Lavoce.info

Magia della manovra: sfora sui conti e non spinge l’economia

Nella sua legge di bilancio bocciata dall’Europa, il governo riesce nella magia di fare un buco di bilancio senza rilanciare la crescita. Distribuisce redditi a chi non li ha o non li dichiara facendo pagare il conto a imprese, banche e assicurazioni.

Una manovra che sembra generosa…

Alla scadenza del termine posto dalla Commissione europea al governo italiano per modificare il testo del disegno di legge di bilancio, può essere utile ricostruire con chiarezza il quadro contabile della manovra di bilancio (inclusiva della legge di bilancio e del decreto legge fiscale 119/2018) che il governo ha difeso fino all’ultimo. Lo si può fare con precisione grazie alle tabelle riepilogative contenute nel testo dell’audizione del presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro. Da pochi semplici numeri emerge la magia di una manovra che sfora sui conti pubblici, facendo rischiare all’Italia una procedura di infrazione, senza neanche dare una spinta all’economia.

Concentrandosi sugli effetti per il 2019, dalla tabella emerge che nel 2019 il governo inietterà nell’economia risorse per 38,1 miliardi di euro, il 2,1 per cento del Pil. Una iniezione di risorse che a prima vista appare generosa e ben equilibrata tra aumenti di spesa e minori entrate. Le maggiori risorse derivano infatti per il 55 per cento (20,9 miliardi) da più spesa pubblica e per il restante 45 per cento (17,2 miliardi) da minori entrate.

Sul lato delle uscite emerge subito che la maggiore spesa pubblica arriva per l’80 per cento circa (16,4 miliardi) da maggiore spesa corrente e per il rimanente 20 per cento (4,5 miliardi) da maggiore spesa in conto capitale. È l’investimento che porta con sé la crescita che dura nel tempo, non la spesa corrente. Il grosso dell’aumento della spesa corrente deriva dai 6,8 miliardi del fondo destinato al reddito di cittadinanza (il netto tra i 9 miliardi lordi del fondo la cui esatta destinazione sarà precisata in seguito meno i 2,2 miliardi oggi destinati al Reddito di inclusione che sarebbero inglobati nel reddito di cittadinanza) e dai 6,7 miliardi che andrebbero a finanziare la cosiddetta “quota 100”, l’uscita anticipata dal lavoro dei lavoratori che raggiungano 62 anni con 38 anni di anzianità. Il totale dei fondi destinati alle politiche sociali sarebbe di 13,9 miliardi di euro.

A sua volta, la prevista riduzione delle entrate di 17,2 miliardi di euro deriva per circa tre quarti (12,5 miliardi di euro) dalla sterilizzazione delle cosiddette “clausole di salvaguardia”, cioè dal fatto che il governo si è impegnato a non far scattare l’aumento dell’Iva e di altre imposte indirette che i governi precedenti avevano invece previsto per il 2019. Tali aumenti automatici e un po’ suicidi – inventati dal ministro Giulio Tremonti nell’estate del 2011 e che non a caso anche i governi del non-cambiamento avevano provato a non far scattare – hanno garantito per anni una riduzione prospettica del deficit negli anni successivi che poteva essere (ed è stata) attenuata di anno in anno con interventi graduali. Con i chiari di luna attuali (crescita del Pil a zero nel terzo trimestre e spread su di 150 punti), il deficit previsto per il 2019 incluso lo scatto delle clausole di salvaguardia avrebbe già dovuto essere rivisto all’insù, dallo 0,8 all’1,2 per cento. Il governo però ha voluto anche cancellare le clausole per non deprimere l’economia, facendo in tal modo salire il deficit al 2 per cento. E poi ci ha aggiunto altri 0,4 punti di Pil, ritenendo lo sforamento “trascurabile”. Parere finora non condiviso dai “burocrati di Bruxelles” che – lo hanno fatto nelle Autumn economic forecasts – ritengono che il deficit italiano schizzi su al 2,9 per cento (senza spiegare bene il perché) e che la crescita si fermi all’1,2 per cento anziché arrivare all’1,5 per cento atteso (sperato) dal governo.

