Biden si è schierato a favore della sospensione della proprietà intellettuale sui vaccini anti-Covid. Ma senza brevetto le aziende farmaceutiche non hanno incentivi a investire in ricerca. Serve allora un modello di innovazione farmaceutica alternativo.
Le regole del Wto
A sorpresa, l’amministrazione Biden si è schierata a favore della proposta, presentata da India e Sudafrica, di una sospensione della proprietà intellettuale sui vaccini anti-Covid per un certo numero di anni. La mossa aumenta le possibilità che la proposta sia approvata dall’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), anche se l’esito dello scontro in corso a Ginevra è tutt’altro che scontato.
Costruire nuovi impianti per la produzione di vaccini, però, richiede tempo, per cui la svolta di Biden non avrà alcun effetto immediato sulle campagne di vaccinazione e sulla velocità con cui i paesi ricchi usciranno dall’emergenza sanitaria. Ma in un futuro un poco più lontano, le conseguenze potrebbero essere profonde. E benché molti leggano la scelta di Biden puramente in chiave umanitaria, paradossalmente le conseguenze potranno farsi sentire nei paesi ricchi più che in quelli poveri
Per capire il perché, bisogna ricordare che già ora le regole del Wto prevedono la possibilità di licenze obbligatorie sui brevetti. Diversi paesi in via di sviluppo hanno fatto ricorso a questa possibilità per produrre in proprio farmaci brevettati, in passato per la cura dell’Aids e più di recente dell’epatite C. Ma, a parte una certa farraginosità delle procedure, le regole attuali del Wto prevedono due condizioni restrittive: un compenso per il detentore del brevetto e la distribuzione del farmaco limitata al mercato domestico. Quindi, per fare un esempio, la Malesia oggi può produrre il Sofosbuvir (un farmaco per la cura dell’epatite C) in base a una licenza obbligatoria, ma deve pagare royalties a Gilead (titolare del brevetto) e non può esportare il farmaco in Italia o negli Usa. Con la pura e semplice sospensione della proprietà intellettuale, invece, i produttori indiani di vaccini anti-Covid potrebbero esportarli in tutto il mondo senza dover compensare BionTech, Moderna, o chi altri.
Per AstraZeneca cambierebbe poco o nulla, visto che l’accordo tra l’università di Oxford e la compagnia farmaceutica anglo-svedese prevede che il vaccino debba essere venduto a prezzo di costo. Ma Pfizer, Moderna e Johnson&Johnson caricano sul prezzo un certo margine che, anche se non astronomicamente elevato, garantisce profitti considerevoli. È una differenza, sia detto per inciso, che può in parte spiegare la maggiore regolarità delle loro forniture rispetto ad AstraZeneca. Se il virus continuerà a circolare e i vaccini richiederanno richiami periodici, come sembra probabile, nel lungo periodo l’impatto negativo sui profitti di queste compagnie potrebbe essere consistente.
Un nuovo modello di innovazione farmaceutica
Non a caso l’industria farmaceutica ha aspramente criticato la scelta di Biden. L’argomentazione, ben nota ma non per questo meno rilevante, è che i profitti delle compagnie farmaceutiche sono l’incentivo che le spinge a investire nella ricerca di nuovi farmaci: eliminarlo mette a rischio l’innovazione futura.
Di qui la domanda: se oggi sospendiamo i brevetti, chi farà il vaccino per la prossima pandemia?
La domanda è legittima (per quanto l’industria farmaceutica possa sollevarla in modo strumentale) e assolutamente fondamentale. Rispondere che la situazione è così grave da giustificare misure straordinarie “solo per questa volta” significa non capire il senso profondo della domanda. L’efficienza delle nostre istituzioni economiche viene messa alla prova proprio quando i problemi da risolvere sono difficili. Se il modo in cui abbiamo organizzato il processo di invenzione e produzione dei nuovi farmaci è inadeguato e deve essere corretto per far fronte alla pandemia di Covid, perché dovrebbe funzionare meglio in tutti gli altri casi?
Può darsi che Biden e la sua amministrazione non abbiano alcuna intenzione di avventurarsi in una trasformazione radicale dell’industria farmaceutica. Secondo alcuni commentatori, l’obiettivo sarebbe molto più limitato: mettere pressione alle aziende farmaceutiche per indurle a donare i vaccini ai paesi in via di sviluppo, o quantomeno a ridurre i prezzi.
Ma può anche darsi che Biden abbia una visione del problema più ampia e ambiziosa. Se così fosse, però, il presidente Usa e i suoi sostenitori dovrebbero agire di conseguenza e proporre un modello di innovazione farmaceutica alternativo alla proprietà intellettuale, che chiarisca come e perché saremo in grado di fare anche il prossimo vaccino.
E qui, semplificando al massimo, ci sono due possibilità. La prima è lasciare la ricerca nelle mani delle compagnie farmaceutiche private modificando però la struttura degli incentivi e, in particolare, sostituendo i brevetti con premi in denaro. Questa proposta è molto popolare nella sinistra radicale americana ed è sostenuta da premi Nobel come Joseph Stiglitz e Michael Kremer, oltre che da politici come Bernie Sanders. Un altro premio Nobel, Jean Tirole, ha però sottolineato che il valore del nuovo farmaco è spesso incerto, per esempio perché non si sa se e quando in futuro saranno scoperti trattamenti equivalenti o superiori. In questi casi, come stabilire il premio in denaro?
La seconda possibilità è sfruttare la crescente interazione tra ricerca di base e ricerca applicata in campo farmaceutico. Come ho sostenuto in un precedente intervento, si potrebbe delegare l’invenzione di nuovi principi attivi a università o istituti di ricerca, che già adesso fanno una parte rilevante di questo lavoro, e finanziarli con denaro pubblico. I test clinici potrebbero invece essere delegati a nuove istituzioni pubbliche, simili alle attuali autorità di regolamentazione come Fda (Food and Drug Administration) ed Ema (European Medicines Agency). Le nuove istituzioni dovrebbero però occuparsi non solo del controllo dei test ma anche della loro conduzione.
Entrambe le alternative sono tutt’altro che semplici da realizzare. Basti pensare, per fare solo un altro esempio, al problema di come suddividere tra i vari paesi l’onere del finanziamento dei premi monetari che dovrebbero sostituire i brevetti nel primo caso, o delle nuove istituzioni pubbliche nel secondo. È lecito dubitare che l’amministrazione Biden (o qualunque amministrazione Usa) voglia intraprendere riforme tanto radicali. Se però non vogliamo più i brevetti sui farmaci, delle due l’una: o si affrontano questi problemi o bisogna sperare che la prossima pandemia non arrivi mai.
* Questo articolo è stato pubblicato in contemporanea su Il Foglio.
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Aram Megighian
Credo che gli ultimi paragrafi dell’ottimo articolo siano il punto fondamentale della questione.
Ad es, Pfizer ha stretto un accordo con BioNTech per la produzione del vaccino a mRNA. Ma BioNTech ha usufruito di molti fondi europei (cioè pubblici) per sviluppare questa tecnologia che avrà probabilmente delle notevoli implicazioni (è bene ricordarlo, perchè secondo alcuni pareri saranno rivoluzionarie) anche in altri campi della medicina a partire dalla cura dei tumori. Inoltre, il “segreto” vero del vaccino non sta nell’ mRNA (chiunque lo può sintentizzare dato che la sequenza del virus è pubblica e non brevettata), ma nell’ “involucro” in cui si trova, e tramite il quale esso viene veicolato dentro la cellula per essere tradotto nella proteina Spike. E l’ “involucro” può quindi trasportare differenti tipi di mRNA, come una siringa può iniettare differenti tipi di farmaco. Il che apre alla Pfizer un possibile immenso “territorio di conquista” e di futuri enormi guadagni, indipendentemente dal vaccino contro SARS-Cov2
Allo stesso modo, però, la mancanza di possibili guadagni (per la scarsa durata di vita di questi farmaci) in relazione alle spese per la ricerca da affrontare, sta facendo ridurre in modo assai pericoloso lo studio di nuovi antibiotici, con il pericolo concreto che si possa addirittura ritornare al periodo pre-antibiotico.
Urge quindi una soluzione concreta al problema dei farmaci, piuttosto che soluzioni transitorie
Umbe
Si potrebbe sapere, bilanci alla mano, quanto le citate aziende hanno investito in ricerca negli ultimi 5 anni e quanto in altre attività ?
Sbaglio o la vera ricerca la fanno 4 gatti ?
Sbaglio o il vero investimento è nella produzione ?
Lorenzo Luisi
Gentile prof. Denicolò, non mi è chiaro perché non è possibile seguire, anche per i vaccini, l’esempio della Malesia che” oggi può produrre il Sofosbuvir (un farmaco per la cura dell’epatite C) in base a una licenza obbligatoria, ma deve pagare royalties a Gilead (titolare del brevetto) e non può esportare il farmaco in Italia o negli Usa”. Grazie per una sua eventuale replica.
Vincenzo Denicolo
Certo che è possibile farlo, quello che cecrcavo di spiegare è che la proposta di sospendere la validità dei brevetti sui vaccini anti-Covid va oltre la licenza obbligatoria
Enrico D'Elia
Il dilemma è vecchio e quindi le soluzioni proposte non possono essere troppo nuove. Tuttavia, in ultima analisi, l’attuale modello basato sui brevetti lascia a Big Pharma la scelta delle malattie su cui investire (ovvero su quali umani salvare) e quindi mi sembra poco razionale. Per esempio la Pfizer ha ricavato dal brevetto su una sua nota pillola blu molto più che dai vaccini. Non a caso le sue quotazioni in borsa non hanno ancora superato i record degli anni precedenti la pandemia. Quindi solo ingenti fondi pubblici e il ritorno di immagine l’hanno convinta a occuparsi di Covid. Forse una soluzione equilibrata potrebbe essere quella di riservare allo stato una prelazione sui brevetti, in modo da poter indirizzare “democraticamente” la ricerca farmacologica.
PS
In Italia esisteva e forse esiste ancor oggi l’Istituto farmaceutico Militare.
Perchè il suddetto parassitario istituto non è attrezzato per studiare, ricercare e produrre vaccini? Altrimenti chiudiamolo.
bob
..per esperienza diretta se non ci fosse Istituto farmaceutico Militare un mio giovane parente morirebbe. Con tutto il rispetto per il Prof.re alla domanda molto semplice “Chi investe nei vaccini senza brevetto?” . Vorrei rispondere che le case farmaceutiche possono fare profitti su tante altri farmaci. Profitti talmente elevati che un benchè una minima percentuale accantonata di quei profitti paga ampiamente il brevetto. E’ una questione culturale caro Professore più che economica che deve cambiare
Gianni De Fraja
Ciao Vincenzo, bell’articolo, che condivido, compresi i tuoi dubbi. E ho ricevuto questo memo dalla mia macchina del tempo (non brevettata, ma tenuta segreta…)
GlobalPharma. Memo interno. TOP SECRET. 15/5/2025.
Il CdA di GlobalPharma, in seduta straordinaria in data odierna, VISTA la minaccia costituita dalla nuova variante Covid-24, che colpisce, con conseguenze quasi sempre fatali, soprattutto i bambini in età 7-14; CONSIDERATO il costo elevatissimo dello sviluppo del vaccino contro tale variante; CONSIDERATA l’alta probabilità che i governi e il WHO sospendano il brevetto qualora il vaccino si dimostri efficace, come fu il caso con il vaccino per il Covid-19; CONSIDERATA l’impossibilità di soddisfare le richieste di regolari dividendi per i fondi pensione che hanno investito in azioni GlobalPharma se dovese venire a mancare il flusso di pagamenti per la licenza del vaccino, e il conseguente rischio di bancarotta; HA DECISO di SOSPENDERE con immediato effetto le spese di ricerca e sviluppo per i vaccini contro la nuova variante Covid, e di devolvere il budget R&D alla continuazione della ricerca sulla causa della caduta dei capelli nei maschi caucasici di età superiore ai 50 anni.
Giuseppe De Arcangelis
Grazie per questo bell’articolo. Almeno a me, rimane il puzzle di Moderna che ha rinunciato a qualsiasi azione legale contro chi utilizzasse la sua tecnica di vaccino mRNA. Moderna (diversamente da Pfizer) ha ricevuto push funding dal governo USA, ovvero finanziamenti diretti per ricerca, e non solamente pull funding (acquisto in anticipo delle dosi). Potrebbe essere il “premio” di cui parlano Stiglitz e Kremer?
Vincenzo Denicolò
Grazie per il commento. Direi che quello di Moderna può essere visto come un sussidio alla ricerca più che come un premio per l’innovazione. La differenza è che il sussidio lo avrebbero preso anche se non fossero riusciti a sviluppare il vaccino: come dici giustamente, è un incentivo di tipo “push” piuttosto che “pull.”
Marco Depolo
“Se oggi sospendiamo i brevetti, chi farà il vaccino per la prossima pandemia?” Dice Denicolò che la domanda è legittima (per quanto l’industria farmaceutica possa sollevarla in modo strumentale). Mi colpisce ciò che sta tra parentesi: al di là di ragionamenti che sono solo apparentemente razional-economici, mi chiedo dove ci siamo distratti. Cioè, come la rana di Chomsky, dove abbiamo iniziato piano piano ad accettare che si facciano profitti per gli azionisti sulla salute pubblica? Fose servirebbe più Mazzucato e meno Bocconi spirit…
Glauco Boscarolli
ILe considerazioni del Dr Denicolò sono quasi totalmente coerenti con il sistema economico-finanziario create – ed imposte – dall’Occidente, in particolare dagli USA. Trascura un fatto: la decrittazione e messa a disposizione – GRATUITAMENTE A TUTTO IL MONDO – del genoma del coronavirus COVID19 è stata fatta dagli scienziati cinesi che non soltanto non lo hanno brevettato – BIG FARMA NORMALMENTE LO FA – ma sono stati anche variamente imputati di colpe varie in merito. Quindi la proposta – probabilmente finta – di Joe Biden tenta di rivestire di un’etica, per ora inesistente, un sistema che é esclusivamente egoistico. Perché non nazionalizzare Big-Pharma sotto il controllo dell’ONU?
Vincenzo Denicolò
Prima di commentare bisognerebbe leggere tutto l’articolo, non solo il titolo