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La recessione mondiale che non c’è

Le ultime stime dell’Fmi certificano un rallentamento dell’espansione. Che succederà ora? Certo, il quadro potrebbe peggiorare. Ma ci sono anche segnali che inducono all’ottimismo. Tanto più che le banche centrali continuano a vigilare sulla situazione.

Il mondo rallenta ma non si ferma

Meglio dirlo chiaro e tondo: il mondo non sta sprofondando in una recessione stile post-Lehman. Lo spiega bene il Fondo monetario internazionale nell’aggiornamento delle sue stime del World Economic Outlook, fresco di diffusione. Nel riassunto del rapporto si menziona infatti solo un “indebolimento dell’espansione”: la traduzione del fatto che nel 2019 il Pil del mondo – al netto dell’inflazione – crescerà del 3,5 per cento e non del 3,7 per cento come previsto tre mesi fa. Una limatina dello 0,2 per cento, sostanzialmente derivante da minor crescita in Europa (soprattutto per Germania e Italia) e in Asia, dove la crescita della Cina – il cui Pil nel 2017 contava per il 15 per cento del Pil del mondo in dollari – è data al 6,2 per cento invece del precedente 6,6 per cento.

La crescita va peggio del previsto soprattutto in Europa

Il Fondo monetario spiega anche il perché dell’indebolimento. Sempre nel suo rapporto di gennaio si legge infatti che l’inizio della guerra tariffaria tra Usa e resto del mondo (ma soprattutto tra Usa e Cina) iniziata dal presidente Trump ha già pesato sulla crescita, ma gli effetti negativi del conflitto erano già stati contabilizzati nella riduzione della crescita stimata per il 2019 (essenzialmente per l’economia americana) nel World Economic Outlook di tre mesi fa. L’ulteriore revisione al ribasso delle stime attuali nasce dunque altrove, in Europa e in alcuni mercati emergenti.

Tabella 1 – La crescita del Pil secondo il World economic outlook (variazioni %)

Per l’Europa i paesi che rallentano di più sono due: Germania e Italia. Il peggioramento della crescita tedesca – ora ridotta all’1,3 per cento, con un netto ridimensionamento rispetto all’1,9 per cento di tre mesi fa – è attribuito dagli economisti del Fondo all’introduzione di nuovi standard per l’emissione di gas inquinanti per le automobili che obbligano i produttori tedeschi a una conversione produttiva difficile anche per una macchina – è il caso di dirlo – ben rodata quale quella del settore automotive tedesco. Per l’Italia i problemi visti da Washington – una crescita 2019 prevista allo 0,6 per cento, circa la metà di quanto previsto dal governo italiano –  nascono altrove, dato che nel rapporto si parla esplicitamente di “preoccupazioni relative a rischi finanziari e relativi al debito pubblico”. Come dire che la strategia scelta dal governo italiano di andare a un iniziale aspro confronto con l’Europa sulla legge di bilancio per il 2019 sembrano aver lasciato tracce nei dati macroeconomici ancora prima dell’approvazione di una versione annacquata del disegno di legge presentato ai primi di settembre. Come si è visto nel drammatico peggioramento degli indici di fiducia delle imprese e nelle opinioni dei manager responsabili degli acquisti del secondo semestre 2018, il mero annuncio di politiche economiche inadeguate può avere effetti molto reali sull’economia anche prima della loro approvazione. Quindi i segni meno osservati nel secondo semestre 2018 non sono stati una gran sorpresa per chi fosse disposto a leggere i dati che si sono resi via via disponibili.

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Potrebbe andare anche peggio di così ….

Nel suo rapporto il Fondo monetario prova anche a sollevare la domanda più importante: e ora che succede? La risposta è che il rischio che le cose vadano peggio di quanto indicato nelle stime di inizio anno è concreto. A pesare sui dati dei prossimi mesi c’è l’incognita di una Brexit al buio, cioè senza accordo, per ora prudentemente non contabilizzata nelle stime dell’istituto di Washington. E c’è anche il rischio di un ulteriore avvitamento della guerra dei dazi tra America e Cina che si ramificherebbe in giro per il mondo contribuendo a pregiudicare la convenienza delle catene globali di creazione del valore delle multinazionali. Insomma: malgrado gli appelli delle istituzioni multilaterali (del Fondo, ma non solo), Usa e Cina potrebbero non risolvere le loro controversie commerciali, l’Europa potrebbe ripiegarsi verso la protezione del (non più) esistente sotto le spinte dell’euroscetticismo e il Regno Unito potrebbe decidere davvero di andarsene dall’Europa, allargando di molto la Manica. Non è uno scenario impossibile. E sarebbe drammatico.

… Ma ci sono le banche centrali

Eppure, nascosto nelle pieghe delle stime del Fondo si possono trovare elementi che potrebbero indurre a maggiore ottimismo. Il rallentamento tedesco potrebbe essere solo temporaneo. E il governo italiano – nella versione della legge di bilancio approvata in fretta e furia dal Parlamento a fine anno – è addivenuto a più miti consigli. In ogni caso, il rallentamento dell’economia mondiale – in particolare se più pronunciato di quanto visto fino a questo momento – è monitorato con grande attenzione dalle banche centrali. E così rimane che, di fronte all’incapacità della politica di risolvere i problemi (ammettiamolo: complessi), le banche centrali hanno pur sempre l’opzione di schiacciare il freno sul processo di normalizzazione delle politiche monetarie annunciato e intrapreso da qualche tempo. La Federal Reserve potrebbe rallentare il passo nell’aumento dei tassi rispetto a quanto riportato nelle tabelle del Fondo monetario. E anche la Banca centrale europea potrebbe riconsiderare la scelta di portare a conclusione il suo piano di acquisto di titoli iniziato nel marzo 2015. Non sarebbe la soluzione del problema, ma almeno una sua attenuazione e un rinvio a domani. Di sicuro, a giudicare dal ritorno dell’ottimismo sui mercati di inizio anno, le borse e gli investitori hanno già cominciato ad aggrapparsi agli scenari di speranza.

