Nessuna sorpresa dal referendum: una buona affluenza per un “sì” convinto degli elettori alla riforma votata dal Parlamento. Il voto regionale non ha dato la “spallata” al governo. Semmai ripercussioni potrebbero esserci nella leadership del centrodestra.
Il giorno dopo
Mentre ancora si sta completando lo spoglio delle schede per le elezioni comunali, sono ormai definitivi i dati sulle elezioni regionali e sul referendum costituzionale. Nessuna sorpresa dal referendum: una buona affluenza e una forte conferma da parte del corpo elettorale alla proposta del Parlamento. Per quanto riguarda il voto regionale, dopo qualche incertezza dovuta agli exit poll, si è subito delineato un quadro di perfetta parità: tre regioni al centrodestra, di cui una, le Marche, strappata al centrosinistra, e tre a quest’ultimo. Tutto sommato, nessuna spallata al governo. Paradossalmente, le ripercussioni più probabili potrebbero sentirsi all’interno del centrodestra, dove la battaglia per la leadership appare più che mai aperta.
Il risultato del referendum
Il quarto voto referendario costituzionale riporta gli esiti in parità: vittoria del “sì” nel 2001 (“Modifica del Titolo V della seconda parte della Costituzione”) e nel 2020, rispettivamente con il 64 e il 70 per cento; vittoria del “no” nel 2006 (cosiddetta devolution) e nel 2016 (superamento del bicameralismo perfetto), rispettivamente con il 61 e il 59 per cento. Nonostante la pandemia, l’affluenza è stata tra le più elevate: 54 per cento, contro il 34 per cento del 2001, il 52,5 per cento del 2006 e il 65,5 per cento del 2016. Il più acceso dibattito delle ultime settimane ha avuto un riflesso certamente positivo sulla partecipazione.
La riforma costituzionale, ora approvata definitivamente, prevede la modifica agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione: la Camera dei deputati passerà da 630 a 400 membri (nella circoscrizione estero gli eletti saranno 8, mentre oggi sono 12). Il Senato della Repubblica scenderà da 315 a 200 membri (il numero di eletti nella circoscrizione estero da 6 a 4). Il numero minimo di senatori per regione o provincia autonoma diminuirà da 7 a 3. Infine, il numero di senatori a vita nominati per meriti speciali sarà fissato a 5 come numero massimo assoluto: questo significa che, se ci fossero già 5 senatori a vita (sono esclusi gli ex Presidenti della Repubblica), un nuovo Presidente della Repubblica non potrebbe nominarne altri.
Le modifiche si applicheranno dalle prossime elezioni, ma non prima che siano trascorsi sessanta giorni dalla data di entrata in vigore. Alcuni iniziali commenti da parte dell’opposizione, in particolare della Lega, hanno suggerito, in maniera piuttosto strumentale, che nuove elezioni dovrebbero essere all’ordine del giorno, proprio per rispettare la volontà popolare di avere un Parlamento più snello. Si tratta di un’argomentazione utilizzata spesso in questi casi (per esempio, dopo l’approvazione di una nuova legge elettorale) ma che ha francamente poco senso: molto meglio dedicare il resto della legislatura ad adeguare normativa e regolamenti in modo tale che il nuovo Parlamento, una volta rinnovato, possa lavorare subito nel modo migliore.
Le elezioni regionali
Perfetta parità dal voto regionale, in attesa di capire se ci sarà qualche sorpresa dai voti comunali: il centrosinistra conferma Toscana, Campania e Puglia; il centrodestra conferma Veneto e Liguria, strappando le Marche all’avversario. Gli exit poll avevano suggerito una battaglia molto più serrata in Puglia e Toscana, ma di fatto già le prime proiezioni hanno tranquillizzato la maggioranza.
Il voto regionale rinforza Giovanni Toti e Luca Zaia anche all’interno dei propri partiti e li propone come possibili leader per il prossimo futuro. La lista Toti conquista quattro volte i voti di Forza Italia (22 per cento contro 5 per cento). La lista Zaia quasi triplica i voti di lista della Lega (45 contro 17 per cento: di fatto, avrebbe vinto anche da solo).
Risultati poco entusiasmanti per il Movimento 5 stelle: solo in Puglia un candidato supera infatti il 10 per cento (non ancora definitivo il dato della candidata campana, che al momento della pubblicazione è intorno al 10 per cento). Deludente il risultato di Italia Viva: il candidato renziano, in Puglia, non supera il 2 per cento.
Per completezza, la tornata elettorale ha anche rinnovato il Consiglio regionale della Valle d’Aosta (lo scrutinio è ancora da cominciare, ma gli exit poll danno la Lega in netto vantaggio) e proceduto a riempire due seggi vacanti al Senato in Veneto e Sardegna (vittoria del centrodestra in entrambi i casi).
Quali conseguenze
Difficile sostenere che l’esito elettorale avrà forti ripercussioni sulla tenuta del governo. Probabilmente, qualche aggiustamento nei rapporti di forza si avrà tra Partito democratico e Movimento 5 stelle, a favore del primo, e all’interno del centrodestra, dove la partita per la leadership è decisamente aperta tra Matteo Salvini, Giorgia Meloni e qualche outsider, a partire dai presidenti confermati Zaia e Toti.
Difficile pensare che il Parlamento si dedichi immediatamente a nuove riforme costituzionali, anche se la vittoria del “sì” darà forza a chi sostiene che se ne possano avviare di ulteriori. Più probabile che ora l’attenzione si concentri sull’adeguamento della legge elettorale: qualcuno sosterrà che bastano pochi accorgimenti tecnici mentre altri, c’è da scommetterci, chiederanno una sua revisione più sostanziale. L’augurio è che invece non si perda tempo e che si adeguino al più presto i regolamenti parlamentari e l’organizzazione dei lavori delle commissioni.
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bob
un Paese avvitato su se stesso. Dove piccoli personaggi vengono assurti ai grandi politici in mancanza di altro. Un paese riportato indietro di 300 anni. Senza un a politica progettuale , senza un piano. Con un sottobosco enorme di persone senza cultura dove mediocri soggetti sguazzano vergognosamente. Nessun futuro
Savino
Pochi parlamentari e zero idee. Con 30 voti scarsi su una piattaforma informatica diventi un padreterno in terra, cosa che neanche il superenalotto ti garantisce. Appendino è il primo sindaco che falsifica un bilancio comunale. Complimenti m5s, avete ridotto a brandelli le istituzioni per tirare a campare anzichè trovarvi un lavoro.
Alessio Franzoni
Sottoscrivo anche ora, ad urne chiuse, quanto ebbe a sostenere l’autore in un suo precedente articolo del 1/9 sul taglio dei parlamentari, ovvero che “qualsiasi sia il risultato della consultazione referendaria, non cambierà molto per il futuro del nostro paese”.
Henri Schmit
L’analisi è interamente condivisibile. Bisogna forse insistere sull’intenzionale incompletezza di questa revisione. Soprattutto delle regole elettorali e del bicameralismo. Per questa ragione sarebbe utile avere fatto nel passato un’analisi critica dell’esito dei precedenti progetti di revisione e referendum costituzionali con esito negativo. Vedervi delle riforme a favore della “devolution” e per “superamento del bicameralismo perfetto” non li caratterizza correttamente (cf due dossier parlamentari descrittivi menzionato come link nell’articolo). A mio parere erano soprattutto due progetti per dare più potere e autorevolezza al P/C attraverso una serie di modifiche della Costituzione e delle L elettorali completamente nuove. Entrambi i progetti miravano a far indicare il P/C direttamente attraverso l’elezione dei parlamentari, vincolare il loro mandato e garantire una maggioranza sicura ed immutabile. Renzi ha parlato recentemente di un modello “Sindaco d’Italia”, il suo, ovviamente non più proponibile. L’alternativa individuata (secondo me correttamente) da Renzi è il monocameralismo abbinato ad una L elettorale proporzionale, cioè senza la solita forzatura iper-maggioritaria e alla sfiducia costruttiva. Quello che rimarrebbe da chiarire sarebbe l’eventuale ruolo del Senato se dovesse sopravvivere sotto una nuova forma. E il Senato regionale, o espressione delle autonomie locali, da modello tedesco o francese, con competenze limitate, non è l’unica soluzione possibile.
Giuseppe Gattullo
La disinformazione, il qualunquismo e la faciloneria col la quale si è mandato a votare gli Italiani, su un referendum di riforma Costituzionale fa paura.
Nessuno conosce le conseguenze che questa decisione comporterà, nei delicati equilibri che garantiscono la Democrazia.
Inseguire populismo e autoritarismo si riposiziona l’Italia su tendenze autoritarie, per esempio, si regala a chi spesso con metodi mafiosi è in grado di convogliare molti voti sui propri candidati, più potere a causa di un Parlamento ridotto, e se sarà maggioritario la deriva autoritaria sarà ancora più spiccata. In un momento in cui il clima politico è avvelenato e non c’è dialogo tra le forze politiche, senza una maggioranza coesa e affidabile non si gioca d’azzardo con la Costituzione, su diritti che riguardano le Libertà di tutti i Cittadini e i diritti delle minoranze. Nessuno senza i necessari correttivi può dire come finirà e che conseguenze comporterà l’aver inseguito, seppur in buona fede il canto delle sirene populiste, che suonavano più o meno così: con noi meno poltrone, taglio dei costi della politica, taglio dei parlamentari, meno sprechi, soldi per tutti, ecc..ecc.. ma temo purtroppo che quando questi personaggi al potere dovranno affrontare le difficoltà di tutti i giorni e i nemici interni sono finiti, così come è stato per i fascisti inseguiranno un nemico esterno l’Europa, l’America. Ma non potevamo pensarci seriamente un po prima invece di inseguire propaganda, battute e slogan?