Leggi anche:  La crescita italiana che non c'è

…ma l’espansione non c’è davvero

Ma non è finita qui, perché ogni manovra – anche quella di un governo che vuole cambiare rispetto al passato – deve trovare delle coperture alle nuove iniziative messe in campo. Una parte di tali coperture può essere differita al futuro, il che è in effetti ciò che avviene – e in modo consistente – con la manovra 2019 dell’Italia. Sempre partendo dalla tabella si vede che i 38,1 miliardi sono coperti da un aumento dell’indebitamento netto per 22 miliardi (21,9 miliardi, per la precisione, l’1,2 per cento del Pil). In altri termini, per ogni euro di impulso, più di metà – esattamente 57 centesimi – sono scoperti, cioè non hanno una copertura. Tra le coperture vere – che assommano a soli 16,2 miliardi, gli aumenti di entrata rappresentano i due terzi del totale (dalla cancellazione dell’Ace e dell’Imposta sul reddito imprenditoriale, oltre che dalle imposte sulle imprese di cui parlano Silvia Giannini e Paolo Panteghini) e le riduzioni di spesa (il risultato della cosiddetta spending review) circa un terzo. A loro volta le riduzioni di spesa, vengono per due terzi dalle spese in conto capitale, cioè da minori spese per investimenti, e solo per un terzo (1,5 miliardi circa) da minori spese correnti, i veri e propri tagli previsti per i ministeri.

Per capire quale sia l’impulso netto offerto dalla manovra all’economia c’è quindi da valutare il netto di quanto il governo dà con una mano e quanto si riprende con l’altra mano. C’è insomma da calcolare il netto delle varie voci di entrata e di uscita. Facendo le somme e le sottrazioni viene fuori che le spese nette (al netto delle misure di spending review ipotizzate) aumentano di 16 miliardi, L’aumento degli investimenti pubblici – descritto come la voce qualificante della manovra – è di 1,8 miliardi, non dei 3,5 miliardi descritti inizialmente. Ma la parte più succosa viene dalle entrate che diminuiscono di 5,1 miliardi o aumentano di ben 7,5 miliardi a seconda se nel conto si includa o si escluda l’eliminazione delle clausole di salvaguardia. In effetti escludere le salvaguardie dalle risorse iniettate nell’economia consente di fare un calcolo più preciso del reale impulso dato dalla manovra. Si tratta infatti di aumenti di imposta che nessuno ha visto, che il governo attuale e anche i precedenti hanno ripetutamente cancellato in passato e affermato di voler cancellare in futuro. Insomma è difficile pensare che – al di fuori delle alchimie della contabilità pubblica – la cancellazione di una non-tassa possa produrre effetti positivi sull’economia. Così, se dai 38,1 miliardi figurativi si tolgono 12,6 miliardi, si vede che per l’economia rimangono 25,5 miliardi. Il che fa apparire in tutta evidenza che la manovra di sostegno all’economia da parte del governo è una manovra incentrata quasi esclusivamente sulla spesa pubblica (e in particolare sulla spesa pubblica corrente) il cui aumento di 20,9 miliardi rappresenta l’82 per cento del totale degli impulsi, con un più striminzito 18 per cento lasciato alle riduzioni di imposta. In più tali riduzioni scompaiono, addirittura cambiando di segno, una volta che si escludano dal conto le clausole di salvaguardie. A tutti gli effetti, la manovra 2019 “fa politiche sociali” (distribuisce redditi a chi non li ha o non li dichiara) facendo pagare il conto a imprese, banche e assicurazioni a cui viene anche chiesto di creare posti di lavoro. Difficile che ciò avvenga.

Leggi anche:  Piano strutturale di bilancio: resta una visione di corto respiro

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Nuove regole europee di bilancio: cosa cambia per regioni e comuni

Precedente

Così le imprese pagheranno più tasse

Successivo

Il Punto

22 commenti

  1. Savino

    Solo chi non capisce di economia può elaborare una manovra del genere. La follia del reddito di cittadinanza genererà solo denunce alla GDF e odio sociale tra i cittadini. La follia di quota 100 è la prima forma di disincentivo alla pensione di vecchiaia in favore dei calcoli da azzecacarbugli di quella di anzianità, mal conciliante con la condizione demografica attuale. Si regalano pane e dentiere a chi ha denti e brioches, mentre i nostri poveri giovani preparati e competenti continuano ad essere lasciati nella disperazione. Io ho sempre sostenuto che gli italiani il 4 marzo hanno sbagliato a votare ed il popolo non ha ragione quando si esprime così veementemente. Aggiungo che gli italiani non capiscono niente di economia perchè fondano la ricchezza sulla fortuna e non sul coraggio e sul talento. Quindi, il popolo ha la sua fetta di responsabilità in quello che sta succedendo e nei calcoli volutamente sbagliati sulla prospettiva economica.

    • Gaetano Lo Presti

      Sono d’accordo su tutto ma vorrei far riflettere che tutto questo era prevedibile già pochi giorni dopo il 4 marzo.
      Se non si usa l’intelligenza per coalizzare le forze per un obiettivo si rischia solo di fare delle colte dissertazioni spettatori di una tragedia annunciata.
      Ricordo come finì ai Romani nell’anno 386 a.C. e i Galli avevano, quella volta, avuto la meglio su una Roma non ancora diventata caput mundi.
      L’Urbe era stata vinta ed occupata e i danni di guerra, che all’epoca si pagavano in oro, erano stati fissati in ben 1000 libbre d’oro.
      Mentre si stava pesando – su pubblica piazza – il prezioso metallo da conferire al vincitore, i romani si accorsero che le bilance erano truccate.Quello che accadde allora rimase nella storia.
      Infuriato per l’ardire degli sconfitti, il capo dei Galli Senoni, Brenno, sfilò allora la spada dal fodero e la gettò sul piatto della bilancia, in modo che il tributo dei vinti fosse ancor più pesante – ed iniquo – esclamando: Vae Victis – Guai ai vinti – facendo chiaramente intendere che le condizioni sono dettate da chi ha vinto. Quella volta vinsero i barbari ….
      Se non si reagisce, pacificamente alle elezioni ovviamente, e si rimane perdenti anche se si ha ragione verrà dato torto.

      • Savino

        Qual è l’obiettivo: premiare i furbi? Esaltare l’ignoranza? Bypassare le procedure? Aumentare le clientele? E’ curioso quando si dice che “non si è ascoltata la gente”. Ma se la gente, sana e abile, anzichè chiedere aiuto allo Stato per una necessità e per cercare lavoro vuole solo intascarsi 780 Euro al mese a sbafo è giusto ascoltarla?

  2. Gabriele

    Cosa ci si poteva aspettare da questo governo che definirei di Scappati di casa. La cosa drammatica e’ che anche economisti che ritenevo fossero attenti ai numeri ed ai mercati ed ai partner europei , e cioe’ Tria e Savona , anziché mettere un argine a questo governo di folli , li stanno assecondando.
    Spero che il mercato li punisca , ci costera’ cara , ma e’ ora che il popolino italiano capisca che il benessere si crea col lavoro , non facendo sempre piu’ debiti. l’ Italia spende ogni anno di interessi passivi sul debito pubblico tra i 62/65 miliardi. Tanto quanto spendiamo per l’istruzione . Pazzesco , soldi buttati . che tra l’altro , arricchiscono chi investe in BTP , e continua ad impoverire le classi piu’ povere che non hanno risparmi da investire , ma ci rimettono in quanto quei soldi mancano poi nei servizi che lo stato deve dare .
    Governo di scappati di casa

  3. antonio petrina

    Come non dissentire dalle legittime conclusioni del prof Daveri ? ” È l’investimento che porta con sé la crescita che dura nel tempo, non la spesa corrente.” Come dire :quando la golden rule è calpestata ,non si cresce!

  4. Francesco D.

    Complimenti professore!!!
    La sua accurata analisi (come sempre) dimostra che le critiche alla legge di bilancio del “cambiamento” non devono tanto basarsi sulle “allegre” ipotesi sottostanti (come sembra aver fatto la Commissione Europea) ma analizzando (e dando per “buoni”) i freddi numeri della legge stessa legge di bilancio che “parlano” e dicono che è solo una manovra elettoralistica che regala soldi a destra e a manca ……. facendo pagare il conto all’italia produttiva!!!!

    • Savino

      Guardi che il problema è proprio quello, nel senso che Ue e, soprattutto, mercati sono chiamati a giudicare su freddi numeri sbagliati e scritti volutamente in quella maniera. Un economista deve parlare con un suo pari grado, nè coi fantasmi Tria e Conte, nè col pittoresco Savona, nè con l’idraulico Salvini, nè con Di Maio che si arrangia coi lavoretti in nero e le false invalidità. Quando in questo Governo ci sarà un economista serio col rango dei suoi simili nell’area Euro ne riparleremo.

  5. Umberto Troise

    Analisi molto preziosa, che consente, cifre alla mano, di comprendere l’impatto effettivo della manovra. Uno scenario ipotetico (anzi fantascientifico) che sottopongo all’attenzione del Prof. Daveri: Con un atteggiamento non conflittuale, ma moderato nei confronti della UE, 13,9 miliardi di € di investimenti pubblici al posto di quelli destinati alle politiche sociali, che sommati agli 1,8 previsti ci danno un totale di 15,7 miliardi, sarebbe stata possibile una reazione realmente positiva dell’economia nel suo complesso, sia a breve che medio termine, mercati, tassi e spread inclusi? Grazie.

