Lavoce.info

Tre problemi si rincorrono in autostrada

Revoca della concessione, regolamentazione delle tariffe e manutenzione delle infrastrutture: sono tre questioni che si intersecano e rendono volatile il quadro regolatorio e la redditività del settore. La soluzione è rafforzare l’autorità di settore.

Quanto costa la revoca

Un lungo periodo di turbolenza interessa le nostre autostrade. Non è una novità: tra i settori liberalizzati e regolati, è certo quello che ha sempre dato più grattacapi ai decisori pubblici, forse anche per la presenza di grandi imprese private difficili da imbrigliare in una regolazione efficiente e pure vantaggiosa per gli utenti.

Dall’agosto 2018 sino a oggi, diverse questioni affollano il dibattito pubblico sul settore, temi che si intersecano, ma che, almeno in linea di principio, appartengono a tre sfere concettualmente diverse.

In primo luogo, vi è la minacciata revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia (Aspi) a seguito del crollo del ponte Morandi. Da un punto di vista giudiziale e tecnico, la questione dirimente inerisce le ragioni del crollo dell’opera e, di conseguenza, quanto queste siano imputabili a una cattiva manutenzione o a un cattivo monitoraggio delle condizioni strutturali del viadotto.

La volontà politica di procedere alla revoca sembra ormai assodata, cosicché l’oggetto del contendere sembra essersi spostato verso le modalità di calcolo dell’indennizzo che lo stato dovrebbe ad Aspi, naturalmente al netto di eventuali danni relativi al ponte. E qui, mi sembra, le strade delle due controparti si dividono ancora, con il governo che con il decreto “milleproroghe” intenderebbe versare solo il valore degli investimenti sostenuti dal concessionario e non ancora ammortizzati, mentre Aspi aspirerebbe a ottenere il “valore residuo della concessione”, ovvero, teoricamente, gli utili a cui rinuncerebbe.

Le due visioni, evidentemente inconciliabili, si originano comunque dalle due diverse posizioni rispetto alle cause del crollo del ponte. Colpa del concessionario, secondo le dichiarazioni di diversi ministri, che deve essere liquidato solo con quanto ha speso per nuove opere. Colpa del progetto, secondo quanto si evince implicitamente dalle dichiarazioni del management del concessionario, che invece considera la revoca della concessione come un esproprio, da valutarsi a prezzi di mercato.

La riforma della regolazione

Sempre la terribile tragedia del ponte Morandi ha introdotto la questione della riforma della regolazione, ovvero il mutamento delle modalità di calcolo delle tariffe autostradali. Fino al 2018, infatti, il nuovo modello regolatorio definito dall’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) si applicava esclusivamente alle nuove concessioni. Con il “decreto Genova”, invece, l’Art assume competenze anche sulle concessioni in essere con periodo regolatorio scaduto e che, dunque, necessitano di un eventuale adeguamento tariffario.

Leggi anche:  Alle merci per via aerea manca una compagnia di bandiera

Il nuovo schema regolatorio si differenzia dai precedenti in quanto introduce un vero sistema di price-cap regulation (regolamentazione dei massimali tariffari) con stima econometrica dell’efficientamento e costituisce un enorme balzo in avanti per la qualità del contesto normativo del settore.

Naturalmente, il mutamento non è privo di criticità poiché attraverso il “decreto Genova” incide su convenzioni, ovvero contratti, già in essere. Le parti in gioco, anche qui, sono il governo e l’Art da un lato, che ritengono necessario introdurre subito uno schema che consenta di contenere la dinamica tariffaria (dunque, favorevole per l’utenza) e contemporaneamente salvaguardare un certo tasso di rendimento per i privati, e i concessionari dall’altro che, invece, puntano a mantenere un profitto più elevato e stabilito all’atto della sottoscrizione della convenzione.

Al di là delle questioni contingenti sul “quando” introdurre il nuovo assetto regolatorio, e non il “se”, l’elemento che lascia perplessi è la lettura di frasi sibilline riportate dai giornali che lascerebbero intendere una possibilità di riconciliazione tra governo e Aspi rispetto alla revoca qualora il concessionario applicasse tariffe più basse. La perplessità nasce non solo dal fatto che la dinamica tariffaria poco o nulla c’entra con il crollo del ponte, ma anche perché, in quanto autorità indipendente, non bisognerebbe esercitare pressioni sull’Art nella definizione dei parametri regolatori.

Infrastrutture e manutenzione

Vi è poi la questione dello stato di salute delle infrastrutture in Italia. I dati Ocse sulla spesa pubblica in manutenzione delle strade indicano come fosse di oltre 14 miliardi di euro nel 2006 per scendere, a prezzi costanti, a 8,5 miliardi nel 2015 e con un minimo storico di 6 miliardi nel 2009. Sebbene siano dati parziali e non necessariamente affidabili, certamente tracciano un quadro preoccupante e indicano una tendenza generalizzata, visto che queste statistiche non considerano la spesa privata in infrastrutture. Ma a leggere i giornali, sembrerebbe che le uniche questioni riguardino i chilometri di autostrade gestiti da Aspi. In realtà, è tutto il comparto a soffrire. Sono le strade statali, provinciali, urbane, gli aeroporti ad avere bisogno urgente di manutenzione straordinaria. Ma non solo: nelle ultime settimane, una serie di guasti agli impianti delle stazioni ferroviarie di Firenze, Milano e Roma ha causato ore di ritardi a centinaia di convogli, dunque a decine di migliaia di persone, con conseguenti costi per la collettività.

