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Tagliare le spese, non i parlamentari

Gli stessi risparmi di spesa previsti con il taglio dei parlamentari si possono ottenere senza perdere rappresentatività parlamentare. Si potrebbe infatti intervenire sul bilancio di Camera e Senato, apportando modeste riduzioni ad alcune voci di spesa.

Quanto guadagna un parlamentare

Il 20 e 21 settembre i cittadini italiani saranno chiamati a partecipare al referendum confermativo per la riduzione dei parlamentari da 945 a 600.

Il risparmio netto generato dalla vittoria del “sì” è stato calcolato dall’Osservatorio dei conti pubblici italiani in 57 milioni di euro annui (circa 285 milioni per ogni legislatura), pari soltanto allo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana.

Quanto guadagna un parlamentare? A ognuno spetta l’indennità parlamentare, soggetta a ritenute fiscali e previdenziali, e una serie di rimborsi spese esentasse. Dai dati presenti sul sito del Senato e della Camera dei deputati, l’indennità lorda mensile di ogni parlamentare ammonta a circa 10.400 euro, ma al netto delle varie ritenute scende a 5 mila euro. La somma dei rimborsi spese per l’esercizio del mandato (diaria, collaboratori, spese di viaggio e telefoniche e altro) è invece pari a 8.500-9 mila euro al mese.

Ciascun parlamentare costa quindi circa 165 mila euro annui al netto delle tasse. La cifra moltiplicata per il numero dei deputati e senatori che verranno tagliati (345) ci dà una misura, seppur grezza, del possibile risparmio per le casse dello stato (appunto 57 milioni di euro annui).

Tre tagli possibili

Su lavoce.info è già stata presentata una proposta su come ottenere gli stessi risparmi, senza diminuire il numero dei rappresentanti nei due rami del Parlamento, dimezzando gli stipendi dei parlamentari. Tuttavia, come diversa evidenza empirica dimostra, una riduzione del compenso dei rappresentanti politici può portare a problemi di diminuzione della qualità e di corruzione della classe politica.

Proponiamo qui una differente soluzione analizzando diverse voci di spesa della gestione del Senato e della Camera. Non consideriamo come concretamente fattibile a breve termine l’accordo politico per l’eliminazione o la riduzione dei vitalizi, visti i recenti rinvii.

Una prima proposta sarebbe quella di diminuire le spese di funzionamento delle camere. Secondo gli ultimi dati di rendiconto disponibile, per il Senato sono stati impegnati 55,7 milioni di euro e per la Camera 90,1 milioni di euro, per acquisto di beni e servizi e spese di rappresentanza.

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Come termine di paragone può essere utilizzato il caso francese, molto simile in termini di numero dei seggi complessivi (la Francia supera solo di venti seggi l’Italia). Nel bilancio del Senato francese sono iscritte spese per funzionamento pari a 24,6 milioni e in quello dell’Assemblea nazionale (l’omologa della nostra Camera dei deputati) sono pari a 40,5 milioni. Utilizzando una stima prudenziale di riduzione della spesa per funzionamento pari a un terzo della differenza tra costi italiani e francesi, calcoliamo un risparmio di circa 27 milioni di euro, una riduzione pari a circa il 18 per cento rispetto alla situazione attuale.

Un’altra proposta sarebbe diminuire una seconda voce di spesa che oggi supera i 50 milioni di euro all’anno: i trasferimenti ai gruppi parlamentari. Per esempio, nel bilancio consuntivo 2019 del gruppo Pd al Senato, dei 4,2 milioni di trasferimento spesi, il 73 per cento è rendicontato come spesa per il personale dipendente, seguono poi la comunicazione (10 per cento) e compensi per prestazioni occasionali e per professioni (10 per cento), infine il restante 7 per cento è riferito a servizi amministrativi e di funzionamento (come consulenze legali, convegni o utenze telefoniche). Dopo il taglio ai rimborsi elettorali e le difficoltà del due per mille ai partiti, questi trasferimenti rappresentano oggi la maggior parte dei finanziamenti pubblici ai partiti, forse la vera spesa che gli italiani vorrebbero tagliare. Ipotizzando una diminuzione del 10 per cento, in particolar modo alla comunicazione e ad altre spese di funzionamento che non comprometterebbero la normale attività dei gruppi parlamentari, il risparmio di spesa tra Senato e Camera ammonterebbe a circa 5 milioni di euro.

L’ultima proposta è un taglio delle indennità e dei rimborsi ai parlamentari di circa 25 milioni di euro. Vista in maniera assoluta sembrerebbe una cifra elevata, tuttavia rappresenta un taglio di circa 2.200 euro a parlamentare, che corrisponde a una diminuzione della indennità netta e dei suoi rimborsi del 16 per cento. Il taglio porterebbe lo “stipendio” dei parlamentari a circa 11.800 euro mensili, un livello in linea con i colleghi europei e che si può ritenere sufficiente per evitare possibili effetti di selezione o di aumento della corruzione.

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Sommando le tre riduzioni di spesa si ottiene esattamente il risparmio che si avrebbe tagliando il numero dei parlamentari come previsto dalla legge costituzionale sottoposta a referendum. Se il problema è il costo della struttura parlamentare si potrebbe dunque ottenere lo stesso risultato senza modificare l’attuale rappresentatività del Parlamento. In particolare, il taglio del numero dei parlamentari, non accompagnato da una riforma elettorale adeguata, implicherebbe l’assenza di rappresentanti in alcune importanti zone del paese meno popolate, come le aree interne, e una sproporzionata rappresentanza in alcune regioni, in particolar modo per il Senato: Valle d’Aosta e Molise non vedrebbero diminuire i loro senatori, come il Trentino Alto Adige che dovrà rinunciare solo a uno. Mentre le regioni Veneto, Toscana, Puglia e Lazio e la Circoscrizione estero avranno una riduzione del 33 per cento del numero dei seggi; Sicilia, Emilia Romagna e Piemonte del 36 per cento e Lombardia, Marche e Liguria del 37 per cento. Diminuirebbero del 38 per cento i seggi attualmente occupati dai senatori della Sardegna e della Campania e del 40 per cento dei senatori della Calabria. Ancora più significativa sarebbe la diminuzione dei seggi in Friuli Venezia Giulia e Abruzzo (meno 43 per cento) e in Basilicata e in Umbria: queste due regioni si vedrebbero più che dimezzare il numero di senatori (meno 57 per cento).

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15 commenti

  1. Savino

    Ecco. Per mesi abbiamo operato in discostamento di bilancio, abbiamo trattato con le istituzioni comunitarie anche per un notevole indebitamento, a carico delle generazioni future nel corso del tempo, ci siamo scontrati sulla presenza o meno di condizionalità nel MES ristrutturato, però non abbiamo nemmeno accennato a ciò che potrebbe essere in termini di consistenza la prima voce di finanziamento della ricostruzione post covid. Non solo i parlamentari. Lo Stato ed il settore pubblico, in generale, sciupa inutilmente risorse in tanti settori. E’ proprio necessario che un manager della sanità, con quello che è successo, prenda tutti quei soldi? E le società partecipate? E gli stessi dipendenti del Parlamento? E i generali dell’Esercito? E tante altissime pensioni non corrispondenti, per alcun motivo, alla contribuzione versata? E, poi, i salvataggi di Alitalia, i prestiti e gli incentivi a FCA, gli sgravi ad aziendam e tutte le spese sulle spalle della collettività. E, ancora, gli sprechi puramente clientelari, da ultimo quota 100 e il reddito di cittadinanza, Dopo che è successo il passaggio del cigno nero, gli uomini di Stato avrebbero il dovere etico di andare a rivedere tutto ciò. E che nessuno mi dica “lasciamo correre” o “quelli sono intoccabili”, per non parlare della bassezza di certa gente che difenderebbe queste cose passando pure per vie di fatto criminogene ed inumane.

  2. Henri Schmit

    È interessante ed istruttiva l’analisi della spesa del Parlamento. Le idee di risparmio possono essere parzialmente condivisibili. È però difficile comprendere il rapporto con il referendum, a meno di accettare la motivazione dei penta-stellati per promuoverlo.

  3. Pietro DellaCasa

    Francamente non capisco perché si parla dei costi (irrilevanti) e non del problema sostanziale: come dipendono l`efficienza e la rappresentatività del parlamento dal numero dei parlamentari? È del tutto controintuitivo immaginare che un parlamento numeroso sia preferibile sia per l`una che per l`altra finalità, ma se l`autore ha evidenza di ciò sarebbe molto interessante discuterne. Per il momento mi limito a riportare dal sito delle riforme istituzionali che: “In Europa l’Italia è il Paese con il numero più alto di parlamentari direttamente eletti dal popolo,
    pari a 945 (Tabella 1). L’Italia è seguita dalla Germania con circa 700 parlamentari, dalla Gran
    Bretagna con circa 650 e poi dalla Francia con poco meno di 600.”

  4. Enrico Scotton

    Rimango dell’idea che ciascun italiano possa concorrere a diventare rappresentante del popolo. Anche chi per nascita o professione non dispone di grandi risorse economiche. Se è capace di raccogliere la fiducia degli elettori è giusto che sia messo nelle condizioni di poter operare al meglio. Ciò significa anche consentire che possa avvalersi di professionalità utili al suo lavoro, pagate direttamente dal parlamento (e non attraverso un’indennità a lui attribuita). Il problema non è quanto ci costa, ma se i soldi che il cittadino investe per il suo operato sono ben spesi, in modo efficace ed efficiente. Altrimenti, con la logica dei tagli, faremo sì che solo alcuni potranno permettersi di interrompere un mestiere per alcuni anni (con il rischio per molti di non ritrovarlo più alla fine del mandato parlamentare) perchè ricchi di suo. Ciò che dobbiamo semmai valutare è la qualità del lavoro di ciascun parlamentare. A partire dalla sua presenza in Aula, in Commissione, dalla sua capacità legislativa, dal grado di soddisfazione del territorio che lo ha eletto. Posto che dobbiamo togliere alle segreterie dei partiti il potere di decidere le candidature, che devono invece passare al vaglio dei cittadini, attraverso il sistema di primarie (reali e non farlocche).

  5. Luca F.

    Lode a Rizzo e Secomandi che, finalmente, ci forniscono dati e cifre senza i quali, a mio avviso, non è possibile farsi un quadro esaustivo delle questioni sottese al quesito referendario del 20-21 settembre pp.vv. Nei dibattiti pochissimi si sono peritati di far comprendere all’elettore quanto davvero si risparmierebbe col c.d. “taglio” dei parlamentari. E quei pochissimi, spesso, lo hanno fatto in modo (artatamente) impreciso.
    Mi chiedo: se la riduzione del numero dei parlamentari incide in misura così minima in termini di risparmio di denaro pubblico, come evidenziato dagli Autori citt., perché non intervenire su altre voci di spesa ben più “pesanti”? (Domanda retorica).
    A ciò si aggiunga il grave problema della disomogeneità di rappresentatività tra diverse aree del Paese in carenza di idonei correttivi apportati da una riforma sulla legge elettorale. La riforma è materia che paralizza il Paese da decenni.
    Secondo me, prima di ridurne il numero, bisognerebbe prima pensare a come innalzare la qualità (civile, morale, culturale, etc.), nonché le competenze di molti parlamentari… Questo dovrebber essere compito dei partiti e i loro dirigenti, ma pare abbiano (definitivamente?) abdicato a questa loro funzione. Purtroppo, si vive in un’epoca in cui il marketing politico-elettorale e la comunicazione (senza contenuti) la fanno da padrone.
    Infine, lo scontento degli italiani per il loro ceto politico potrebbe essere argomento ben più convincente delle analisi e dei numeri.

  6. Quest’articolo è fortemente misleading. Accredita l’idea, sostenuta solo dal M5S o giù di lì, che si riduce il numero dei parlamentari per risparmiare. Non è così. Non è il risparmio finanziario la priorità. Perché i costi di camere ipertrofiche come le nostre (lo segnala Pietro Della Casa) sono ben altri: efficienza, funzionalità, rapporto con l’opinione pubblica interna e anche esterna. Ma è misleading anche se ci atteniamo alla parte costi. Perché quelli che vengono quantificati in circa 57 milioni/anno sono solo i risparmi all’applicazione della riduzione in termini di minori indennità e benefici diretti ai 345 che non sarebbero più eletti. Ma, anche se costi fissi ci sono, ovviamente, guarda un po’ il costo di ciascuna delle due ns camere (nel complesso il Parlamento più d’Europa, forse del mondo, ma di questo non ho certezza), è circa 970 milioni la Camera, 530 il Senato: come si vede in funzione pressoché diretta del numero di rappresentanti. Questo vuol dire che a regime, dopo una ventina d’anni (certo!!), ma progressivamente crescendo, il risparmio potrà essere ben maggiore, salvo investimenti aggiuntivi di parte delle risorse non spese (per es. in uffici studi maggiormente estesi, son già qualificati). Io stimo che questo risparmio potrebbe essere dell’ordine di almeno ¼ del budget complessivo attuale: senza una diretta proporzionalità, ma certo non si limiterebbe ai soli stipendi. Direi circa 350/400 milioni/anno. Una cifra da non buttar via e da spendere meglio.

  7. Umberto dassi

    Selezioniamo in modo diverso la classe politica…35 anni almeno…laurea…due lingue…5 anni di lavoro effettivo…10 anni di stato patrimoniale certificato…attività sociali documentate…niente portaborse ma staff pagati direttamente dallo stato…mandato complessivo di legislature per max 10 anni…

  8. Federico Quaresima

    Nell’evidenza empirica aggiungerei anche il lavoro di Gagliarducci e Nannicini (2013).

    Articolo che condivido in pieno, specie se si considera come al taglio dei parlamentari non si accompagni una revisione del sistema nel suo integrale funzionamento.

  9. Mario

    Al di là di altre considerazioni già nei commenti: perché non risparmiare sia sulla spesa che sul numero dei nostri rappresentanti? Che non scegliamo noi? Se resta ancora così ho la sensazione che non cambieremo mai nulla.

  10. serlio

    ancora una volta i partiti danno prova di essere agenti conservatori: dopo avere approvato una buona riforma hanno indetto un inutile referendum, nella speranza, mi auguro vana, di annullare quanto da loro stessi votato. Non avevano il coraggio di opporsi alla giusta esigenza di riduzione del ceto politico parassitario e quindi hanno preso la strada lunga. (lega e pd hanno firmato per il referendum). Vergognoso! Inoltre con costi aggiuntivi (per il referendum) e ulteriore riduzione dei giorni di scuola.

  11. Luigi Andrea Vavassori

    Questo articolo mi sembra sbilanciato perchè parla di come ridurre le spese senza ridurre i parlamentari. Ma si puo’ allora risparmiare il doppio attuando le proposte fatte qui con la riduzione dei parlamentari. Comunque ricordo che il Parlamento ha votato 4 volte per la riduzione e l’ultima volta i contrari erano solo 14!

    • Giulio Colecchia

      Se la priorità viene individuata nell’aspetto economico della vicenda mi sembra, invece, che l’articolo dia una risposta esauriente sulle alternative (alcune) che possono essere prese in considerazione, al netto da posizioni politiche identitarie si vorrebbero salvaguardare. Altro risparmio potrebbe venire dalla riduzione del profluvio di consulenze e di esperti di task force di dubbia utilità. Qui si, considererei la produttività che afferisce a servizi forniti o, almeno, andrebbe relazionato al cittadino il servizio svolto ed i risultati conseguiti.

  12. Giuseppe GB Cattaneo

    1) il calcolo del risparmio non va effettuato solo sull’emolumento dei parlamentari, ma anche sull’indotto. 2) Se è vero che nel caso della democrazia diretta aumentando il numero dei decisori migliora la qualità della decisione (Condorcet) nel caso dei parlamentari accade l’inverso. La qualità della decisione è funzione dell’onestà intellettuale. Un numero ridotto di parlamentari dovrebbe indurre ad una scelta più oculata. 3) Se consideriamo tutte le nazioni democratiche esiste un numero medio di rappresentati. Con la riduzione dei parlamentari l’Italia si avvicina a quel numero medio.

  13. Cincera

    TAGLIARE LE SPESE, NON I PARLAMENTARI : TUTTI E DUE IN NOME DELL’EFFICACITA’ DEL SISTEMA PAESE E DELL’ECONOMIA SENZA DIMENTICARE LA CREAZIONE DI MOLTI POSTI DI LAVORO IN OGNI SETTORE DI ATTIVITÀ PUBBLICA E PRIVATA

  14. Lorenzo

    Perdere la rappresentatività? Ma se, confrontati agli altri paesi occidentali, siamo quelli che ne hanno di più.
    Rappresentatività di chi? Di una banda di capre mandate a Roma dei quali competenti ce ne saranno 50 se va bene.. cerchiamo di essere concreti…si al taglio delle spese e si al taglio dei parlamentari

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