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Coronavirus? Intanto vacciniamoci contro l’influenza

In autunno potrebbe verificarsi una nuova ondata di Covid-19. L’efficacia della risposta sarebbe resa ancora più difficile dalla concomitanza con la stagione influenzale. Per questo è importante pianificare subito un programma efficace di vaccinazione.

Il rischio di due epidemie concomitanti

Nell’attesa che venga sperimentato un vaccino per il Covid-19, in queste settimane si celebra in tutta Europa e nel resto del mondo la Settimana delle vaccinazioni (European Immunization Week e World Immunization Week). L’Organizzazione mondiale della sanità ha ribadito l’importanza di mantenere le normali attività vaccinali anche durante la pandemia di Covid-19 e, soprattutto, la vaccinazione antinfluenzale per le persone più vulnerabili, come anziani o individui affetti da patologie pregresse.

Resta ancora da scoprire se l’estate segnerà un declino nella diffusione del coronavirus nel nostro paese, ma nell’emisfero australe arriva la stagione fredda e, con questa, anche la diffusione del virus della comune influenza con cui il Covid-19 condivide molte cose: dal metodo di trasmissione, alla sintomatologia respiratoria, all’eventuale comparsa di febbre, stanchezza diffusa fino, in alcuni casi, a patologie gravi. L’Italia e gli altri paesi dell’emisfero settentrionale, invece, sono stati colpiti dall’epidemia quando il picco della stagione influenzale era di fatto già passato: i primi casi di infezione da Covid-19 sono stati registrati ufficialmente il 30 gennaio 2020 in corrispondenza del picco della stagione influenzale, verificatosi tra gennaio e inizio febbraio per terminare a metà marzo.

Nonostante le differenze nei tassi di contagiosità, morbilità e mortalità tra Covid-19 e influenza, nella stagione influenzale si verifica comunque un aumento dei casi che richiedono assistenza sanitaria, soprattutto tra i soggetti più fragili. In base a dati Oms (qui), il 15 per cento dei casi Covid-19 riguarda un’infezione grave, mentre il 5 per cento sono casi critici, che richiedono un trattamento intensivo con ventilazione assistita, E in Italia le percentuali si sono rivelate anche più alte. D’altra parte, i dati del Sistema di sorveglianza degli accessi ai pronto soccorso (qui) indicano che nel nostro paese durante la stagione influenzale (tra novembre e marzo), circa il 15 per cento degli ingressi in pronto soccorso fa riferimento a sindromi simil-influenzali (influenza-like illness) o a infezioni respiratorie acute (severe acute respiratory infections), che richiedono ospedalizzazione. Una epidemia influenzale particolarmente grave nel prossimo autunno (nella stagione 2017-2018, per esempio, ci furono 8,5 milioni di contagi) rischierebbe di mettere in ulteriore difficoltà il sistema sanitario. Inoltre, la somiglianza dei sintomi influenzali e da Covid-19 potrebbe creare difficoltà ai medici e agli operatori sanitari che si dovessero trovare a distinguere tra le due infezioni.

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Secondo un recente studio pubblicato su Science (qui), il tracciamento dei contatti (contact tracing) è efficace solo se è possibile isolare tutte le persone che sono venute in contatto con il soggetto infettato entro tre giorni dalla comparsa dei sintomi. In questo breve lasso di tempo sarà necessario individuare i sintomi, consultare il medico di base e ricevere il risultato del tampone. Come sarà possibile farlo in autunno quando la presenza dell’influenza stagionale creerà verosimilmente una quantità enorme di falsi allarmi? Inoltre, la diffusione dell’influenza stagionale, anche se non grave, può contribuire a un indebolimento del sistema immunitario e favorire una successiva infezione da Covid-19, anche nei soggetti non fragili.

Una campagna per la vaccinazione

Per tutti questi motivi, i programmi di vaccinazione contro l’influenza stagionale dovrebbero essere pianificati con largo anticipo, assicurando un’ampia copertura della popolazione più a rischio. Il Consiglio europeo nel 2009 ha stabilito che gli stati membri Ue debbano realizzare programmi per raggiungere un tasso di vaccinazione nelle categorie a maggior rischio di complicazioni in caso di infezione influenzale (anziani e malati cronici) pari almeno al 75 per cento. In Italia, la vaccinazione antinfluenzale è gratuita e raccomandata per le persone over 65, per chi è affetto da malattie croniche e per i soggetti a rischio (personale sanitario e addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo).

La figura 1 mostra come il tasso di vaccinazione per gli over 65 in Italia sia pari a circa il 50 per cento a partire dalla campagna 2012, quindi ben lontano dall’obiettivo del 75 per cento.

In un nostro recente lavoro (qui), abbiamo stimato l’effetto della gratuità del vaccino antinfluenzale per gli individui con 65 anni di età o più sulla probabilità di vaccinarsi, confrontando i comportamenti vaccinali di 64enni e 65enni. Le nostre stime mostrano che al raggiungimento del 65esimo anno la probabilità di vaccinarsi aumenta di 7 punti percentuali, che corrisponde a un aumento del 75 per cento rispetto al tasso di vaccinazione dei 64enni.

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Da questi risultati si deduce che l’introduzione di alcuni semplici provvedimenti potrebbe consentire di incrementare la copertura vaccinale. Per esempio, si potrebbe pensare a misure di questo tipo:

– estensione della raccomandazione e gratuità del vaccino influenzale a tutti i malati cronici e a classi di età attualmente non coperti (per esempio sopra 50 o 55 anni);

– obbligatorietà del vaccino per gli anziani e per gli operatori sanitari;

– anticipazione della campagna vaccinale al mese di settembre;

– campagna informativa sui benefici del vaccino influenzale, anche con interventi di “spinta gentile” ampliando le funzionalità della app “Immuni”.

Secondo alcuni studi (qui), anche indipendentemente dal Covid-19, queste strategie potrebbero risultare comunque utili: i maggiori costi dell’espansione della copertura vaccinale sarebbero bilanciati dai benefici associati al minore assenteismo, alla riduzione delle visite dal medico di base, alla minor spesa per farmaci e ricoveri ospedalieri.

L’importante è non farsi cogliere impreparati.

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Dati sul lavoro, sembrano assurdi e bisogna saperli leggere

  1. Paolo

    E’ vero che la rivista dell’esercito americano indica il vaccino anti-influenzale un fattore che favorisce l’infezione da Covid-19?

    • Max

      La ricerca scientifica è un processo incrementale. Al mondo ci sono milioni di ricercatori.
      Se ci fosse solo uno studio che trovasse qualcosa, non lo prenderei come oro colato.
      Aspetterei che ce ne fosse almeno un numero sufficiente con risultati simili.
      Qualora ci fossero dati disponibili, anche non avendo grandi teorie, si potrebbe andare a guardare solo su base statistica se la percentuale di chi ha maturato sintomi Covid-19 gravi sia maggiore tra i vaccinati vs. i non-vaccinati per l’influenza, una volta controllato per alcune caratteristiche demografiche (età, stato di salute pregresso, ecc.).

  2. Aldo Mariconda

    Non sono un no-vax ma 2 anni fa ho fatto il vaccino e pochi gg. dopo mi è venuta l’influenza. Lo stesso molti anni prima, poi ho smessi e data l’età, 80 anni, ho riprovato. Fosse un caso uan tantum ok, ma la ripetizione mi pone un interrogativo. E molti altri hanno fatto la stessa esperienza.

  3. Lorenzo Luisi

    Verso la fine di gennaio del 2020 cominciai a monitorare l’andamento del Corona Virus sul WebGis della John Hopkins University realizzato su infrastruttura di Esri (gigante mondiale nei SIT).
    Negli stessi giorni ho cominciato a cercare dati sul web circa la copertura vaccinale contro l’influenza stagionale in Corea del Sud [https://tinyurl.com/w99vewv] e, in particolar modo in Italia [https://tinyurl.com/w3aze3e] in quanto avevo notato che qui da noi erano circa la metà rispetto alla Corea e la mia idea è che soggetti, soprattutto anziani, che sono vaccinati, riescono a creare una migliore barriera all’avanzamento del virus in quanto organismi meno debilitati.
    Inoltre ho sempre considerato lo stesso WebGis elaborato per la Protezione Civile troppo concentrato sui valori assoluti degli eventi accaduti.
    Raffrontando i due metodi per i tamponi effettuati, si notano Veneto, Sicilia, Lazio etc. che a fronte di un alto numero di test scoprono una percentuale di positivi relativamente bassa.
    Infine nella figura in alto a destra ho rappresentato la percentuale di popolazione vaccinata contro l’influenza stagionale e che potrebbe suggerire una correlazione inversa fra soggetti vaccinati e concentrazione di casi positivi; esempi lampanti sarebbero il Molise e il Sud in generale e sul versante opposto le regioni più a Nord d’Italia.

  4. Piero Carlucci

    Già l’avere reso obbligatorie 11 vaccinazioni agli incolpevoli bebè a soli 30 giorni di vita è stata una scelta sciagurata, le cui conseguenze nessuno può conoscere oggi. Rendere obbligatoria la vaccinazione antinfluenzale per gli anziani sarebbe una scelta scellerata e certamente incostituzionale.

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