Leggi anche:  Quando c'era Alitalia*

Si tratta di incidenti di lieve entità se paragonati ad altri occorsi negli ultimi anni, ma sono eventi che pure danno un’indicazione sull’efficienza delle infrastrutture e sulla domanda ormai impellente di spese per manutenzione ordinaria e straordinaria. È una necessità che non investe solo i chilometri di autostrade gestiti in concessione da Aspi, ma anche molte altre opere che pagano oggi lo scotto di incentivi distorti o di tagli poco meditati alla spesa pubblica.

Tutti questi temi rendono estremamente volatile il quadro regolatorio e la redditività del settore, influenzando, quindi, le scelte di operatori privati eventualmente interessati a investire. D’altro canto, la soluzione all’incertezza non può essere il ritorno a un passato di regolazione inefficiente di privatizzazione dei profitti e di socializzazione dei costi. La soluzione, invece, è nella velocità con cui si prendono le decisioni rispetto alle revoche (coerentemente con le regole che lo stato stesso ha definito) e alle spese, ma è pure, se non soprattutto, nel rafforzamento anche “politico” di un’autorità indipendente, l’Art, che sta rimettendo ordine nel settore con grandissima lucidità.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Alle merci per via aerea manca una compagnia di bandiera

Precedente

Come calcolare la “giusta” età pensionabile

Successivo

Il Punto

  1. francesco De antoni

    leggere articolo al seguente indirizzo
    http://www.politicaprima.com/2018/08/quel-pasticciaccio-di-via-nibby.html
    per capire chi ci ha guadagnato. la regolamentazione deve essere semplice e stabilire i criteri di revoca nel caso non siano rispettate le condizioni del contratto. SE autostrade ha fatto investimenti nel passato ha anche avuto i profitti quindi di cosa si parla. Negli altri paesi la revoca sarebbe stata immediata con richiesta danni.

  2. serlio

    Manca sempre uno dei due attori, nelle analisi fatte, lo Stato. Come mai nessuno parla del ruolo (negativo) avuto in tutta la vicenda? come mai i dipendenti pubblici non hanno controllato ciò che faceva il concessionario?
    chi è stato quel genio che ha stilato un contratto tanto vantaggioso per il concessionario da doverlo secretare per anni? Come mai c’è sempre tanta omertà nei confronti di coloro che dovrebbero fare gli interessi degli italiani e invece fanno altro?

  3. Piero

    Per entrare nell’euro abbiamo svenduto le autostrade per un tozzo di pane. Chi le gestì quelle privatizzazioni ? Ed ora con tutti gli Azzecca Garbugli gli pagheremo pure i danni sul lucro cessante. Pacta sunt servanda. Ed in più ci restituiscono una rete la cui manutenzione è peggiorata rispetto a quando era dell’Iri clientelare statale.
    E dietro le AutoStrade magari ci saran pure dei Prestiti Bancari / Obbligazionari da Rimborsare messi a rischio (BankItalia che dice ?). Quancuno potrebbe sospettare che i Controllori delle Concessioni siano da sempre Captive dei Controllati, forse lo intuisce pure un bambino. E se davvero gliele levassero la concessione allora i Prenditori Privati Internazionali non vengono più in Italia a Prendere. Il tira e molla finirà così: si terranno la concessione (finita l’ondata emotiva), ma nvece di aver un ExtraProfitto 100 avran solo ExtraProfitto 50. Poverini. Cordialità Piero

  4. Eugenio

    Purtroppo gli articoli sulle autostrade sono sempre più mistificatori su questa rivista, qui si inizia parlando di autostrade, poi al momento di parlare dei fondi a disposizione per la manutenzione si riportano i dati relativi alle strade statali, che sono in diminuzione dal 2008. Parliamo di autostrade o di strade statali? Perché le autostrade dal 2008 non hanno affatto avuto fondi in diminuzione, hanno incrementato di continuo i pedaggi che già allora erano i più alti d’Europa, quindi i soldi li avevano, come si fa a presentare come analisi seria una mistificazione del genere? In più i morti non sono iniziati con il ponte Morandi, Atlantia aveva già falciato 2 vite facendo cadere il cavalcavia su A14, era chiaro a tutti che non stavano facendo il loro dovere, accelerando la fine della vita di queste infrastrutture che sono dei contribuenti, quindi chi se ne frega…

    • SR-71

      Non dimentichiamo i 40 morti precipitati col bus da un viadotto della A16, per via delle barriere difettose. Li’ Autostrade e’ gia’ stata condannata in primo grado.

  5. Michele

    Le autostrade sono un monopolio naturale. Ogni gestione privata finirà nella Regulatory capture. Ai tempi della privatizzazione nessuno voleva investirvi a causa del Regulatory risk. Poi sappiamo come è andata: concessioni secretate per anni, diventate pubbliche solo dopo il crollo di Genova. La nullità delle vecchie concessioni è evidente. Sarebbe come se un lavoratore dipendente licenziato per giusta causa reclamasse gli stipendi fino alle pensione. Nazionalizzare tutte le concessioni autostradali con zero indennizzi è questione di giustizia

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén