L’efficienza energetica industriale è uno dei pilastri delle politiche italiane ed europee. Meccanismi di mercato come i certificati bianchi permettono di risparmiare energia a costi ridotti. Ecco perché dobbiamo salvaguardarli, riformandoli.

Risparmiare energia significa ridurre l’inquinamento, mitigare il cambiamento climatico, aumentare la sicurezza energetica e la competitività. Nella strategia europea, la direttiva sull’efficienza energetica occupa un ruolo chiave. L’Italia è un paese tradizionalmente efficiente: dal 2000 al 2015, i guadagni di efficienza sono stati di quasi 15 punti percentuali (figura 1). Il settore industriale ha fatto meglio, anche dell’Europa.

Come promuovere gli investimenti in efficienza energetica industriale? Una possibilità è quella di usare i cosiddetti strumenti di mercato. Introdotti circa 15 anni fa, il loro numero è quadruplicato e oggi si contano circa 52 politiche di questo tipo in dodici paesi europei (Iea, 2017). Gli strumenti di mercato per l’efficienza energetica si ispirano a quelli ambientali, come l’European Emission Trading Scheme (Ets), il più grande mercato di permessi negoziabili di CO2. L’idea sottostante è quella di far pagare il pieno costo sociale dell’energia lasciando alle imprese decidere come e dove farlo. In questo modo si stimolano gli investimenti e si assicurano costi ridotti per la società. La valutazione delle politiche di mercato di efficienza energetica ha mostrato risultati positivi, con una media di 1.3 euro/Kwh risparmiato, sotto il prezzo di mercato (Iea 2017). Una volta inclusi i benefici ambientali, le esperienze europee si sono dimostrate efficaci ed efficienti (Giradeut and Finon 2012, Paolo Bertoldi et. al 2010).

L’Italia è un caso studio importante. Il meccanismo dei “certificati bianchi”, istituito nel 2006, è uno dei più estesi al mondo. Richiede che i distributori di gas ed elettricità raggiungano obiettivi annuali crescenti di efficienza energetica permettendo lo scambio di certificati. Dalla sua nascita ha generato circa 27 milioni di Tep di risparmio energetico (Enea, 2019); per fare un paragone il consumo annuale di energia dell’Italia è di 170 MTep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio).

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Lo schema ha incentivato gli investimenti e promosso la nascita di società dedicate (Stede 2017). Uno studio ha mostrato come il sistema dei certificati bianchi abbia portato vantaggi a molte delle parti coinvolte, con l’eccezione dei distributori di energia che hanno ridotto le vendite (Franzò et. al 2019).

Come riformare il sistema

Eppure, il sistema è sotto attacco e in fase di revisione. Come si vede in figura 2, i prezzi dei certificati bianchi si sono a lungo mantenuti intorno ai 100 euro/Tep. Dal 2017, sono saliti e le quantità scambiate crollate. Una delle ragioni principali è dovuta al cambiamento normativo che ha reso le regole per il calcolo dei risparmi energetici più stringenti, con lo scopo di migliorare la qualità dei dati e diminuire il rischio di frodi. Le nuove norme valutano i risparmi rispetto alla tecnologia sul mercato e non con la media degli investimenti, riducendone significativamente il valore economico (di Santo et. al, 2018). L’irrigidimento delle regole ha creato uno sbilanciamento nel mercato che ha generato l’aumento dei prezzi dei certificati.

Vista l’importanza di queste politiche, la questione non è tanto se mantenerle in vita, ma come debbano essere riformate. Forte monitoraggio, verifica e valutazione sono essenziali per assicurare che il settore privato trovi soluzioni innovative senza approfittarne indebitamente. Il caso dei permessi di CO2 europei insegna: l’istituzione della Market Stability Reserve da parte del consiglio europeo ha rivitalizzato il più grande mercato di emissioni di gas serra mondiale.

Nonostante siano largamente i più diffusi, i sistemi di obblighi come i certificati bianchi non sono l’unica soluzione. Le aste sono un’alternativa usata in alcuni paesi, di recente in Svizzera e Germania. L’esperienza delle aste è stata molto positiva per le rinnovabili dove la standardizzazione tecnologica è alta; l’efficienza energetica industriale è però caratterizzata da una grande varietà di soluzioni. Nel caso tedesco ha mostrato criticità importanti sia per dimensione che per differenziazione delle misure (Langreder et. al, 2019). Inoltre, non va dimenticata la maggiore esperienza accumulata su come disegnare e gestire sistemi di obblighi, in particolare per uno pionieristico e di lunga durata come quello italiano dei certificati bianchi.

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L’efficienza energetica industriale è una strategia chiave: insieme ai meccanismi di incentivazione e normativi, gli strumenti di mercato possono e devono contribuire a raggiungere gli obiettivi europei. Il modo per farlo lo abbiamo in casa: riformiamolo nel modo migliore, senza perdere la conoscenza acquisita.

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