così elastica da poter legittimare, ad esempio, l’Irap e i tributi ambientali. Mi sfugge quindi quale possa essere il dubbio di costituzionalità per un tributo che colpisca un patrimonio immobiliare.
Grazie
Silvio
luca
Ammetto che le diatribe ermeneutiche e dottrinali sulla nozione di capacità contributiva sia stata piuttosto accesa ma questo non inficia i risultati raggiunti che constano di parametri univoci e cristallizzati dall’opera nomofilattica della giurisprudenza della Cassazione e della Corte Costituzionale; entrambe riconoscono il concetto di “nuova ricchezza” quale entità tassabile, si tratta di un flusso dinamico e non di una grandezza statica come il patrimonio. Che poi i burocrati e gli statalisti abusino del concetto per creare imposte assurde e inique come l’ IRAP ( aberranti sono le modalità di calcolo della base imponibile ma non mi dilungo) questo è altro discorso. L’ IRAP ad esempio è stata portata più volte davanti alla consulta che ha sistematicamente rigettati le questioni di costituzionalità non per ragioni giuridiche ma perchè pressata dall’establishment a emettere una sentenza politica dato che l’IRAP, essendo un imposta regionale, contribuisce, col suo gettito, a finanziare buona parte del sistema sanitario regionale….
Mario Del Chicca
Sono in disaccordo con il prof. Ragazzi (l’allievo non ha di certo molto imparato dal prof. Forte!). A proposito di equità tra chi possiede una casa e chi invece vive in affitto non si è posta la domanda il prof. Ragazzi che forse chi ha la casa si è sacrificato una vita mentre l’altro andava al bar a giocare a carte? Si vuole premiare la cicala e punire la formica. Bene. Ottima anche l’idea di tassare un reddito figurativo! Ma il massimo si raggiunge quando si dice che “la nostra Imu però grava soprattutto sui fabbricati strumentali”. Sì anche la Marcegaglia aveva suggerito di applicare una patrimoniale sugli immobili di proprietà però soltanto delle persone fisiche.
Artù
Quindi tassare i ricchi (che sono ricchi perché hanno risparmiato) è sbagliato?
Il reddito figurativo sostanzia l’utilità che un soggetto ritrae dal possesso di una cosa (e normalmente lo sottostima). Giusto prenderlo a riferimento.
Tassare i fattori produttivi (come i fabbricati strumentali) significa inibire la produzione di ricchezza.
MARCELLO
secondo me la problematica è ampia..e parte sì dalla fiscalità ma arriva ad un punto fondamentale: oggi affittare una casa è da pazzi! perchè? perchè pur essendo tutto in regola, se ti capita un inquilino moroso, e per di più scalmanato, è davvero un bel problema, perchè è praticamente impossibile riavere l’immobile in tempi decenti… e ci accade a fronte in una gravosa spesa legale! è giusto questo? qual è la parte debole e quella forte nel caso in cui non si rispetta un contratto liberamente firmato? nessuno parla di mandare via di casa gente perchè non paga un mese o lo paga in ritardo, ma nemmeno si può pensare che un servizio sociale, come quello dell’abitazione ai più deboli, possa essere fornito da un privato.. specie il piccolo proprietario che, con sacrifici immensi, ha comperato una seconda casa, magari per il figlio.. Giustamente poi ci si lamenta degli affitti alti, ma se uno sapesse le spese, e i possibili problemi a cui si va incontro nel caso di inquilino scorretto.. bè, meglio non comperare seconde case e, soprattutto, non darle in affitto: il gioco non vale la candela!
J. Dorian
Quindi in un mondo perfetto nessuno è proprietario di niente e tutti sono creditori di qualcosa ? Secondo me la proprietà implica un rapporto con la cosa e con il territorio che il semplice affitto non determina. Cura, senso di appartenenza, passione, sicurezza e molto altro ancora. L’italiano medio provava a comprare la casa perché sa che, alla peggio, un tetto sulla testa ce l’avrà e anche se perdesse il lavoro, sotto un ponte non finirà mai. Era previdente e parsimonioso. Per sé e per le generazioni successive (chi può, compra la casa anche ai figli). Io non ci trovo nulla di male e non credo sia inefficiente non vivere a credito e darsi obiettivi.
Claudio
Credo che si consideri la questione da “governo tecnico” ovvero che teoricamente il regionamento è corretto; la realtà è poi diversa, ad esempio la vedova anziana con piccola pensione di reversibilità magari con la casa famigliare abbastanza grande, cosa dovrebbe fare? svendere la casa con i ricordi di una vita per pagare l’imu? per questa categoria di persone di quale mobilità geografica si gioverebbe l’Italia? quando nella versione originaria della legge di stabilità si era pensato di ridurre l’irpef aumentando l’iva per effettuare la svalutazione non valutaria, la nostra vedova che non ha irpef da ridurre cosa avrebbe dovuto fare? sempre pensare di vendere la casa?.
Giuseppe Passoni
Sostenere “che le case in affitto siano relativamente poche e costose” rdovrebbe essere supportato da dati relativi alla localizzazione degli immobili sfitti che, come seconde case, spesso si trovano in luoghi scarsamente appetibili per gli affittuari.
Paolo
l’IMU anche sulla prima casa ha una oggettiva giustificazione nel fatto che essa serve a pagare i servizi che la città eroga ai proprietari (e che contribuiscono alla rivalutazione dell’immobile). Servizi che sono stati fin qui in buona parte pagati con i proventi delle nuove urbanizzazioni, i cui introiti saranno sempre più scarsi in futuro. Il problema è quale sia la misura giusta. Ci si potrebbe forse basare su studi che stimino i costi di gestione e, quindi, l’importo di cui ogni Comune deve poter disporre.
luca
l’intervento dell’autore è condivisibile solo per quanto concerne la seconda casa, mentre per quanto concerne l’imu qualche osservazione in merito è d’obbligo.
per quanto concerna la prima casa, è evidente che è frutto di una impostazione ideologica a favore della tassazione in quanto non tiene assolutamente in conto che oltre alla famigerata IMU vi sono l’irpef ed altre 10.000 forme di tassazione sparse ovunque! per cui almeno risparmiateci l’IMU! per cui non serve a nulla giustificarla dicendo che vi è anche in altri paesi europei, in quanto allora vorrei avere la stessa imposizione fiscale complessiva di detti paesi!
detto questo questa ignobile tassazione corrisponde a circa il 2.5% della spesa pubblica, per cui basterebbe ridurla di tale modestissima percentuale per non doverla imporre. Ma l’autore è evidentemente fautore della spesa pubblica a tutti i costi.
volendo soffermarci sulla IMU si potrebbe dire che:
l’acquisto della prima casa è stato fatto con il denaro scampato alla tassazione
è già stata pagata una imposta per acquistarla e un’altra ne verrebbe pagata un’altra per il successivo passaggio di proprietà
la manutenzione della casa è un costo (e non da poco) non viene tenuto in alcun conto. avete mai riparato il tetto dei vostri BTP? oppure sostituito la centrale termica ai BTP?
non vi è nessuna equità tra chi vive in affitto e chi possiede la casa, ma perchè vi dovrebbe essere equità ? il primo ha potuto e voluto acquistarla ed il…
amegighi
Purtroppo anche Lei cade nel solito dialleghe che impedisce qualsiasi forma di dialogo/contraddittorio costruttivo qui in Italia, entrando nel discorso specifico dell’IMU.
I punti sollevati dall’autore dell’articolo sono chiari, semplici e corredati da fatti: poco affitto, poca mobilità, poca equità generazionale. Non è un caso se i giovani sono in difficoltà, trovano poco lavoro e non sono adeguatamente pagati. Certamente la casa non è la sola causa, ma sicuramente la concausa.
Inquadrato il problema, si cerca di trovare la soluzione (del problema, NON dell’IMU). Forse converrebbe che noi ci armassimo di umiltà e andassimo a vedere e copiare cosa fanno gli altri, qui in Europa. A tale proposito, ho trovato utilissime le pagine web del Ministero delle finanze tedesco e Danese per spiegare il sistema di tassazione a coloro che vengono a lavorare in quei paesi. Sistema semplice, equilibrato verso la tassazione della proprietà (property tax), suddiviso chiaramente tra tasse statali e locali.
Io suggerirei, prima di tutto, di partire proprio da questo: semplificazione della tassazione, poche tasse (in numero) e chiare (ricordo che l’IMU è stata introdotta, ahimè come imposta municipale unica….). Fatto questo, si può iniziare a discutere e decidere sulle esenzioni, parziali o totali. Ma, purtroppo, sembra che questo non venga capito dai nostri politici, proni più alla demagogia, che ad un sano pragmatismo.
enzo bilanceri
Se rinasco prometto che non mi compro casa
ho rinunciato e fatto rinunciare ai miei familiari diverse cose per risparmiare e comprare casa.
Tassata all acquisto, tassata dal comune,in quanto fonte di reddito esclude dai benefici, prima graduatorie per l’asilo, ora tiket sui servizi sanitari ecc.
In cambio il comune scambia gli oneri di urbanizazione con la cessione di quote di terreno che, trasformate in parco pubblico,andranno comunque a valorizzare le nuove costruzioni adiacenti
Giuro: i soldi per la casa , sempre ormai se rinasco (ho 71 anni), me li mangio in pasticcini e schampagne e vado nelle case popolari o di servizio
franco miscia
Sono d’accordo quasi completamente con l’autore. Aggiungerei soltanto che bisognerebbe mettersi d’accordo, una buona volta, sulla massima pressione fiscale cui si può essere sottoposti (intendo TUTTE le tasse che ci gravano addosso, dall’IRPEF all’IMU, alla TARSU, alle varie addizionali IRPEF, all’IRAP ecc.). Faccio un’esempio. Mia moglie con un reddito, di solo affitto, di 23.000 €, si è trovata a pagare (tra IRPEF, IMU e rinnovi di contratti) il 52% di tasse (percentuale completamente disallineata rispetto alle aliquote applicate a quel reddito per il calcolo dell’IRPEF, cioè di quella tassa che pagherebbe chi avesse un reddito da lavoro paragonabile).
Luigi
Complimenti all’autore per la puntuale analisi economica. Manca, tuttavia, a mio avviso uno sguardo ai principi costituzionali che regolano il sistema tributario italiano. La parola “reddito figurativo” non credo possa convergere con il concetto di equità fiscale né tantomeno con il principio della capacità contributiva dell’art 53 della costituzione. Il reddito non può che essere quello effettivo e realmente prodotto e in questo senso la prima casa non può essere considerato un investimento da tassare tout court al pari di un investimento finanziario(che EFFETTIVAMENTE produce interessi e rendite) È un bene destinato all’uso personale e alla vita familiare dei cittadini (la tutela della famiglia che fine ha fatto?) tutelato anche dall’art. 47 della costituzione. Altrimenti quale sarebbe se non questa la ratio di tutte le agevolazioni fiscali previste appunto sulla “prima casa”? Vogliamo rendere il sistema più equo? Allora tassiamo progressivamente chi ha la seconda la terza la quarta e la quinta casa sesta e così via o tassare maggiormente chi ha una casa a disposizione e non l’affitta a canone agevolato.
Inoltre, di norma, il concetto di reddito presunto attiene all’attività di controllo fiscale e soltanto eccezionalmente a quella impositiva in senso proprio (ad es. la tonnage tax). Riguardo alla carenza degli affitti vorrei riflettere, inoltre, su un altro aspetto: come mai per liberare un immobile in caso di morosità ci vogliono svariati mesi per ottenere una…
mauro
Vorrei porre la questione del reddito della prima casa sia sotto il punto di vista del bene primario della famiglia sia dal punto di vista del risparmio.