  6. Marcello

    Io non credo che i promotori di una manovra così sbagliata siano digiuni di economia, e neanche che siano solo polarizzati sull’indubbio effetto elettorale (alle europee di primavera) di proposte così “generose”. Credo che una manovra così deliberatamente provocatoria punti a due obiettivi: uno di breve termine con la mancia elettorale, e uno di prospettiva più lunga di portarci a uno scontro con i nostri partner europei, e di passo in passo portarci a una inevitabile separazione che verrà chiamata ricupero di sovranità. Non credo che questo obiettivo sia condiviso dalla maggioranza degli Italiani, ma quando apriranno gli occhi sarà comunque troppo tardi. Auguri a tutti noi!

  7. Michele

    Mi pare che una parte importante del conto sia destinata alle generazioni future, che intanto per il momento non votano e non possono lamentarsi.

  8. bob

    In questa Italia di tanti proclami il dibattito, oggi tra le altre cose, si concentra sul cosiddetto reddito di cittadinanza. Ha bisogno veramente un Paese come il nostro di questo strumento? A mio avviso no. L’ Italia è un Paese il cui sistema produttivo è formato principalmente da piccolissime e piccole imprese le quali in maggioranza operano su il mercato interno ( solo il 20 % delle aziende in Italia sono esportatrici il resto operano nel mercato nazionale) mi permetto di aggiungere , anche per un po’ di esperienza, che le aziende esportatrici sono grandi aziende, nessuna piccola azienda può sostenersi con le esportazioni ( da buoni italiani spesso si fa passare per esportatori il signore che porta 2 cartoni di vino a Londra questo può valere per la statistica ma non per la sostanza)
    Un reddito di cittadinanza può essere concepito per casi di vera indecenza, cosa che in questo Paese ha percentuali molto basse ( nonni con pensione, proprietari di prima casa, lavori in nero arginano questa condizione). Oggi le piccolissime e piccole aziende non possono assumere; un qualsiasi consulente del lavoro serio lo dimostra numeri alla mano
    Il reddito di cittadinanza è un costo a perdere per lo Stato, non produce benefici a breve, non produce vantaggi a medio-lungo termine. Cosa fare? Permettiamo al mio macellaio, alla piccola impresa di ristrutturazioni, al piccolo tornitore di assumere dividendo l’onere tra l’imprenditore e lo Stato. E dal lavoro che bisogna ripartire

    • Vittorio

      Il macellaio non può assumere perché i consumi di carne diminuiscono (per via di cambiamenti culturali), il piccolo tornitore non può assumere perché forse lavora per un mercato dell’auto in forte contrazione (vedi la riduzione del PIL tedesco); l’economia cambia e molti imprenditori sono rimasti indietro. Proporrei un reddito di cittadinanza a sostegno degli imprenditori poco produttivi per toglierli dal mercato ed investire in una “distruzione creatrice” che porti l’economia italiana nel nuovo millennio. P.s. la decontribuzione di Renzi ha prodotto risultati trascurabili.

  9. Asterix

    Complimenti al Prof. Daveri che ha illustrato bene la manovra ed ha chiarito come le critiche della Commissione sul mancato rispetto del deficit (al 2,9% rispetto all’obiettivo del 2,4%) non siano (al momento) motivate. Riguardo al fatto che si punti più su politiche sulla domanda (privata e pubblica) piuttosto che a politiche sull’offerta (riduzione di tasse) questo è assolutamente vero. Abbiamo provato le seconde politiche per anni e non ci hanno tirato fuori dalla crisi ed ora proviamo le prime politiche. Questo è il cambiamento. Ha ragione Daveri che si tratti di una piccola manovra espansiva che non produrrà sensibili incrementi di PIL, ma immaginate se fossero scattati gli aumenti IVA o avessimo attuati le politiche di riduzione del debito che precedenti governi avevano concordato.. quale sarebbe stato lo stimolo per l’economia? Non possiamo mantenere Ace o aiuti alle banche e nel frattempo chiudere ospedali o tagliare i dipendenti pubblici come fatto in Grecia. Non è socialmente (ed elettoralmente) sostenibile. Se poi riteniamo che un Paese in debito abbia perso la sua sovranità questo è un bel discorso che però ci porta fuori tema (su come è stata costruita l’Europa, ecc..). Avrei però una domanda. Perché stima che l’incremento degli investimenti pubblici sia di 1,8 mld invece che i 3,5 mld messi nella RT agli articoli 15 e 16 ?? Grazie

    • francesco daveri

      Quello che riporto è un numero che si ricava dalla tabella desunta dalla relazione di Pisauro (che contiene gli effetti complessivi, non quelli articolo per articolo). Nella parte alta della tabella – dove ci sono gli Interventi – si trovano 4,5 miliardi di maggiori spese in conto capitale e – sotto, dove ci sono le coperture – ci sono 2,7 miliardi di minori spese in conto capitale. Il netto fa 1,8 miliardi, il mio dato.

