Il governo ha fatto della lotta all’utilizzo del contante uno dei punti forti della strategia contro l’evasione fiscale. Ma i dati dimostrano che gli italiani amano ancora molto la moneta fisica. Forse sarebbe necessario un nuovo rapporto stato-cittadini.
Uno strumento di lotta all’evasione
Nella recente manovra di bilancio, grazie alle misure di contrasto all’evasione fiscale introdotte con il Dl 124/2019, si prevede il recupero di 3 miliardi di euro nel 2020, che saliranno a 3,7 nel 2021 e 3,5 nel 2022.
Uno dei modi attraverso cui si spera di raggiungere gli obiettivi è quello dell’incentivo all’utilizzo di forme di pagamento alternative al contante (e quindi tracciabili), una misura che ha creato problemi in seno alla maggioranza ed è stata al centro della discussione politica per diverso tempo. Rimane però un certo grado di incertezza sui numeri effettivi relativi al contante, motivo per cui Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, ha dedicato al tema una parte del suo intervento nell’ambito delle audizioni preliminari all’esame della legge di bilancio per il triennio 2020-2022, aiutando a fare chiarezza. Vediamone i punti principali.
Tanto, troppo contante
Nella sua relazione, Pisauro fa riferimento a uno studio della Bce del novembre 2017, che mostra come nel nostro paese ci sia troppo contante in circolazione, specialmente rispetto ad altri paesi europei: l’86 per cento delle transazioni, pari al 68 per cento del valore, avvengono in contante, contro una media del 79 per cento (54 per cento del valore) nell’area euro.
Figura 1 – Quota di utilizzo del contante nell’area dell’euro
Fonte: tutti i grafici di questo articolo riportano elaborazioni sui dati dell’Indagine Study on the use of cash by households della Banca centrale europea. Nel grafico non sono riportate le statistiche relative a Germania e Paesi Bassi perché i dati elementari derivano da indagini equivalenti condotte dalle rispettive banche centrali non riportati nel dataset Bce.
Figura 2 – Accesso ad altri strumenti (Italia)
Come riporta la Banca d’Italia, la scelta di utilizzare il contante come mezzo di pagamento dipende anche dalla disponibilità di strumenti alternativi, che può derivare sia dall’offerta (possibilità del venditore/fornitore di accettare strumenti diversi dal contante) sia dalla domanda (accesso del compratore agli strumenti alternativi).
Nel primo caso, mancano strumenti alternativi per il 39,1 per cento, contro una media europea del 31,2 per cento.
Per quanto riguarda la domanda, in 12 dei 19 paesi dell’area euro la diffusione delle carte di pagamento è superiore al 90 per cento. Tra questi non c’è l’Italia, che con il suo 89 per cento si piazza al di sotto della media dell’area euro (93 per cento). I risultati della ricerca Bce mostrano anche che se gli individui potessero scegliere la modalità di pagamento, il 39 per cento preferirebbe il contante (percentuale che al Sud Italia arriva al 52,5 per cento). In Francia, per esempio, è stata osservata una netta preferenza per le carte e gli altri strumenti (66 per cento). Come si può evincere dalla figura 3, i motivi che portano a preferire l’una o l’altra modalità di pagamento sono svariati, eppure paradossalmente simili tra loro.
Figura 3 – Preferenze degli strumenti di pagamento (valori percentuali) in Italia
Uno studio del 2016 tenta di spiegare perché i consumatori continuino a utilizzare il contante nonostante una preferenza dichiarata per metodi di pagamento alternativi. Per gli autori una possibile motivazione è da ricercare nell’attaccamento “culturale” che le persone hanno agli strumenti tradizionali; purtroppo la ricerca accademica in questo campo rimane estremamente limitata e servirebbero nuovi studi che si concentrino sulle specificità geografiche e culturali di diversi paesi.
Chi utilizza di più il contante e dove?
