Il decreto sbloccacantieri punta a ridurre i tempi di realizzazione delle infrastrutture, agendo sulle procedure amministrative. Ma il cortocircuito tra indicazioni del ministero e nuova regolazione delle concessioni autostradali rischia di vanificarlo.

Gronda di Genova bloccata

L’Italia è uno dei paesi che più ha compresso la spesa pubblica in conto capitale negli ultimi decenni. Ciò ha generato un significativo rallentamento nella realizzazione di infrastrutture, spesso di natura trasportistica, di cui il sistema economico sembrerebbe invece aver bisogno. Naturalmente, l’insieme delle opere previste nella ormai famigerata Legge obiettivo del 2001 è lungi dall’essere convincente, ma la rilevanza di questi investimenti, al netto di eventuali analisi costi-benefici, è fuor di discussione.

Il recente “decreto sbloccacantieri”, nel rendere più flessibili le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, si proponeva di ridurre i tempi di realizzazione, agendo non tanto sui vincoli di bilancio pubblico, quanto sulle procedure amministrative. L’obiettivo, figlio anche dell’esigenza di sostenere la domanda aggregata e, dunque, la crescita, rischia ora di subire una battuta d’arresto, almeno per alcune opere, che deriva da un cortocircuito tra le indicazioni espresse dal ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti e la nuova regolazione delle concessioni autostradali.

È di pochi giorni fa la notizia che il ministro Danilo Toninelli avrebbe dato indicazione di accantonare (probabilmente, per il momento) il progetto della cosiddetta Gronda di Genova, un’opera che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe alleggerire il traffico di veicoli che attanaglia la città. I motivi della decisione non andrebbero ricercati in una nuova analisi costi-benefici, come è accaduto nel caso della Tav e, inizialmente, del Terzo valico, bensì nelle procedure che si penserebbe di avviare contro Autostrade per l’Italia (Aspi) dopo il disastro del Ponte Morandi.

La Gronda sarebbe infatti prevista nel Piano economico e finanziario dell’aggiornamento della concessione di Aspi, contratto che, in base alle dichiarazioni dei ministri Di Maio e Toninelli, il governo intenderebbe aggredire.

Conflitti pericolosi

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Al di là delle ragioni d’opportunità politica, che non rilevano in questa sede, mi sembra che si possano svolgere due considerazioni, da cui trarre un’indicazione specifica.

La ragione per il congelamento di un’opera importante sembrerebbe essere amministrativa, certamente rilevante, ma non insormontabile. Se si portasse (almeno temporaneamente) l’opera fuori dal Piano economico e finanziario di Aspi e se ne rimodulasse il finanziamento, si andrebbe comunque incontro alle esigenze del territorio, senza rinunciare alla giusta cautela amministrativa e nell’attesa di risolvere la questione squisitamente contrattuale con Aspi o, eventualmente, con il nuovo concessionario.

In secondo luogo, con la decisione di Toninelli diventa concreto il rischio di conflitti tra processo decisionale su opere autostradali e regolazione. Proprio a seguito del disastro del Ponte Morandi, con il “decreto Genova”, il governo ha attribuito all’Autorità di regolazione dei trasporti la competenza su tutte le concessioni autostradali. L’orientamento dell’Autorità è ora quello di rendere omogenei tutti gli schemi di regolazione tariffaria in vigore (oggi sono sei), introducendo un meccanismo di tipo price-cap in cui l’efficientamento è calcolato con tecniche statistiche di stima della frontiera stocastica di efficienza e il costo del capitale è definito da procedure statistiche trasparenti e non più soggetto a negoziazione.

Lo schema è innovativo e condivisibile, ma rischia di incepparsi. La sua applicazione alle concessioni in corso è infatti alquanto controversa e potrebbe produrre un contenzioso che, anche sulla scorta della decisione di accantonare il progetto della Gronda, potrebbe comportare un rallentamento significativo nell’esecuzione di opere inserite nei Piani economici e finanziari dei contratti di concessione per un motivo simile, sebbene brandito dalla controparte privata: l’incertezza regolatoria. In altre parole, le concessioni in corso, pur avendo uno schema di regolazione tariffaria vagamente ispirata al price-cap, hanno storicamente definito i parametri-chiave (efficientamento e costo del capitale) in maniera molto diversa. La nuova regolazione definita dall’Autorità andrebbe a innestarsi su contratti di concessione che, invece, facevano riferimento a un altro quadro regolatorio, così da generare conflitti ed eccezioni. In tale contesto, la realizzazione delle opere previste nei Piani economici e finanziari potrebbe essere rallentata, anche volutamente, nell’attesa di risolvere gli eventuali contenziosi aperti, questi, dai concessionari.

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In questo quadro, l’indicazione da trarre nel caso della Gronda è che i principi e gli obiettivi espressi dallo Sbloccacantieri si scontrano con un quadro di potenziale incertezza nello schema di regolazione autostradale da applicarsi alle concessioni in essere.  A farne le spese potrebbero essere proprio gli investimenti infrastrutturali, la cui realizzazione potrebbe essere sospesa o rallentata nell’attesa di definire meglio i contorni dei contratti di concessione.

* L’autore è esperto (prima Nars – Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità, ora Nuvv- Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici) presso il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (Dipe) della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le opinioni espresse nell’articolo sono, però, da intendersi come strettamente personali.

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