  10. Fabrizio Ferrari

    Imbeccato dall’ottimo articolo del prof. Daveri, ho dato un’occhiata veloce alle tabelle 1.1 e 2.1 in calce al testo della relazione del presidente dell’UPB. Sul profilo del tendenziale, per il 2019, viene indicato un tasso di crescita del PIL dello 0,9% ed un rapporto deficit/PIL dell’1,2%; sul piano programmatico, invece, come miracolosa conseguenza della “manovra del popolo”, per il 2019 figurano un 2,4% di deficit/PIL ed un 1,5% di crescita del PIL. Da quel che ho capito, il “miracolo” sta in un +0,6% di crescita del PIL a fronte di un +1,2% di deficit; fin qui, si potrebbe obiettare, nulla di eccessivamente scandaloso: un euro in più di crescita per ogni due euro in più di deficit (moltiplicatore pari a 0,5). Ma c’è un “però”: di quel 1,2% di deficit in più, 0,7% viene speso per evitare l’aumento dell’IVA, lasciando quindi solo lo 0,5% per le politiche “espansive” (reddito di cittadinanza, quota 100, ecc.). Ecco quindi spiegato il “miracolo”: un +0,5% di deficit che porta ad un +0,6% di PIL, con un moltiplicatore pari a 1,2. Tra l’altro, sarebbe da spiegare come pensino, i signori Di Maio e Salvini, di attuare Quota 100 e Reddito di Cittadinanza con una spesa di circa 8-9 miliardi (0,5% del PIL) da dividere su entrambe le iniziative.

  11. Pasquale Vilardi

    “Governo del cambiamento”? ma dov’è il nuovo. Il dramma è che molti elettori- cittadini abboccano facendo crescere i consensi di questi ii ( imbonitori irresponsabili). Mobilitiamoci per una informazione serie e documentata

  12. Dario

    Cosa diceva il buon Daveri sugli 80 euro del compianto renzi?

  13. Henri Schmit

    Siamo tutti d’accordo con il prof. Daveri (e con i prof. Giannini e Panteghini). Ma è possibile accontentarsi di aver ragione? Come sconfiggere l’ignoranza più ottusa sostenuta dall’arroganza più dispotica? Come uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciata la politica? A ritroso i passaggi sono stati i seguenti: economia fiacca, DEF, prime misure legislative, contratto di governo, accordo di coalizione, rifiuto del PD di trattare, risultato elettorale, legge elettorale, bocciatura della precedente legge, referendum vinto e perso, doppia riforma istituzionale promossa dai governanti, economia che arranca, mix di riforme vere e di misure fiscali demagogiche, litigi con l’UE. Mi fermo qua, perché a questo punto la storia raccontata a risalire il tempo sembra un circolo, solo che ad ogni giro tutto peggiora. Come interrompere il gioco al massacro?

  14. Lorenzo

    È come per il poker. Berlusconi lanciò l’umento dell’IVA. Per vedere, il governo rilancerà, e dal 1° gennaio ci sarà l’aumento … e salterà il banco (pubblico)

  15. Michele

    La manovra 2019 fa deliberatamente politiche redistributive. Adesso lo abbiamo capito? Toglie a imprese, banche e assicurazioni che molto hanno ricevuto negli anni passati (senza però creare posti di lavoro, ma tagliando gli investimenti- crollati di più del 20% rispetto al 2007) per finanziare uno schema generale di indennità di disoccupazione (come hanno tutti i paesi europei) e pensioni più in linea con l’attuale mercato del lavoro. Da dove deriva la crescita del GDP? Da più consumi. Se do quattrini a chi non arriva a fine mese, li spende tutti in maggiori consumi.

    • francesco daveri

      E poi nel 2020 cosa fa? per continuare a crescere si aumenta ancora il reddito e la pensione di cittadinanza? E – già nel 2019 – cosa succede se l’aumento del deficit fa salire i tassi rendendo più caro il denaro di cui hanno bisogno soprattutto i poveri per spendere? E se reddito e pensione di cittadinanza fanno salire il nero, tutto bene lo stesso, anche se poi bisogna tassare di più quelli che – lavorando e investendo – le tasse le pagano?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén