Lavoce.info

Più crescita e occupazione se la giustizia è rapida

Una giustizia civile più efficiente vale circa 18 miliardi l’anno e un aumento dell’occupazione del 3 per cento. Nell’attesa di una riforma strutturale si potrebbe far tesoro di due progetti pilota basati sull’adesione volontaria a modelli di mediazione.

La giustizia lenta danneggia l’economia

Nelle Considerazioni finali alla Relazione annuale del 2011, l’allora governatore della Banca d’Italia Mario Draghi sosteneva: “Va affrontato alla radice il problema di efficienza della giustizia civile: la durata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i 1.000 giorni e colloca l’Italia al 157esimo posto su 183 paesi nelle graduatorie stilate dalla Banca Mondiale”; e continuava: “nostre stime indicano che la perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti della nostra giustizia civile potrebbe giungere a un punto percentuale”, pari oggi a circa 18 miliardi.

Dal 2011 la situazione non è cambiata di molto. Nel 2019, gli esperti della Banca Mondiale stimano che in Italia occorrono ancora 1.120 giorni per recuperare un credito commerciale collocando il nostro paese al 111esimo posto su 190 (il miglioramento nella classifica generale rispetto al 2011 è dovuto principalmente a un cambiamento dei criteri di calcolo). Mentre la Spagna registra 510 giorni e la Germania 499. Con diversi criteri di calcolo, gli esperti della Commissione europea per l’efficienza della giustizia (Cepej) del Consiglio d’Europa calcolano in 514 giorni la durata di un processo civile di primo grado in Italia contro i 282 giorni in Spagna e i 196 giorni in Germania. Con un po’ di approssimazione, i nostri processi durano, di media, circa il doppio rispetto a paesi simili al nostro.

Tutti gli ultimi governi hanno commesso l’errore di non considerare la gravissima inefficienza della giustizia civile come un’emergenza nazionale che ha forti ripercussioni negative sull’economia. Un’emergenza che non si può risolvere con interventi meramente di carattere giuridico-processualistico. Nelle commissioni che si sono occupate di riforme del settore, quasi mai sono stati presenti economisti e rappresentanti delle imprese. Una vasta letteratura economica ha invece ampiamente provato gli effetti dei sistemi giuridici sulle politiche d’impresa.

Un esempio su tutti. Nel 2015, nel distretto di Napoli le iscrizioni presso i giudici di pace delle cause di “risarcimento danni da circolazione” rappresentavano il 44 per cento di tutte le iscrizioni nazionali (61.023 su un totale nazionale di 136.474) contro l’8 per cento del distretto di Roma (12.024) e il 2 per cento di quello di Milano (3.372 iscrizioni). È evidente che il mancato contrasto al fenomeno che si concentra nella zona di Napoli ha una ripercussione negativa sui premi assicurativi delle polizze Rc-auto in tutta Italia (e in primo luogo sui napoletani).

Banche e investitori sono restii a prestare denaro a imprese che non sono tutelate da un sistema giudiziario efficiente. Per esempio, Vincenzo Pezone, un economista italiano del Research Center Safe della Goethe University, ha pubblicato un importante lavoro scientifico in cui stima che una riduzione di solo il 10 per cento della durata dei processi civili in Italia potrebbe spingere le imprese ad aumentare la forza lavoro dal 2,9 al 3,6 per cento. Pezone inoltre stima che un quarto del gap della disoccupazione tra Nord e Sud deriva dall’inefficienza della giustizia civile nelle due aree del paese.

Due esperienze pilota

Grazie alla mia esperienza quotidiana di esperto del Cepej a Strasburgo e di risoluzione extragiudiziale di controversie civili, vorrei indicare alcune semplici soluzioni, basate sui risultati di due “progetti pilota”, che potrebbero essere facilmente inserite nella prossima legge di bilancio.

Da cinque anni, l’Italia sperimenta in un circoscritto ambito del contenzioso civile, pari al solo 10 per cento del totale, un modello ibrido di mediazione. Le parti assistite dai loro legali possono scegliere volontariamente di iniziare un percorso di mediazione dopo la partecipazione obbligatoria a un primo incontro di mediazione (al costo di 40 euro) entro 30 giorni dal deposito dell’istanza. In queste materie, le iscrizioni nei tribunali sono diminuite in media del 35 per cento. A seguito del primo incontro, in cui i litiganti e i loro avvocati si incontrano in campo neutro al di fuori dei tribunali, le parti trovano volontariamente un accordo in quasi il 50 per cento dei casi con l’aiuto di un mediatore terzo neutrale. Nel 2018, oltre 20 mila accordi stragiudiziali sono stati raggiunti grazie alla mediazione. Di contro, l’esperimento della negoziazione assistita nel settore civile e dell’arbitrato nel corso del processo hanno avuto risultati insignificanti. Una prima soluzione è quindi quella di ampliare gradualmente il ricorso al primo incontro di mediazione ad almeno la metà del contenzioso civile: controversie derivanti da contratti e obbligazioni varie (circa 91 mila cause all’anno), da responsabilità extra-contrattuale (circa 38 mila cause) e le poche migliaia di competenza dei tribunali delle imprese. In questo ambito l’Italia sta facendo scuola in Europa. Il Cepej del Consiglio d’Europa ha adottato nella sua ultima riunione a Strasburgo il 13 e 14 giugno scorso l’European Handbook for Development of National Legislation on Mediation insieme alle Guidelines on designing and monitoring mediators training schemes. Entrambi i documenti riprendono il successo dell’esperienza pilota adottata in Italia.

Il secondo intervento mira invece a deflazionare l’enorme contenzioso civile pendente estendendo in tutti i tribunali d’Italia la sperimentazione del progetto “Giustizia semplice 4.0” attuato con successo per oltre un anno nel tribunale di Firenze e che qualche settimana fa ha vinto il premio al Forum della pubblica amministrazione nella categoria “Giustizia, trasparenza, partenariati”. Il progetto prevede l’affiancamento ai giudici del tribunale di Firenze di borsisti universitari (dotati di specifiche competente in ambito di mediazione). I borsisti forniscono al giudice tutti gli elementi necessari per un’adeguata valutazione della negoziabilità e mediabilità della lite e una proposta di provvedimento di mediazione. Anche qui, nel 55 per cento dei casi, le parti in lite hanno trovato volontariamente un accordo stragiudiziale.

L’estensione dei due progetti pilota, sperimentati con successo negli ultimi anni, contribuirebbe significativamente all’efficienza della giustizia civile e di conseguenza alla crescita dell’economia italiana.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Precedente

Conte gialloverde

Successivo

Due obiezioni sull’autonomia differenziata

  1. Savino

    A tutt’oggi non ci sono provvedimenti e non vengono fornite ai cittadini informazioni sufficienti per scoraggiare l’ardua impresa di affrontare le traversie di un processo civile dal controvalore economico di poca entità. Oggettivamente, se due parti si contendono un valore economico inferiore ai 50-60.000 Euro (con ritocco persino al rialzo di questo tetto cifrale) non vale la pena la citazione in giudizio o le modalità di ricorso (per decreto ingiuntivo, ad esempio). Occorre avviare e consolidare una prassi semplice e trasparente, che scongiuri in molti casi di portare le liti dinnanzi ai giudici e che eviti ulteriori ingolfamenti dei tribunali. Per fare ciò sono molto importanti la deontologia professionale forense (per evitare aggravi subdoli da parte degli avvocati) ed una presa di coscienza della cittadinanza nel capire che orgoglio personale e giustizia civile sono due cose distinte.

  2. Michele

    un articolo che da speranza! Ci vuole di sti tempi

  3. Lantan

    Si conferma quello che dicono alcuni (inascoltati) esperti del sistema giudiziario civile e penale, tra i quali il giudice Davigo: il problema in Italia non è costituito dai “processi lunghi”; il problema è che di processi se ne fanno troppi! E questo è vero sia nel Penale che, come ricorda D’Urso, nel Civile. Troppi processi ingolfano la macchina giudiziaria che non riesce a smaltire l’enorme contenzioso con la conseguenza di allungare a dismisura la tempistica processuale. La baracca va se di processi se ne fanno un decimo di quelli che attualmente vengono istruiti! Quindi largo spazio a patteggiamenti, mediazione, e riti alternativi vari in modo tale da riservare l’istruzione del processo (primo grado, Appello, Corte suprema) solo ai casi più difficili o più gravi.

  4. Alberto

    Articolo dettagliato che descrive in modo minuzioso quali potrebbero essere dei rimedi, a costo praticamente inalterato, per accelerare la macchina della giustizia, renderla efficiente e garantire allo Stato miliardi di euro di risparmi. Eppure, ricordo ancora con tristezza una recente audizione in commissione giustizia, durante la quale chi ha il potere esecutivo disse che le statistiche ministeriali (dunque le sue) sulla efficienza della mediazione non gli interessavano, perché lui, alla cruda verità dei numeri, preferiva dare soddisfaziaone alla esigenza dei cittadini che vogliono rivolgersi ai giudici.
    Tanto, poi, i soldi che lo Stato spreca non sono i suoi ma quelli degli stessi cittadini che dice di voler assecondare

  5. La mediazione civile e commerciale sta crescendo. Nel 2018 è stato realizzato il maggior numero di accordi di sempre. E, dal 2015 in poi, è la magistratura l’elemento trainante di questa crescita. Di particolare importanza le esperienze del Tribunale Roma, Civile, Sez. XIII; Tribunale ed Università di Firenze; Tribunale ed Università di Bari. Se queste sinergie (Tribunale, Università, stagisti) si potessero replicare in altre città, la spinta sarebbe ancora maggiore. Ancora meglio se si ampliasse il numero delle materie, per le quali la mediazione fosse condizione obbligatoria di procedibilità.

  6. Carmen

    Consapevole dei tempi biblici della giustizia italiana, nel 2011, appena un anno dopo l’introduzione dell’innovativo per l’Italia istituto della mediazione, utilizzai questo strumento per risolvere in appena sei mesi una causa di divisione ereditaria che di norma si risolve in 10 anni. A tutt’oggi 2019 (8 anni dopo) aspetto ancora di ricevere la comunicazione dell’Agenzia delle Entrate del credito d’imposta che mi spetta in base alla normativa vigente per aver contribuito, con il mio comportamento virtuoso, a non ingolfare il sistema giudiziario. Il Ministero di Giustizia non ha mai previsto le risorse finalizzate a tale scopo e dubito che mai lo farà. Siamo un paese dove le norme sono sistematicamente disattese dallo stesso Stato che le prevede: ti dà in teoria un incentivo sapendo che mai te lo concederà di fatto, prendendoti sostanzialmente in giro. La mediazione è un fallimento del diritto perché significa che lo Stato rinuncia alla sua funzione primordiale di garantire il riconoscimento di un diritto stabilito per legge a favore di un individuo al quale sostanzialmente dice: arrangiati da solo perché io non sono in grado. Il punto è un altro: il grado di litigiosità degli italiani. Basterebbe prevedere una multa esemplare a chi intenta una causa manifestamente infondata e pretestuosa o modificare il meccanismo di definizione delle parcelle degli avvocati: non per udienze ma per valore delle cause. Avranno fretta loro per primi di terminare il processo.

  7. La relazione tra efficienza della giustizia e crescita economica è scientificamente provata, anche da una ricerca piuttosto recente, che dimostra come gli ADR (e della mediazione) possano creare esternalità positive.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén