Lo statuto della Bce vieta la monetizzazione del deficit di un singolo stato membro. E lo fa a ragion veduta. Un eventuale intervento della Banca centrale è possibile solo attraverso le Omt. Ecco perché si tratta di una virtù e non di un vizio del sistema.
La Bce e lo spread
Il governo italiano (quantomeno nella voce del ministro Paolo Savona) insiste nel definire la salita dello spread sui titoli pubblici un falso problema. La soluzione sarebbe semplice: basterebbe che la Banca centrale europea comprasse in modo attivo i titoli di stato italiani e lo spread scomparirebbe. Vale a dire: la Bce dovrebbe finanziare, stampando moneta, l’espansione fiscale di un singolo stato membro dell’Unione. Dimenticando che la monetizzazione del deficit di uno stato membro non è permessa dallo statuto della Bce. E per ottime ragioni di teoria economica.
Un meccanismo di intervento della Banca centrale per l’acquisto selettivo di titoli di stato di un paese esiste già, e si chiama Omt (Outright monetary transactions). Le Omt consistono nell’acquisto diretto da parte della Bce di titoli di stato a breve termine di paesi in difficoltà macroeconomica conclamata. Situazione identificata dal fatto che il paese abbia avviato un programma di aiuto finanziario/precauzionale con il Meccanismo europeo di stabilità. L’Italia però non si trova in uno stato di crisi macroeconomica grave (non è neanche in recessione). Sta invece inducendo una crisi di sfiducia sui propri titoli di stato in modo del tutto discrezionale. Siamo di fronte a un caso scuola di “moral hazard”: mi comporto in modo irresponsabile perché tanto so che ho una assicurazione. Proprio quell’azzardo morale così spesso evocato dai paesi del Nord Europa di fronte a tutte le politiche monetarie non convenzionali della Bce di questi ultimi anni. Non si vede come sia possibile per l’Italia trovare consensi per una strategia di questo genere.
In generale, tuttavia, è possibile immaginare che una banca centrale finanzi stampando moneta il deficit pubblico di un paese (quindi la creazione di nuovo debito pubblico)? È un mondo attraente, in cui lo stato può evitare in futuro di tagliare la spesa o aumentare le tasse per finanziare la restituzione del debito. In linea del tutto teorica, sì, è possibile. Ma a una condizione: che la monetizzazione del deficit sia per costruzione occasionale e del tutto temporanea. Perché giustificata da una recessione conclamata e non da un declino permanente del livello del reddito. Finanziare maggior deficit con moneta in modo sistematico rende infatti la politica fiscale inefficace, anzi solo dannosa.
Monetizzare il deficit è dannoso
Immaginiamo che lo stato annunci in anticipo di aumentare la spesa pubblica del 3 per cento ogni anno, finanziando il tutto con moneta stampata dalla banca centrale. Per le imprese sarà ottimo aumentare i prezzi del 3 per cento, senza produrre di più, perché produrre comunque costa. Se però la cosa avviene in modo occasionale, a parità di salari nominali, i salari reali scenderanno, perché i prezzi salgono. Alle imprese quindi converrà assumere di più.
È facile però immaginare che questa politica non possa essere efficace in modo sistematico. Gradualmente, i lavoratori, vedendo ridursi il loro potere d’acquisto, adatteranno le loro aspettative alla crescita continua dei prezzi. E chiederanno salari nominali più alti per difendere quelli reali. Risultato? In media l’economia crescerà lungo un sentiero con salari nominali e prezzi che aumentano del 3 per cento, ma con salari reali costanti e quindi consumi e produzione costanti.
La conclusione è semplice. In generale, la monetizzazione sistematica del deficit da parte della banca centrale rende la politica fiscale del tutto inefficace. Anzi dannosa. Perché tramite l’aggiustamento delle aspettative degli agenti produce in media solo inflazione, cioè una crescita di prezzi e salari in termini nominali, con potere d’acquisto di questi ultimi invariato. Ecco perché lo statuto della Bce, a ragione, vieta la monetizzazione del deficit di un singolo stato membro. Legandosi le mani in modo credibile a non perseguire una monetizzazione sistematica del deficit (in questo caso prevedendolo nel proprio statuto), la banca centrale orienta in modo corretto le aspettative di inflazione e stabilizza quindi l’inflazione effettiva.
Questa separazione virtuosa tra autorità monetaria e fiscale è oramai patrimonio comune di tutti i paesi con istituzioni economiche avanzate, a cominciare dagli stati fuori dall’euro. Ciò non vuol dire che la banca centrale, in modo occasionale, e in presenza di una crisi finanziaria conclamata, non possa agire da prestatore di ultima istanza. Nel quadro delle Omt è possibile anche nell’area dell’euro, seppure in modo condizionato a un piano di rientro presentato dal paese in difficoltà. Ma è evidente che la condizionalità è una virtù, e non un vizio, del sistema Omt, proprio perché serve a salvaguardare la credibilità e l’indipendenza della Banca centrale dal comportamento irresponsabile del governo di un singolo stato membro. Esattamente la situazione che stiamo vivendo oggi.
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Savino
Avremmo dovuto monetizzare, trasformandolo in moneta sonante, e porre in capo a chi effettuava quelle manovre spericolate anche il deficit creato da Savona, Cirino Pomicino e altri per gonfiare le clientele del pentapartito di allora. Perchè qui si è persa la definizione anche morale del deficit e del debito. Quando lo si crea, si agisce con leggerezza (vedi l’esultanza di Di Maio!) onde, poi, pentirsi (come Savona) e cercare di riparare stampando banconote in cantina come Totò e Peppino. E i signori del Governo si sono permessi di denigrare Draghi? Davvero vergogna!
Marcello Romagnoli
Veramente il debito dell’Italia è stato causato dagli interessi sul debito stesso a causa di una gestione del tasso d’interesse poco avveduta. l’Italia da decine di anni è in avanzo primario quindi spende meno di quello che raccoglie come tasse. Il deficit si crea a causa del pagamento degli interessi sul debito.
Vada a vedere come avvengono le aste marginali dei titoli di stato….Lo stato paga per tutti gli interessi più alti anche a chi li ha comprati a un tasso inferiore durante l’asta. Inoltre il non intervento della banca d’Italia, quando poteva, nel calmierare il tasso, lo ha fatto esplodere. Che dire poi della privatizzazione Delle banche pubbliche che ora, sotto il controllo statale, potrebbero comprare i titoli italiani facendosi prestare i soldi dalla BCE a tassi molto bassi….
istwine
Io non capisco che piacere si provi a fare ricerca di teoria e politica monetaria e non fare neanche lo sforzo di costruirsi quattro T-accounts per dare un nome preciso alle voci, capire come si muovono e poi ragionare su di esse. Un mondo senza tassi d’interesse, riserve bancarie, conti di Tesoreria locali e centrali, conti bancari. Neanche le banche pare. Un mondo in cui la BC “stampa” per coprire un deficit del 3% e allora io alzo il prezzo delle banane del 3% e se mi gira anche dei catadiottri e delle pattane, e questo perché sono razionale e internalizzo tutte le informazioni presenti nel mercato.
Ma che senso ha continuare a fare divulgazione di questo tipo?
Si può partire da qui volendo,
https://www.ecb.europa.eu/home/glossary/html/glossa.en.html
poi magari si ragiona di aspettative, ma quella è roba avanzata e parecchio complessa, mica si può partire dal “stampare moneta”, ce n’è di strada da fare prima, Prof. Monacelli.
Massimo GIANNINI
Nessuno ha domandato di monetizzare il debito ma al limite di: a) continuare a fare “whatever it takes” o il QE; b) muoversi gradualmente verso un sistema di eurobonds (che è come se esistessero già nel bilancio de BCE); c) evitare di alimentare la speculazione sullo spread (con discorsi di tutti quanti).
Pentangeli
“La conclusione è semplice”. No, la sua è un po’ troppo semplificatoria. Ogni politica di rilancio non genera “in media solo inflazione”, soprattutto se – come dice giustamente lei – è occasionale e si è ben sotto livelli di pieno impiego dei fattori (ahimè condizione posta ad assioma nelle teorie neoclassiche ricalcate dall’impalcatura UE).
Inoltre la questione del ruolo istituzionale della BCE è proprio la posta in gioco: di questo si dovrebbe- democraticamente- discutere. Ricordo che una bella metà del debito pubblico italiano è pura creazione monetaria (le banche “prestano” al Tesoro per una creazione netta di denaro accreditatoci dal loro conto in BCE) su cui però paghiamo (quanti!) interessi. Questo sistema si è mostrato virtuoso per gli Stati, per la cosa pubblica? Non mi sembra. Tale lesione alla sovranità monetaria nonché voluto azzeramento del margine di manovra per una botta di rilancio sono specifici al nostro assetto monetario europeo, che finora ha profittato solo alle banche sciagurate prima, salvate poi. In USA la FED ha ampi margini di manovra (sì, proprio politici …!) e mica solo dovuti alla supremazia del dollaro.
Sergio Ruocco
“Immaginiamo che lo stato annunci in anticipo di aumentare la spesa pubblica del 3 per cento ogni anno, finanziando il tutto con moneta stampata dalla banca centrale. Per le imprese sarà ottimo aumentare i prezzi del 3 per cento, senza produrre di più, perché produrre comunque costa. Se però la cosa avviene in modo occasionale, a parità di salari nominali, i salari reali scenderanno, perché i prezzi salgono. Alle imprese quindi converrà assumere di più.”
Quindi se l’Italia spendacciona raddoppia gli ordini di penne, poniamo di 1 a 2 milioni, le aziende italiane che producono penne alzano i prezzi del 3% ma non producono più penne “perché costa”. Questo sarebbe il comportamento “ottimo” ?
Ma che razza di ragionamento è ?!
I cinesi invece che già producono penne per tutto il mondo, poniamo 100 milioni, aumentano dell 1% la loro produzione, molto probabilmente senza aggiungere dipendenti perché la produzione è interamente automatizzata, cambia solo un numeretto nella tabella “ordini materie prime” e “piani di lavorazione per le macchine”.
Ma in questo modo spalmano i costi fissi (affitto capannone, stipendio guardiano, pulizie ecc.) su 101 milioni di penne. E aumenta la produttività. E scendono i prezzi unitari.
Quindi quando vendono allo Stato italiano vincono le gare di appalto per le penne che costano meno ma sono addirittura fabbricate. Una industria che produce a fronte del raddoppio di ordini. Un vero assurdo!
E le aziende che aumentano ii prezzi PERDONO LE GARE
Umberto Troise
Sono d’accordo con il contenuto dell’articolo quando si sottolinea l’incompatibilità dei desiderata del governo in carica con l’assetto delle istituzioni monetarie dell’UE. Non sono d’accordo con la tesi in materia di inflazione esposta, che confina a casi eccezionali la possibilità di finanziamento monetario del deficit da parte della banca centrale. Tale tesi dimentica la natura delle nostre economie come economie monetarie di produzione, all’interno delle quali gli agenti non finanziano solo transazioni con la moneta ma la utilizzano anche come grandezza stock o deposito di valore per fronteggiare l’incertezza (aspettative di reddito decrescenti), cosicché in seguito ad uno shock la quantità di moneta detenuta dagli agenti come stock può posizionarsi per tempi lunghi ad un livello più elevato rispetto a quello precedente, riducendo la velocità di circolazione monetaria (e generando processi di disinflazione se non di deflazione vera e propria), con connessa caduta di consumi, investimenti e occupazione, mentre il grado di utilizzo e – alla lunga – le dimensioni dello stock di capitale disponibile si riducono. Pur con diverse oscillazioni del ciclo, questa è la storia economica dell’ultimo decennio e sarebbe opportuno rivedere alcune tesi troppo ortodosse in materia di effetti solo inflazionistici della politica fiscale in presenza di politica monetaria anche molto accomodante nei periodi di congiuntura negativa o comunque debole.
Marcello Romagnoli
Gentile prof. Monicelli, il suo esempio dello stato che aumenta del 3% la spesa generando un aumento del 3% dei prezzi non regge. Lo stato infatti investirebbe questi soldi ad esempio in infrastrutture che produrrebbero le condizioni per la nascita di nuove imprese, anche esportatrici. Ciò produrrebbe un aumento del PIL per la creazione di beni reali e di posti di lavoro. Aumenterebbero anche le entrate da tasse quindi la spesa a deficit potrebbe essere ridotta negli anni successivi. Inoltre lo stato avrebbe l’arma della fiscalità con la quale “punire” chi tenta di aumentare solamente i prezzi. Ad esempio potrebbe ridurre le tasse sul lavoro in base al numero di occupati.
Lei dice che produrre di più costa, ma produrre di più vuol dire anche guadagnare di più. Inoltre se aumenta il lavoro, aumenta la richiesta e quindi le aziende “micca” sono sceme e non producono di più…..Le aziende non investono e non producono e non assumono se il mercato è fermo, ma se si muove, grazie anche agli investimenti a debito, allora le aziende fanno il loro mestiere.
rodolfo caridi
e se si monetizzasse il debito di tutta area euro (15/20%) con coeva emissione di euro bond?
Mario
Il ragionamento va contestualizzato alla situazione inflazionistica attuale. Posto che un’inflazione fisiologica teorica sarebbe del 2% del Pil oggi siamo in scarsità di liquidità con una inflazione allo 0.7/0.8 % del Pil: quindi possiamo inflazionare fino al 2% e iniettare denaro fino ad una differenza del 1.3/1.2% del Pil che in termini monetari sarebbero circa 30 MILIARDI di Euro…si tenga presente che lo STATO deve alle aziende italiane 70 MILIARDI in fatture non pagate…basterebbe ripagarne meno del 50% per far risollevare il tessuto economico del Paese…