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Tasse sulle auto: cosa si fa in Europa

L’ecotassa sulle auto nuove non sembra una misura efficace. Ma se l’elettrico dovesse affermarsi rapidamente, l’Italia rischia di ritrovarsi con un parco auto più vecchio e inquinante di quello dei paesi vicini e con una filiera industriale impoverita.

Imposte a confronto

L’emendamento alla manovra economica che prevede incentivi per le auto elettriche e un bonus/malus all’acquisto legato alle emissioni di anidride carbonica (CO2) ha provocato feroci polemiche. Ma cosa succede negli altri paesi?

Un’imposta di acquisto o di circolazione calcolata (in tutto o in parte) in proporzione alle emissioni di CO2, e quindi anche al consumo di carburante, esiste da anni in tutti i maggiori paesi europei – dalla Germania, alla Francia, al Regno Unito. In Francia è in vigore una tassa all’acquisto, mentre il bollo annuo colpisce solo i veicoli che emettono elevate quantità di CO2. In Germania il bollo annuo è proporzionale a emissioni di CO2 e cilindrata. Nel Regno Unito vige una tassa all’acquisto, basata sulla CO2, ma dal secondo anno in poi i proprietari pagano un ammontare fisso, con un lieve sconto per i veicoli ibridi, mentre quelli elettrici sono esenti, come in molte regioni italiane. In Italia la tassa di circolazione annuale è calcolata in base alla potenza dell’auto, con aliquote diverse per regione; le auto elettriche sono esenti dal bollo per cinque anni e in alcune regioni quelle ibride godono di esenzioni.

Se l’obiettivo è la lotta al cambiamento climatico, la tassazione delle vetture in proporzione alle emissioni di CO2 sembra andare nella direzione giusta. Peraltro, la tassazione sull’acquisto e sul possesso dell’auto è relativamente più elevata in Italia e Regno Unito rispetto a Francia e Germania e l’introduzione nel nostro paese della cosiddetta ecotassa aumenterebbe il carico su quelle con motori a benzina e diesel, premiando le elettriche e le ibride come avviene già in Francia e Germania. Rispetto alla tassa francese, il meccanismo proposto in Italia è più severo per la fascia di emissioni media (da 111 a 130 g/km) e più generoso con gli ibridi, anche quelli di potenza e costo elevati.

Italia: elettriche esenti per 5 anni – per le auto ibride, esenzioni totali o parziali in alcune regioni
Italia***: livello tassa della Regione Lombardia, per cui agli ibridi plug-in spetta riduzione del 50% per 3 anni e agli ibridi non si applica la maggiorazione oltre i 100 kW
Tasso di cambio sterlina: 1 euro = £ 0,9
UK: superbollo di 344 euro annui per gli anni dal 2 al 6 per le auto con prezzo >44.444 euro
Germania: l’incentivo da 4.000 euro per BEV e 3.000 euro per PHEV è diviso al 50% fra Stato e costruttore,  e non vale per veicoli con prezzo di vendita >60.000 euro
*Nota: La BMW 530e ha diritto all’incentivo poiché il prezzo in Germania è <60.000 euro
**Nota: in Italia (Regione Lombardia) gli ibridi plug-in godono di una riduzione del 50% dell’imposta per tre anni

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Le uniche vetture – per convenzione – a zero emissioni sono quelle elettriche. Le auto a gasolio consumano meno di quelle a benzina ed emettono quindi meno CO2, ma il motore diesel produce più particolato e ossidi di azoto (NOx) dannosi in elevate concentrazioni, soprattutto in ambito urbano. Il problema del particolato è stato affrontato con i filtri (Dpf), mentre i motori diesel più recenti (normativa Euro 6 d-Temp) hanno ottenuto in condizioni reali valori di emissioni di NOx vicini a quelli dei propulsori a benzina. L’efficienza degli ibridi ricaricabili (plug-in) dipende da quanto li si ricarica: paradossalmente, niente vieta di incassare il bonus e viaggiare poi solo a benzina (non esistono ibridi plug-in a gasolio)

L’attenzione alla CO2 ha fatto sì che negli ultimi vent’anni l’Europa abbia privilegiato i motori diesel, per esempio con accise sul gasolio quasi ovunque inferiori alla benzina. E il problema dei NOx, che ha rilevanza locale, è stato affrontato soprattutto su base locale, con blocchi del traffico e altre limitazioni all’uso dell’auto.

Effetti sul settore

Il rebus per le autorità UE e per quelle locali non è di facile soluzione, data la rilevanza economica del settore auto e la presenza di una base produttiva diffusa e specializzata nei motori diesel. Finora, ogni paese ha comprensibilmente cercato di promuovere la propria industria. Così, se la statale Renault è stata la prima azienda in Europa a investire sull’elettrico in misura massiccia, la Francia è il paese che da più tempo ha varato consistenti incentivi all’acquisto di auto a batterie. Fra i grandi mercati europei, l’Italia è invece quello più indietro sull’elettrificazione, mai considerata strategica da Fca nell’era di Sergio Marchionne.

Le auto a batterie restano per ora nettamente più costose di quelle a benzina o gasolio, e nonostante incentivi e altri vantaggi, come l’accesso alle zone a traffico limitato, rappresentano una quota delle vendite europee inferiore all’1 per cento (0,92 per cento nel terzo trimestre 2018). Ciò è dovuto anche al fatto che tuttora hanno un’autonomia ridotta (non più di 500 chilometri con una ricarica per i modelli e nelle condizioni migliori), a tempi di ricarica elevati e alla scarsità di colonnine pubbliche.

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A livello dell’Unione, nel 2021 entrerà in vigore il nuovo limite di 95 g/km per le emissioni di CO2 delle autovetture. Per i singoli costruttori, varierà a seconda della massa dei veicoli venduti (le case con i veicoli più pesanti avranno un target più elevato). Il limite verrà confrontato con le emissioni medie dei veicoli venduti ogni anno da ciascun costruttore: chi dovesse superarlo pagherà una multa di 95 euro per ogni grammo di superamento, moltiplicata per il numero di veicoli venduti. Se un costruttore che vende un milione di auto l’anno dovesse superare il limite di 10 grammi, pagherebbe 950 milioni di euro.

Quasi tutti i costruttori concordano sul fatto che i nuovi limiti e le sanzioni collegate avranno un impatto molto forte e potrebbero ridisegnare la geografia del settore. Già ora l’imminenza della sfida ha indotto la maggior parte delle aziende ad annunciare il lancio di numerosi veicoli elettrici o ibridi ricaricabili, anche se in molti paesi le infrastrutture di ricarica sono ancora carenti.

Le politiche fiscali nazionali avranno l’effetto di orientare sia le scelte dei consumatori che quelle dei costruttori: tutti i costruttori danno per scontato di dover vendere un certo numero di auto elettriche e ibride per restare sotto i limiti, ma questi veicoli verranno venduti soprattutto nei paesi che offriranno i maggiori incentivi e si doteranno delle infrastrutture più sviluppate.

È giusto tener conto delle esigenze della filiera e delle critiche al progetto di ecotassa, tanto più che se anche dovesse essere approvata nella forma proposta, gli incentivi “elettrici” potrebbero avere un impatto limitato sulle scelte dei consumatori. Se però l’auto elettrica dovesse decollare in tempi brevi, anche grazie ai progressi tecnologici in corso, e se l’attuale declino del diesel dovesse proseguire, il rischio per l’Italia è di ritrovarsi – anche per i ritardi negli investimenti di Fca – con un parco auto più vecchio e inquinante di quello dei paesi vicini e con una filiera industriale impoverita.

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  1. Massimo C.

    Che senso ha misurare la CO2 emessa solo dal motore e non quella generata producendo il veicolo, carburante e batterie comprese?