Sul primo punto la Prima casa rappresenta per me il frutto dei risparmi di una vita (anche pagando un mutuo si risparmia, tenuto anche conto degli interessi) per dare una sicurezza alla famiglia. Dunque se devo spostarmi per necessità varie di famiglia di lavoro etc…devo prima vendere e poi acquistare con i costi di transazione di cui si parla nell’articolo; la prima cosa da fare è capire quanto si può realizzare con la vendita alle condizioni di mercato e cosa si può acquistare con il ricavato. Se vado ad aumentare, dovrò pagare ulteriori somme (altro risparmio), se diminuisco, tesasurizzo la differenza (sempre risparmi miei sono). Escluse le attività illecite chi campa del proprio lavoro, i risparmi li fa sul reddito disponibile cioè al netto delle tasse, Quindi tassare un bene come la prima casa comprata con i risparmi è evidentemente una doppia tassazione sul rddito e ancor di più pagare una tassa come l’IMU. dunque non vedo la regressività ma, anzi, c’è una penalizzazione rispetto a chi paga un affitto perchè pur nella precarietà, non paga doppie tasse ne l’IMU. Altro discorso è la seconda casa, in quanto si tratta spesso della eredità della nonna nel paese oppure la casa acquistata per i figli. Nel primo caso si tratta di un bene già di famiglia e già primario per il decujus e vale quanto detto sopra, nel…
Attilio Miletto
Interamente d’accordo sull’autore.
Non trascurerei:
– l’evidente sfavore tra i fitti di quelli non ad uso abitativo, non soggetti a cedolare;
– l’a circostanza che per gli immobili la tassazione è sia sul patrimonio, sia sul reddito;
– se con l’Imu si devono coprire le spese dei comuni, perchè non far partecipare alla
spesa anche gli inquilini, che pure beneficiano dei servizi comunali?
Giorgio Conti
Innanzitutto un plauso al Prof. Giorgio Ragazzi, l’unico in Italia che ha voluto e saputo scrivere verità, anche storiche, sul mondo delle concessionarie autostradali.
Professore visto che di questi tempi si pensa solo a criticare e non si propone, se non poco, nulla, lancio la seguente sfida ai politici nostrani: imporre una tassazione patrimoniale e progressiva sulle case intestate a società che risultino sfitte, piccoli proprietari esentati fino al numero di case che coincide con quello dei figli.
Poi vediamo se si abbassano i canoni di locazione.
Il ibero mercato non esiste e se c’è abbiamo visto che non funziona!
L’Italia purtroppo e non sto dicendo qualcosa di populista, non è fondata solo sul lavoro nero ma anche sulla speculazione del mattone.
pierpier
Sono d’accordissimo sulla possibilità di detrarre i canoni da affitto per stimolare maggiormente il mercato dell’affitto che in Italia è “sfittico”, qualcosa è stato fatto di positivo come la cedolare secca. D’altra parte si è anche costruito un mare di seconde case rovindando interi litorali o montagne di cui non se ne sentiva il bisogno. Bisognerebbe puntare molto sul recupero del partimonio edilizio esistente e riqualificazione di alcuni territori devastati da pessima edilizia popolare degli anni 70, è altresì necessario rifasare il catasto per perequare le rendite catastali ai veri valori immobiliari ci sono rendite ridicole per case di pregio, insomma ci sono molte cose da fare ma evitiamo ulteriori colate di cemento e consumi di territorio.
AM
Quando si parla di patrimoniale la fantasia corre anche su basi fragili. In primis una patrimoniale, contrariamente all’IMU, colpisce solo i patrimoni (inclusi beni all’estero) dei residenti in Italia (persone fisiche o giuridiche) e quindi non le società estere (anche se con azionisti italiani) e non può ignorare la presenza di eventuali debiti. I patrimoni non sono composti solo da immobili e sono la somma algebrica di attività e passività (ad. es i mutui), Non ha senso poi parlare di progressività nella tassazione di società (l’elusione sarebbe facile con il frazionamento). Vi sono poi vari tipi di società dalla soc. semplice a quella per azioni e a quella estera. Cosa si intende infine per “case sfitte”? Quelle non abitate in cerca di inquilini o anche le case di vacanza e quelle date in comodato?
enzo pisano
la fiscalità sulla casa dovrebbe essere rivista non in base alle promesse elettorali ma con equilibrio in relazione alle esigenze economiche del paese. quindi favorire la maggiore mobilità possibile sia in relazione al lavoro che alle mutate esigenze della vita (una casa per famiglia numerosa diventa troppo grande quando i figli se ne vanno). per quanto riguarda l’IMU sulla prima casa un aggiustamento è indispensabile. bisogna tassare in modo diverso due (prime) case che hanno la stessa rendita catastale a seconda del reddito familiare di coloro che la abitano: in una potrebbe esserci una coppia di pensionati con il minimo di pensione ed in un’altra una coppia che non ha grandi problemi economici. a questo dovrebbe servire la politica.
john
Dipende da come si la pensa: Berlusconi e molti credono che non sia giusto che la prima casa venga tassata perchè rappresenta il pilastro su cui ogni famiglia ha diritto ha costruire il proprio futuro. Si tassino meno gli affitti ma si tolga anche questa IMU. I vostri articoli sono sempre di parte contro Berlusconi e le sue proposte non perchè siano sbagliate ma perchè voi avete un punto di vista diverso rispettabile ma che non è il vangelo anzi. Sono convinto che delle critiche più imparziali aumenterebbero anche la vostra credibilità.
Ulisse
Se un’abitazione nella periferia di un paese di provincia della superficie di 90 mq ha un prezzo (compreso intermediario, notaio ecc..) di circa 200.000 € + IVA, la renumerazione del capitale, con un saggio del 5% lordo, implica una locazione annua di 10.400 € (canone mensile di 866 €) che con spese di registrazione e spese condominiali superano, in teoria, oltre 900 € mensili. Nessuno paga questi importi e il rischio dell’insolvenza con lunghe attese burocratiche per lo sfratto, l’imposizione fiscale richiesta a prescindere dalla solvibilità o meno dell’inquilino ridimensionano le aspettative dell’offerta. Circa 40 anni fa il prezzo per l’acquisto per un tale immobile implicava circa 4 annualità di retribuzione per un impiegato medio; oggi oltre 14!
Ho fatto un paragone con il mercato tedesco :
1. la retribuzione netta media del lavoratore tedesco è di circa 300 € mensili maggiore di quella italiana
2. il prezzo delle unità abitative, stessa abitazione dell’esempio è di circa 50/60.000 € inferiore
3. la locazione per tale appartamento è di circa 300/350 € al mese
4. la procedura di sfratto è rapida e le imposte si versano su quanto incassato realmente e non come in Italia a prescindere o meno dalla morosità.
5. il proprietario può detrarre, come un’impresa, i costi corrisposti per offrire il bene (es. il costo per l’acquisto della cucina con elettrodomestici) dal canone annuale.
6. la pressione fiscale tedesca inferiore.
giuseppe cusin
L’offerta di abitazioni in locazione potrebbe essere aumentata facendo pagare l’imposta sul reddito delle abitazioni (seconde case) in base al reddito presunto, ossia in base all’affitto che è possibile chiedere nel mercato. Naturalmente devono essere adeguati i valori catastali ai valori di mercato delle abitazioni, per calcolare l’affitto presunto come percentuale del valore di mercato delle case, e deve essere cancellata l’attuale cedolare secca sugli affitti. Il costo derivante dal mantenere sfitte le abitazioni farebbe aumentare non solo l’offerta di abitazioni in locazione, ma anche l’offerta di abitazioni in vendita. La misura fiscale qui proposta servirebbe anche per contrastare l’evasione fiscale sugli affitti.