La Bce sembra operare in un nuovo regime di politica monetaria: il target temporaneo del livello dei prezzi. Segnala così la disponibilità a tollerare deviazioni dell’inflazione al di sopra dell’obiettivo del 2 per cento. Ed è un passo molto significativo.
Le parole del presidente
Nella sua riunione del 25 luglio la Banca centrale europea, pur non prendendo decisioni fattuali sui propri strumenti, ha certamente comunicato un quadro di forte disponibilità ad adottare misure monetarie espansive nel futuro, una strategia tesa a orientare al rialzo le aspettative di inflazione.
Di particolare interesse è la dichiarazione ad agire “in linea con il proprio impegno simmetrico sull’obiettivo d’inflazione”. “Simmetrico” è nuova terminologia sulla quale il presidente Mario Draghi insiste da qualche tempo e che segnala, seppur informalmente, un cambiamento importante nel regime di politica monetaria della Bce. Tutto ciò, però, non senza qualche punto di incertezza.
Il target di inflazione della Bce è infatti, secondo statuto, asimmetrico intorno al 2 per cento. Il ben noto “vicino, ma al di sotto del 2 per cento” significa che l’obiettivo stesso può, in linea di principio, essere raggiunto solo dal basso, suggerendo che convergere al 2 per cento “dal di sopra” non è considerato desiderabile. Nonostante la dicitura formale, la Bce insiste nel segnalare di essere disposta a tollerare anche periodi di inflazione al di sopra del 2 per cento e perciò raggiungere il target da statuto nel medio periodo.
Il target temporaneo del livello dei prezzi
Di fatto, la Bce sembra operare, seppur implicitamente, in un nuovo regime di politica monetaria che potremmo definire (seguendo una dicitura suggerita di recente da Ben Bernanke) target temporaneo del livello dei prezzi. In generale, è importante comprendere la distinzione tra due regimi apparentemente simili, ma in realtà molto diversi tra loro:
(a) target del tasso di inflazione (cioè il regime normale della Bce)
(b) target del livello dei prezzi.
La differenza è sottile, ma cruciale. Mentre nel primo caso si mira a mantenere costante il tasso di crescita del livello dei prezzi (l’inflazione), nel secondo l’obiettivo è mantenere costante il livello dei prezzi. Quando l’obiettivo è mantenere costante il livello dei prezzi, la banca centrale deve impegnarsi a compensarne le diminuzioni passate. Ciò comporta un impegno ad alternare periodi di inflazione al di sotto del target con periodi di inflazione al di sopra del target.
La figura 1 aiuta a chiarire. Supponiamo che l’inflazione, ad esempio per una contrazione di domanda, si abbassi oggi all’1 per cento (deflazione iniziale), quindi al di sotto del target della Bce. Da oggi in avanti esistono due sentieri temporali alternativi che l’inflazione può seguire per raggiungere nuovamente il target del 2 per cento. Il primo (caso a), coerente con il regime corrente di target d’inflazione, consiste nel convergere gradualmente nel tempo al 2 per cento dal basso. Il secondo sentiero (caso b), coerente con il regime di target del livello dei prezzi, comporta un impegno a eccedere il target del 2 per cento per un certo periodo di tempo, per convergere al target successivamente e con gradualità. La differenza principale è che nel caso (b) la caduta del livello dei prezzi avvenuta in passato viene compensata con un’accelerazione dell’inflazione al di sopra del 2 per cento, cosa che normalmente non avviene in un regime di target d’inflazione.
Il beneficio principale di un target sul livello dei prezzi è che in caso di shock deflazionistici che avvicinino l’economia al limite zero dei tassi di interesse gli agenti dovrebbero orientare immediatamente al rialzo le aspettative di inflazione, perché anticipano che esiste un impegno esplicito della banca centrale a creare inflazione in eccesso del target in futuro. Le aspettative di maggiore inflazione futura, con tassi nominali a zero o vicini allo zero, sono espansive per la domanda di consumo e investimento, perché abbassano i tassi di interesse reali. I costi di un target sul livello dei prezzi, invece, sono essenzialmente due. Innanzitutto, è un obiettivo più difficile da comunicare. In secondo luogo, è una politica che in caso di shock opposti, cioè inflazionistici (ad esempio un aumento del prezzo del petrolio), richiede di creare oggi aspettative di recessione futura, per generare oggi aspettative di deflazione.
Per evitare i costi e mantenere i benefici di tale regime un’ipotesi (avanzata da Bernanke) è quella di adottare un target del livello dei prezzi solo temporaneo. Cioè da applicarsi solamente nel caso in cui l’economia subisca shock deflazionistici che avvicinino al limite zero dei tassi di interesse, situazione nella quale tipicamente la banca centrale vede restringersi fortemente il proprio margine di intervento.
Figura 1
Preoccupata dalla persistenza dell’inflazione sotto il target e dal vincolo dei tassi a zero, la Bce sembra oggi proprio condurre una politica di target del livello dei prezzi temporaneo. È però una forma ancora incerta e “soft” di questa politica. Perché non è accompagnata da un impegno esplicito a portare l’inflazione al di sopra del 2 per cento per un certo periodo di tempo (come il target del livello dei prezzi richiederebbe), ma solo (almeno per ora) da un generico (e non così trasparente) vincolo di simmetria. Di fatto è come se la Bce avesse temporaneamente sospeso la propria terminologia ufficiale di “al di sotto ma vicino al 2 per cento”.
Evitare la deriva giapponese
Si tratta di un passo in avanti utile, e molto significativo, anche se non immediatamente visibile ai più. Bisogna però comprendere che un target temporaneo del livello dei prezzi è regime diverso da un target di inflazione simmetrico. Nel primo caso, esiste un obbligo esplicito a far crescere l’inflazione al di sopra del target per un certo periodo di tempo (al fine di mantenere il livello dei prezzi costante o in linea con un certo trend). Nel secondo caso, e in modalità più morbida, la banca centrale non prende nessun impegno, ma segnala una disponibilità a tollerare anche deviazioni dell’inflazione al di sopra del target. Queste sfumature sono significative perché possono influenzare le aspettative di inflazione in modo più o meno efficace. Per ora la Bce, in una comprensibile ottica di prudenza, sembra aver adottato la versione soft. Ma ciò non toglie che stia continuando ad aggiornare in modo importante la propria condotta, per evitare una definitiva deriva giapponese per la zona euro.
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