  2. Emanuele Aliberti

    La CO2 emessa dai motori a combustione interna avviene per tutta la vita del veicolo e viene emessa ovunque il veicolo si sposti.
    Quella emessa in fase di produzione del veicolo avviene una volta sola e in pochi, ben identificati luoghi che possono essere soggetti efficacemente a normative industriali più stringenti e controlli mirati.

  3. gianfranco v.

    Vista la situazione economica nazionale ed europea,una risposta pratica e reale è l’incentivazione al passaggio all’ibrido,primo passo,per i centri urbani elettrificare il più possibile il trasporto pubblico,investire in questo settore.Dopo potrà esserci un ricambio,scendendo anche i prezzi,della mobilità privata in elettrico.Tempi non brevi,quindi,visto che in Italia circolano più di 35 milioni di veicol i e con un ricambio di 1,5 all’anno i conti sono presto fatti

  4. Michele

    Una idea sbagliata. Un regalo ai ricchi che abitano in centro, non devono usare l’auto per andare al lavoro, possono cambiare l’auto frequentemente, spendere di più per una elettrica (è la seconda o terza auto di famiglia, mica ci vai in vacanza con l’elettrica che ha – in teoria – 400 km di autonomia e poi dove la ricarichi quando vai a sciare e la batteria rendel il 30% in meno?) e soprattutto hanno il box dove ricaricarla a casa. Con l’evoluzione tecnica prevista ci sarà mercato per le elettriche usate? Chiedete lumi ai gilet gialli francesi: c’è chi pensa alla fine del mondo e chi pensa alla fine del mese. Infatti da gennaio a novembre 2018 in italia sono state vendute 4568 auto elettriche (EV) rispetto a un totale del mercato di 1792683 auto e quindi pari allo 0,26%. In italia la potica sulle auto ha fatto disastri: il settore è super tassato tra accise sui carburanti, IVA, tassa di proprietà (una patrimoniale) e super bollo sopra i 175 kw. (altra patromiale che ha ucciso il settore dell’usato), nel frattempo si lasciato che l’industria nazionale rimanesse tecnologicamente indietro oltre che a fuggire dal paese. Si poteva fare peggio?

  5. Motta Enrico

    Sulla questione dell’ auto elettrica deve
    essere chiarita una cosa: quanto e quale è l’inquinamento prodotto nelle centrali elettriche per alimentare le colonnine. Solo così si capiranno i reali vantaggi. Ad esempio in Francia le auto elettriche andranno prevalentemente a energia nucleare. Basta saperlo. Inoltre non ho capito perché sia stata percorsa così timidamente la via dell’ alimentazione a metano e GPL, che non producono polveri sottili, e meno CO2.

  6. Andrea Malan

    Ringrazio tutti per i commenti e fornisco un paio di risposte.
    Un recente (2016) studio del MIT (https://pubs.acs.org/doi/full/10.1021/acs.est.6b00177) confronta le emissioni di CO2 delle auto includendo quelle per produrre il veicolo e per produrre il carburante; nel caso dell’energia elettrica, sono considerati vari mix possibili; tutti i dati vengono dal mercato Usa. La conclusione è che in caso di mix di produzione di energia elettrica a bassa CO2, le auto elettriche “producono”; nel ciclo di vita completo, metà CO2 rispetto ai motori a combustione e il 25% in meno degli ibridi; con produzione ad alta intensità di CO2, le loro emissioni sono simili a quelle degli ibridi e comunque inferiori del 25% a quelle dei motori a combustione.
    Metano e GPL risentono (in misura minore) di alcuni problemi comuni alle auto elettriche: prezzo di acquisto più elevato, autonomia più bassa e rete di distribuzione limitata, soprattutto al Sud.

  7. Giuseppe Passoni

    La decisa opzione francese verso l’auto elettrica deriva dalla “intrinseca” rigidezza del sistema elettrico nazionale (80% nucleare e ridotta disponibilita’ di impianti idroelettrici di accumulo) per cui spesso l’energia viene venduta a basso prezzo a paesi frontalieri come l’Italia. Avere milioni di auto elettriche da ricaricare di notte puo’ essere, talora, un vantaggio.

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