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  1. Savino

    Potrebbero esserci ulteriori preoccupazioni legate all’instabilità del quadro politico italiano, alle contraddizioni e alle inopportunità presenti nelle misure economiche approvate, alla tempistica inappropriata delle esternazioni sbarazzine dei due vicepremier.

    • Sergio Capaldi

      Egregio Prof. Daveri, è vero secondo l’aggiornamento all’outlook dell’IMF non c’è recessione nel 2019. detto ciò a me non risulta che l’IMF sia mai riuscito a prevedere una recessione. la capacità delle variabili “finanziarie” (indici azionari o pendenza della curva solo per citarne due) di segnalare i rischi è molto più elevata ed il segnale molto più tempestivo. L’IMF svolge un po’ il ruolo del Notaio ma come previsore è un po scarsino. Considerando che il rallentamento della Cina è strutturale e che a differenza del 2016 gli spazi per accomodare il rallentamento in Eurozona sono limitatissimi dalla size del bilancio ECB e dal livello dei tassi già negativi, non mi sento di condividere il tono tutto sommato rassicurante del suo articolo anche se, come sempre, ben scritto.

  2. Lucio Malfi

    Una pignoleria terminologica. Dire che la diminuzione del tasso di crescita del Pil del mondo nel 2019 dal 3,7 per cento al 3,5 per cento è “una limatina dello 0,20 per cento” non è del tutto preciso. Si tratta di una riduzione di 0,2 punti percentuali o, con linguaggio più moderno, di 20 punti base. Una corretta riduzione dello 0,2 per cento avrebbe comportato un tasso di crescita dello 3,69 per cento: 3,7 – ((3,7*0,2)/100).

  3. Marcomassimo

    Un sistema economico-sociale globale, quello presente come quelli del passato storico, non ha solo problemi di congiuntura; ha pure problemi di sostenibilità sociale e politica; da un lato abbiamo lo shutdown americano e le probabili beghe di Trump coi Democratici che presumibilmente sono solo agli inizii; dall’altro abbiamo le elezioni europee e possiamo solo immaginare il casino del prossimo parlamento europeo; ne consegue che sperare fa sempre bene, però pare che a gennaio sia ancora presto per dire che “tutto va bene madama la marchesa”; anzi pare che alcune delle contraddizioni intrinseche del sistema; come per dirne una, l’incremento delle diseguaglianze, stiano per venire al pettine proprio nel corso del 2019.

  4. Davide K

    Considerato che, a quanto mi risulta, l’Italia cresce sensibilmente meno della media europea almeno da metà anni ’90, pensate sia possibile analizzare l’andamento di questo “spread” di crescita nel corso del tempo?
    In particolare: le errate misure di politica economica intraprese dall’ultimo governo, al momento in che misura stanno impattando in tal senso?
    Al contrario, qualcosa di visto in questi ultimi 20/25 anni è servito a migliorare la situazione?
    Grazie

  5. Pier Giuseppe Fontanili

    Purtroppo siamo al “metadone” finanziario. Ma disintossicazione è lontana e chissà mai se la nostra generazione (Baby Boomers) la vedrà mai. Ma ciò che mi preoccupa di più è la crisi della politica a livello globale. Se non reagiamo da uomini “liberi e forti” (don Sturzo docet) andremo sempre più in declino.

  6. toninoc

    Illustrissimo Prof. Daveri, le previsioni del FMI, secondo molti e autorevoli rappresentanti del governo nostrano, non sono attendibili perché negli ultimi decenni, sempre secondo gli “esperti” suddetti, NON NE HANNO AZZECCATA UNA.
    In verità non ho sentito né il ministro Tria e tantomeno il Prof. Savona fare quelle affermazioni e qualcosa vorrà pur significare.
    Per i conduttori del Vapore Italia, i nostri problemi sono gli schiavisti francesi che depredano l’Africa ed i centri di accoglienza dei migranti che inquinano la razza europea. I sempre più NUMEROSI POVERI che hanno difficoltà, quando non impossibilità, a pagare le bollette a fine mese NON SONO un problema. Ci penseranno i “ NAVIGHETOR ” del governo del cambiamento con soluzioni a domicilio .

    • Marcomassimo

      Indubbiamente il sistema globale ha accumulato nel tempo notevoli squilibri sociali e finanziari; bisogna dire pure che ha dimostrato una resilienza abbastanza superiore a quanto ci si potesse aspettare. Però, travalicando l’analisi spiccia delle congiunture, 5000 anni di Storia ci dimostrano che ad un certo punto i tappi saltano e i nodi delle contraddizioni intrinseche nei processi vengono al pettine; però, è un pò come per il Vesuvio, può essere domani come tra un secolo e oltre.

      • Davide

        Direi che la resilienza potrà essere valutata non prima della prossima recessione.
        Anche prima del 2007/8 per gli “esperti” andava tutto bene, e gli squilibri non erano poi sto granchè.
        Abbiamo visto come sia andata.

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