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Quanto si risparmia col Tap

Matteo Salvini dice che il Tap potrà “ridurre del 10 per cento il costo dell’energia per tutti gli italiani”. In realtà, il gasdotto permetterà una riduzione del prezzo praticato sull’hub italiano del gas naturale. Con risparmi molto meno eclatanti.

Costi, prezzi e risparmi di gas

“Dai nostri dati, sembra che i benefici superino i costi nel caso delle pedemontane, del terzo valico e del Tap, che ridurrebbe del 10 per cento il costo dell’energia per tutti gli italiani”: è una frase che Matteo Salvini va ripetendo da qualche tempo. È legittimo chiedersi quali siano i fondamenti della valutazione del ministro e se si possano reperire informazioni più precise. Va subito segnalato che non ci sono dati o valutazioni disponibili sul tema né nel sito del progetto Tap-Trans Adriatic Pipeline né in quello dell’Autorità preposta.

Per cercare di capirne di più, cominciamo con il fare un po’ di chiarezza. Il ministro parla del 10 per cento del “costo dell’energia” per tutti gli italiani. La frase non è chiara, ma probabilmente va interpretata come l’auspicio di una possibile riduzione del 10 per cento del costo del gas naturale. La differenza è notevole. Secondo la relazione sulla situazione energetica nazionale 2017, il consumo interno lordo del paese è pari a 170,2 Mtep (milioni di tonnellate di petrolio) di cui solo 61,5 Mtep attribuibili al gas naturale.

A questo punto si rende necessario chiarire un ulteriore punto. Nel dibattito in corso quando si parla di “costo” (dell’energia nel suo complesso oppure del gas naturale) si intende spesso “prezzo” e dunque, probabilmente, l’auspicio del ministro Salvini è di una possibile riduzione del 10 per cento del prezzo del gas naturale.

Non è qui possibile una descrizione precisa e articolata della bolletta del gas naturale, ma per sommi capi è possibile affermare che è composta principalmente di tre voci: il costo del gas in senso stretto, il costo di trasporto, gli oneri accessori.

Delle tre componenti, solo la prima è nelle mani del fornitore e costituisce circa il 40 per cento della spesa totale della bolletta. È su questa voce che i fornitori si fanno concorrenza.

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Una media rappresentativa di questo prezzo è offerta da quello praticato sull’hub italiano del gas naturale (il cosiddetto Psv).

Il punto di scambio virtuale (Psv) è il principale punto di incontro tra domanda e offerta del mercato del gas in Italia, dove si definisce il prezzo del gas all’ingrosso e, in base a questo valore, i fornitori valutano il prezzo della materia prima gas da applicare ai clienti finali. Si tratta di un prezzo lordo, cui vanno aggiunte molte altre componenti prima di poter giungere a una valutazione completa del prezzo del gas naturale praticato ai vari settori produttivi o al consumo finale.

L’auspicio del ministro andrebbe quindi ulteriormente chiarito: l’ingresso del gas proveniente dal Tap potrebbe portare a una riduzione del prezzo praticato sull’hub italiano del gas naturale.

Il confronto Psv-Ttf

A questo punto, può essere utile operare un confronto fra il nostrano Psv e il Ttf (Title Transfer Facility), un mercato di riferimento per lo scambio del gas naturale tra i più grandi e liquidi dell’Europa continentale. Si trova in Olanda e grazie alla localizzazione geografica centrale permette il trasferimento del gas tra i mercati di Norvegia, Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna e quindi consente di far emergere un prezzo “medio” considerato indicativo della situazione del mercato europeo. Il grafico 1 riporta la quotazione del Psv e del Ttf.

Grafico 1

Fonte Ihs Markit

Grafico 2

Fonte Ihs Markit

La differenza tra i due prezzi – se espressa in termini percentuali – vale circa il 10 per cento (2 euro/MWh/20 euro/MWh (prezzo medio).

È a questa differenza che fa riferimento il ministro Salvini? Molto probabile. L’idea è dunque che un incremento complessivo dell’offerta di 10 miliardi di metri cubi possa allineare i prezzi all’ingrosso italiani a quelli “europei”.

La questione non è nuova e già la strategia energetica nazionale firmata Carlo Calenda-Gian Luca Galletti osservava “Le iniziative per migliorare la competitività del sistema gas nazionale si pongono l’obiettivo di favorire l’allineamento dei prezzi italiani (Psv) con i prezzi dei mercati liquidi del Nord Europa (rappresentati dal Ttf), dove le modalità di formazione dei prezzi sono maggiormente rappresentative dell’evoluzione di domanda e offerta, giungendo anche, nel caso più favorevole, alla inversione dello spread”.

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La principale ragione del disaccoppiamento Psv e Ttf deriva dalla necessità di importazione dal Nord Europa. Meno rilevante di come poteva apparire nel passato è il ruolo dei contratti di importazione take-or-pay, basati in modo preponderante su aggiornamenti legati alla dinamica del prezzo del petrolio. Di fatto, sono stati rinegoziati con indicizzazione a Ttf o Psv, anche se in alcuni rimane una quota legata alla quotazione oil-linked.

I prezzi si muovono insieme (Psv segue Tttf) e la grandezza del premio è legata a quanto gas è necessario importare dal Nord Europa. Quindi – in teoria – se il Tap dovesse ridurre il fabbisogno dal Nord Europa attraverso il Transitgas (gasdotto che passa dalla Svizzera e che raccoglie gas naturale prevalentemente di origine olandese e norvegese), il differenziale si ridurrebbe. Potrebbe diventare addirittura negativo nell’improbabile caso che la quantità contrattata in Italia superi la domanda, permettendo al nostro paese di diventare esportatore netto.

In definitiva, l’affermazione che il Tap possa “ridurre del 10 per cento il costo dell’energia per tutti gli italiani” appare largamente esagerata.

Molto più ragionevole – ovvero largamente probabile – è che il Tap possa permettere una riduzione del prezzo praticato sull’hub italiano del gas naturale. Se anche dovesse allinearsi al prezzo del Ttf nordeuropeo, l’effetto complessivo sul prezzo al consumatore resterebbe tuttavia tutto da verificare, se si considera il peso delle importazioni di gas naturale dal Nord Europa rispetto al totale (grafico 3).

Grafico 3

Fonte International energy agency

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  1. G B

    Dott. Lanza,

    nel suo articolo dovrebbe considerare anche il beneficio che l’abbassamento del prezzo gas ( materia prima) comporterebbe sui costi di produzione di energia elettrica.
    L’energia elettrica prodotta in Italia nel 2017 è stata per il 65 % da Gas naturale ( fuel mix nazionale pubblicato dal GSE). Inevitabilmente un abbassamento della materia gas influirebbe anche sul costo dell’energia elettrica.

  2. Oltre agli effetti sul prezzo, nell’articolo non si considera una maggior autonomia delle fonti. La cosa non mi sembra secondaria, ricordando in particolare le difficoltà di approvigionamento di pochi anni fa per le questioni fra Russia e Ucraina.

  3. Lorenzo

    Quanto si spende abbandonando il Tap?
    Questo potrebbe essere il titolo di un ulteriore capitolo e, poiché conviene sempre allargare il ventaglio dei fornitori, potremmo concordare con l’Egitto (questione Regeni permettendo) di integrare la quota russa.

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