L’esperienza spagnola
Nel novembre 2012 per acquisire, e successivamente liquidare, il portafoglio di attività finanziarie e immobiliari che appesantivano i bilanci delle banche salvate con i soldi dei contribuenti spagnoli, è stata creata in Spagna la Sareb (Sociedad de Gestión de Activos Procedentes de la Reestructuración Bancaria). Allora era ancora possibile e l’Unione Europea concesse al governo spagnolo un prestito di 100 miliardi di euro per risollevare le sorti di quelle attività. Alla bad bank furono trasferiti 200 mila attivi, per un valore complessivo di 50,7 miliardi di euro, costituiti per il 20 per cento da immobili pignorati a famiglie e la restante parte da prestiti a operatori economici che non erano riusciti a onorare i loro impegni a causa della crisi del mercato immobiliare.
Un gioco a somma positiva
Le strategie messe in atto da Sareb per la gestione degli attivi che avevano come collaterali immobili hanno alcune similitudini con quelle della bad bank irlandese Nama. Fin dal l’inizio della sua attività, al ricorso alle procedure giudiziali, Sareb ha affiancato la sperimentazione di percorsi extragiudiziali per recuperare i suoi crediti. Particolarmente importante è stata la promozione, nell’ottobre del 2013, del Plan de oportunitad 2013. Lo strumento è restato operativo per pochi mesi, ma ha contribuito a impostare quello che sarebbe stato il modus operandi della bad bank anche per il prosieguo della sua attività. L’applicazione del piano dava, a un operatore immobiliare di dimensione piccola o media, l’opportunità di proporre alla bad bank (che però avrebbe potuto rifiutare l’offerta) l’estinzione del suo debito pagando in un’unica rata un importo maggiore di quello sborsato da Sareb per acquisirlo. I fondi necessari li avrebbe ricavati vendendo a un prezzo scontato, rispetto al loro valore di mercato, gli immobili che costituivano il collaterale del finanziamento inizialmente ricevuto dalla banca.
Al di là della perdita accusata dalla banca nel trasferire a Sareb i suoi crediti deteriorati per cifre inferiori a quelle registrate a bilancio, per il resto le operazioni concluse ricorrendo a quello strumento configurano un gioco a somma positiva, in cui tutti i giocatori traevano un vantaggio: le piccole e medie imprese del settore costruzioni potevano salvarsi e chiudere le loro esposizioni con Sareb con uno sconto rispetto agli importi dei debiti accumulati con le banche; Sareb recuperava i suoi crediti in tempi molto più rapidi di quelli che avrebbe impiegato con le procedure esecutive, incassando cifre più altre di quelle pagate alle banche e probabilmente più alte anche di quelle che avrebbe ricavato con le vendite all’asta; gli acquirenti acquistavano le abitazioni a prezzi più convenienti; e poiché erano prezzi più bassi di quelli di mercato, le operazioni acquisivano anche un’impronta sociale in quanto consentivano l’accesso alla casa anche alle famiglie meno abbienti.
Una bad bank prolifica
La struttura del Plan del 2013 è stata mutuata successivamente nei Planes de dinamización de ventas. La differenza principale tra i due strumenti è che gli accordi dei Planes attribuiscono alla bad bank il compito di vendere gli immobili; per il resto funzionano sostanzialmente come il piano del 2013. Il 24 per cento degli acquirenti degli alloggi venduti da Sareb nel 2017 sono state persone giuridiche; la società può negoziare anche con fondi di investimento la cessione di stock di immobili e di crediti.
In sostanza, Sareb ha la possibilità di comportarsi come un operatore di mercato, che può svolgere un ventaglio ampio di interventi e di iniziative per ricavare il massimo dalla gestione dei suoi attivi. La flessibilità operativa concessa alla bad bank spagnola va ben oltre la ristrutturazione dei crediti e la vendita degli immobili, dal momento che le consente anche di realizzare nuovi edifici, svolgere attività di promozione urbanistica, funzionare da agenzia immobiliare per la locazione e l’intermediazione delle compravendite. E non solo nel comparto residenziale, ma anche in altri settori del mercato immobiliare.
Per massimizzare il ricavo del disinvestimento degli attivi tossici, al momento del loro salvataggio con fondi pubblici, fu imposto alle banche che li cedevano di trasferire a Sareb anche altri crediti in bonis e le società immobiliari direttamente o indirettamente controllate che la bad bank considerava utili per raggiungere l’obiettivo. Inoltre, a Sareb è consentito creare uno o più Fab (Fondo de Activos Bancarios): si tratta sostanzialmente di piccole bad bank, alle quali trasferire parti dei suoi attivi, che operando in deroga al diritto commerciale e alla normativa fiscale ordinaria godono di particolari vantaggi che possono aiutare nella vendita degli immobili e degli altri attivi.
I risultati
Malgrado le iniziali difficoltà di bilancio registrate da Sareb, la strategia adottata sembra dare risultati adeguati a raggiungere l’obiettivo del totale disinvestimento dell’attivo entro il 2027. Un suo rapporto pubblicato a marzo del 2019 stima che l’ampio ventaglio di attività realizzate ha contribuito per lo 0,41 per cento al prodotto interno lordo spagnolo tra il 2013 e il 2018. In quel periodo la società ha rimborsato il 29,6 per cento, cioè circa 15 miliardi di euro, dell’importo delle obbligazioni senior emesse per l’iniziale acquisizione del suo attivo. Ai sottoscrittori dei titoli emessi da Sareb sono state pagate cedole per circa 4,8 miliardi di euro, mentre il settore pubblico ha incassato 1.068 milioni di euro di imposte e tasse. I 17.345 debitori iniziali della bad bank erano diventati 13.239 alla fine del 2018; a quella stessa data erano stati venduti circa 90 mila immobili ed erano 4.600 quelli affittati. Sul versante sociale sono stati creati 40.760 posti di lavoro e 4 mila abitazioni sono state destinate a edilizia sociale.
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