La differenza tra il numero e il valore delle transazioni è sostanzialmente spiegata dalle loro diverse tipologie. La maggioranza dei pagamenti avvenuti in contanti riguarda importi inferiori a 25 euro e, come ci si potrebbe aspettare, all’aumentare dell’importo della transazione decresce la quota di pagamenti effettuata in contanti.
Allo stesso modo, gli strumenti di pagamento utilizzati cambiano a seconda di dove vengono effettuate le transazioni. Questo è vero in due sensi: da una parte, in base alla tipologia di esercizio dove viene effettuata la transazione; dall’altra, in base alla regione geografica interessata. Il contante rimane lo strumento preferito al Centro-Sud, dal punto di vista di numero e valore complessivo delle transazioni.
Figura 4 – Distribuzione di frequenza del valore delle transazioni (valori percentuali) in Italia
Figura 6 – Utilizzo dei diversi strumenti di pagamento per luogo di acquisto (Italia)
Nota: per le figure 5 e 6, le categorie contrassegnate comprendono: (1) Servizi di pulizia, baby-sitter, giardinaggio, lezioni private, cibo a domicilio; (2) Giornalaio, fioraio, gelataio etc.; (3) Musei, teatro, piscina, parchi di divertimento etc.; (4) Supermercato, fornaio, farmacia, tabaccaio etc.; (5) Tasse, multe etc; (6) Vestiti, giocattoli, elettronica etc.
Figura 7: Utilizzo relativo del contante sul totale delle transazioni: distribuzione per regione (valori percentuali)
Uomini e donne sembrano avere comportamenti simili, mentre l’età sembra essere un fattore che influenza maggiormente le abitudini di consumo. I giovani effettuano meno transazioni pro-capite e utilizzano meno il contante, oltre a essere tra i più avvezzi all’impiego della tecnologica contactless. All’aumentare dell’età, invece, si registra un corrispondente aumento delle transazioni e della percentuale di utilizzo del contante come strumento di pagamento.
Il numero di transazioni effettuate e l’utilizzo dei diversi strumenti differisce in base ai livelli di istruzione, occupazione e reddito. Il contante è lo strumento più utilizzato, nell’ordine, da chi ha livelli di istruzione più bassi, dai lavoratori autonomi, dalle casalinghe, dagli studenti a tempo pieno, dalle persone in cerca di lavoro e dalle fasce di reddito più alte.
Figura 8 – Utilizzo dei diversi strumenti di pagamento per fasce d’età (Italia)
Figura 9 – Utilizzo dei diversi strumenti di pagamento per livello d’istruzione (Italia)
Figura 10 – Utilizzo dei diversi strumenti di pagamento per fascia di reddito (Italia)
La lotta all’evasione attraverso la lotta al contante sarà efficace?
Come nota Pisauro nel suo intervento, lo studio utilizza un campione statistico limitato sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, in quanto i soggetti coinvolti necessitavano di una connessione internet (ad eccezione delle fasce d’età più anziane, contattate telefonicamente). Ciononostante, i risultati ci mostrano come il contante rimanga saldamente ancorato al primo posto tra gli strumenti di pagamento in Italia, e avrà un futuro fino a quando sarà utilizzato nei micro-pagamenti. In questo senso, è necessario che venga fatta maggiore trasparenza sulle commissioni pagate alle banche dai negozianti che utilizzano il Pos, per incentivarne l’utilizzo. Più in generale, lo stesso Pisauro conclude il proprio intervento sottolineando la necessità di dare attuazione a un cambiamento di paradigma atteso da tempo e oggi necessario: il contribuente deve poter confidare sul fatto che una parte di quanto recuperato in termini di evasione fiscale venga redistribuita sotto forma di riduzione delle imposte per alleggerire il carico fiscale complessivo. Di fatto, di fronte a una minore evasione fiscale, il problema “contante sì, contante no”, passerebbe in secondo piano.
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