A partire dai primi giorni di febbraio il rapporto tra il numero dei decessi per Covid-19 e il numero di persone entrate in terapia intensiva è diminuito del 36 per cento. È un segnale che la campagna di vaccinazione inizia a produrre risultati.
Il rapporto tra ingressi in terapia intensiva e decessi
Dallo scorso 3 dicembre il rapporto quotidiano della Protezione civile sull’andamento della pandemia pubblica anche il numero di ingressi giornalieri in terapia intensiva.
Grazie a questa informazione aggiuntiva, con alcune accortezze, è possibile seguire il decorso dei contagiati in un certo giorno per vedere quanti di loro sviluppano una malattia grave al punto da richiedere il ricovero in terapia intensiva e per quanti di loro l’esito finale è il decesso.
Il risultato principale è che a partire dai primi giorni di febbraio 2021 il rapporto tra il numero dei decessi Covid-19 e il numero di persone entrate in terapia intensiva è diminuito del 36 per cento. In altre parole, a parità di data del contagio, oggi abbiamo un numero di decessi per ingresso in terapia intensiva molto inferiore a quello che avevamo a gennaio. Con tutte le cautele del caso, c’è qualche buona ragione per pensare che siano i primi effetti della campagna vaccinale.
La comparazione tra il numero dei decessi e il numero degli ingressi in terapia intensiva ha luogo a parità di data di contagio, in modo da garantire che l’intensità del fenomeno all’origine dei due eventi – rispettivamente, ricovero in terapia intensiva e decesso – sia la stessa.
Per garantire la parità di condizioni iniziali, è necessario tenere conto dello sfasamento temporale tra i due eventi. Secondo l’ultimo aggiornamento disponibile dell’Istituto superiore di sanità, da ottobre 2020 a oggi lo sfasamento temporale tra i due eventi è di 10 giorni. Nelle analisi che seguono faccio riferimento a questo dato, ma i risultati sono qualitativamente simili variando di qualche giorno lo sfasamento.
Cosa è successo da inizio febbraio
La figura 1 presenta il rapporto tra i decessi nel giorno t e gli ingressi in terapia intensiva nel giorno t-10. Considero il periodo che va dal 10 gennaio fino a oggi, escludendo il mese di dicembre, perché fino alla fine di quel mese non tutte le regioni hanno fornito l’informazione relativa agli ingressi in terapia intensiva.
Nel corso di gennaio il rapporto ha oscillato tra 2,6 e 3,1. Vale a dire che tra coloro che hanno sviluppato il contagio in quel mese, per ogni persona entrata in terapia intensiva sono decedute mediamente poco meno di tre persone.
Che ci siano molti più decessi rispetto agli ingressi in terapia intensiva non deve sorprendere, corrisponde all’evidenza aneddotica disponibile: molte morti avvengono in un luogo diverso dalla terapia intensiva.
La figura 2 mostra ciò che è successo in Veneto nel periodo 21 febbraio-17 novembre 2020: solo il 14,2 per cento del totale dei decessi è avvenuto in terapia intensiva.
Figura 2 – Decessi Covid-19 secondo il luogo dell’evento (Veneto, 21/2-17/11 2020).
Fonte: Il Giornale di Vicenza, 24/11/2020
A partire dai primi giorni di febbraio il rapporto decessi(t)/ingressi TI(t-10) è progressivamente diminuito in modo regolare. Per gli ultimi giorni disponibili il rapporto vale 1,8, il 36 per cento in meno del livello medio osservato a gennaio.
La figura 3 riporta i decessi da inizio febbraio a oggi (linea blu) e i decessi che si sarebbero registrati se il rapporto decessi(t)/ingressi TI(t-10) fosse rimasto costante a 2,8, il livello medio di gennaio (linea arancione). Vale a dire che per ottenere i decessi “controfattuali” per il giorno t, ho moltiplicato gli ingressi in terapia intensiva del giorno t-10 per 2.8.
Nel complesso, dal 7 febbraio al 12 marzo abbiamo avuto circa 3.500 decessi in meno rispetto allo scenario controfattuale – 10.575 contro 14.119 – pari a una riduzione del 25 per cento.
Effetto dei vaccini?
Fin qui i fatti. Alla ricerca di una spiegazione, si entra forzatamente nel congetturale.
– Sappiamo che i decessi Covid-19 hanno colpito soprattutto la popolazione più anziana.
– L’evidenza aneddotica disponibile dice che solo una parte, minoritaria, dei decessi Covid-19 ha luogo tra i ricoverati in terapia intensiva. Nelle statistiche ufficiali manca il dato relativo all’età media all’ingresso in terapia intensiva. Tuttavia, stando a quanto dicono numerosi testimoni privilegiati, i ricoverati in terapia intensiva sono mediamente molto più giovani dei deceduti Covid-19.
– Sappiamo che la campagna vaccinale iniziata a fine dicembre ha coinvolto in misura (relativamente) considerevole la porzione di popolazione anziana, più a rischio di decesso in luogo diverso dalla terapia intensiva: Rsa e domicilio, pari al 27,5 per cento in Figura 2.
– Stando a quanto si sa dei vaccini, i loro effetti sono attesi qualche settimana dopo l’inoculazione. Nel rapporto Iss del 24 febbraio si confronta l’andamento nel tempo del numero di casi segnalati rispettivamente sopra/sotto gli 80 anni: c’è chiara evidenza che a partire dal 20 gennaio le due linee divaricano, segnalando un effetto della campagna di vaccinazione.
Mettendo in fila questi indizi ne esce una spiegazione plausibile per l’evidenza in figura 3. Il rapporto decessi(t)/ingressi TI(t-10) diminuisce progressivamente perché la campagna di vaccinazione ha effetti soprattutto sul numeratore del rapporto: tocca molto più i decessi – concentrati nella popolazione più anziana – che gli ingressi in terapia intensiva, concentrati in una popolazione molto più giovane. E questi effetti si stanno manifestando nei tempi attesi: a partire dalla seconda settimana febbraio, cioè circa 20 giorni dopo l’effetto sui casi segnalati documentato nel rapporto Iss del 24 febbraio, e in modo progressivamente più accentuato, come si vede in figura 4 (presenta la stima dell’effetto sui decessi nei giorni dal 7 febbraio a oggi, ottenuta come differenza tra la linea arancione e la linea blu della figura 3).
Seconda questa interpretazione, i 3.500 decessi in meno rispetto allo scenario controfattuale (figure 3 e 4) rappresentano una stima degli effetti ottenuti dalla campagna di vaccinazione nei primi 34 giorni (7 febbraio-12 marzo).
La stima degli effetti sui decessi in figura 4 è prudente. Se la campagna di vaccinazione stesse avendo effetti anche sul numero di persone che entrano giornalmente in terapia intensiva – cosa che con i dati a disposizione non possiamo dire – gli effetti sui decessi sarebbero maggiori di quelli visibili in figura 4. In secondo luogo, i decessi evitati sono solo 3.500 perché parliamo degli effetti nei primi 34 giorni della campagna vaccinale e, soprattutto, perché fin qui la campagna vaccinale ha incontrato molte difficoltà. Con queste premesse, è facile immaginare cosa succederà non appena si riuscirà a cambiare passo.
Per avere una conferma di questi risultati, servirebbero dati molto più dettagliati di quelli disponibili. Un buon esempio di cosa si dovrebbe fare se si avessero a disposizione i dati giusti è qui.
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