La questione della sospensione dei brevetti sui vaccini è molto complessa. E la proposta di India e Sudafrica non ne risolverebbe tutte le implicazioni. Ma le organizzazioni internazionali tornano ad avere un ruolo centrale nella ricerca di soluzioni.
Gli incentivi alla ricerca
Il governo degli Stati Uniti, tramite Katherine Tai, la rappresentante per il Commercio, ha dichiarato di essere disponibile a valutare una sospensione dei brevetti sui vaccini per combattere il Covid-19. La dichiarazione, condivisa da alcuni governi europei, ha suscitato un dibattito vivace tra chi attribuisce le difficoltà di accesso all’immunizzazione al brevetto e al monopolio e chi sostiene che una loro sospensione comprometterebbe la lotta alla pandemia, limitando gli incentivi all’innovazione e mettendo in pericolo la sicurezza dei vaccini stessi.
La contrapposizione è poco utile nello spiegare quanto avvenuto e quanto avverrà. Durante la pandemia, gli incentivi a innovare sono arrivati da molte direzioni, in primo luogo dai cospicui accordi di acquisto anticipato intercorsi tra governi e imprese.
Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono stati fatti nonostante l’incertezza sull’effettiva possibilità di far rispettare i brevetti (molti dei quali non ancora concessi) in una situazione pandemica. Incentivi importanti sono stati, invece, la prospettiva di guadagni in termini reputazionali e la costruzione di un vantaggio competitivo in un mercato dove sono presenti barriere all’imitazione indipendenti dalla proprietà intellettuale, quali il know-how necessario a sviluppare la capacità produttiva (come nel caso dei vaccini a mRna).
Gli acquisti anticipati e lo sviluppo del know-how giocheranno un ruolo fondamentale anche nell’estensione della campagna vaccinale ai paesi più poveri. Per questa ragione, la presa di posizione dell’amministrazione Biden va letta alla luce di due questioni più ampie, l’una di natura politica, che riguarda il ruolo dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), l’altra che riguarda la complessità sistemica dei vaccini.
La questione politica: il ruolo del Wto e degli accordi Trips
La dichiarazione dell’amministrazione Biden-Harris fa riferimento a una generica “sospensiva (waiver) dei diritti di proprietà intellettuale” sui soli vaccini e annuncia il duplice impegno degli Usa a negoziarne le modalità all’interno del Wto e a collaborare con il settore privato, per espandere la produzione e distribuzione dei vaccini.
La presa di posizione Usa segue la proposta dei governi di India e Sudafrica (2 ottobre 2020) di sospendere l’applicazione di varie sezioni degli accordi Trips (Trade–Related Aspects of Intellectual Property Rights). I due paesi hanno indirizzato al Wto una richiesta molto più ampia, che non riguarda solo i brevetti né tantomeno i soli vaccini, ma si estende anche al diritto di autore (copyright), al design industriale (che copre fra gli altri la forma funzionale di strumenti medicali o di ricerca) e al segreto industriale.
La proposta, se accolta, consentirebbe ai paesi che lo volessero di ritardare o sospendere l’introduzione di leggi loro richieste dal Wto o di non incorrere in controversie sulla loro applicazione nel corso della pandemia. In particolare, i paesi in via di sviluppo potrebbero importare dall’estero versioni generiche (senza licenza o con licenze non conformi all’articolo 31) dei prodotti di cui necessitano, ma anche riesportarli fra loro. È importante sottolineare che l’Europa o gli Usa, al loro interno, se volessero, potrebbero mantenere in vigore gli accordi Trips e applicare le leggi attuali. Eviterebbero così di importare versioni generiche del prodotto e continuerebbero a proteggere i propri produttori.
La dichiarazione della rappresentante Usa è molto più scarna e suggerisce che l’amministrazione Biden-Harris abbia invece in mente tre iniziative più mirate, che non implicano una sospensione generalizzata dei brevetti:
1) semplificare ulteriormente gli accordi Trips – o la loro applicazione – in materia di licenze obbligatorie. La possibilità è suggerita dall’accento che la dichiarazione di Tai mette sulla collaborazione con il settore privato e dalla necessità tecnica di combinare le licenze sui brevetti con quelle per il trasferimento di know-how non brevettato e generalmente tenuto segreto;
2) il supporto alla creazione di patent pools, sul modello dei Medicines Patent Pool per l’Hiv, l’epatite C e la tubercolosi. Questi permettono di concedere in modo congiunto le licenze per la produzione o la distribuzione di farmaci controllati da imprese diverse, ma complementari fra loro (utilizzati nella stessa terapia). La creazione – da parte della Organizzazione mondiale della sanità – del Covid-19 Technology Access Pool (C-TAP) va in questo senso e sarà certamente rafforzata;
3) un maggiore supporto all’iniziativa Covax, sempre della Who, con cui paesi ad alto reddito sovvenzionano l’acquisto e la distribuzione di vaccini a 92 paesi a basso reddito.
Queste iniziative sono già state esaminate da commentatori esperti, con pareri discordi sulle loro possibilità di contribuire a un effettivo successo della lotta globale contro la pandemia. Quindi non è detto che saranno tutte perseguite né che altre non possano aggiungersi. Resta comunque difficile prevedere che la proposta di India e Sudafrica venga accolta così com’è.
Per il momento è però rilevante l’esito politico che si va profilando, la cui portata va oltre l’emergenza pandemica in corso. India e Sudafrica e Usa hanno indicato nel Wto la sede dove porteranno le loro proposte, sottolineandone l’orientamento a raggiungere soluzioni “consensuali”. Dopo la guerra al multilateralismo intrapresa da Donald Trump, si apre una importante fase in cui le organizzazioni internazionali multilaterali (come Organizzazione mondiale del commercio e Organizzazione mondiale della sanità) possono giocare un ruolo centrale nel ridisegnare le regole del gioco su scala globale.
Complessità del vaccino e della ricerca vaccinale
La diplomazia internazionale, nel cercare di promuovere l’accesso generalizzato, dovrà anche tener conto delle complessità del vaccino e dell’attività di ricerca. I vaccini non sono semplici molecole, la cui produzione possa essere intrapresa semplicemente ottenendo una licenza o una sospensiva su uno o pochi brevetti. Sono invece prodotti complessi, sia sotto il profilo produttivo sia della ricerca.
Sotto il profilo produttivo, per esempio, la produzione del vaccino Pfizer necessita di 280 componenti da 86 fornitori in 19 paesi, oltre ad attrezzature e personale altamente specializzati. Vengono già segnalati problemi di accesso alle materie prime e colli di bottiglia importanti nella catena globale di fornitura.
In questo senso, il secondo dei due impegni presi dall’amministrazione Biden-Harris, quello sull’espansione della capacità produttiva mondiale, è altrettanto importante del primo, relativo alla sospensiva sui brevetti. Finora, infatti, gli Stati Uniti avevano reso molto difficili tutte le esportazioni di materie prime e beni intermedi per la produzione farmaceutica, nel quadro del Defence Production Act. Ciò che sarebbe davvero importante è fare grossi investimenti su scala globale per acquistare le dosi e distribuirle a tutti paesi, inserendo nei contratti di acquisto clausole a favore e a supporto dell’espansione della capacità produttiva (cfr. qui e qui).
In parallelo, una sospensione della proprietà intellettuale o una semplificazione dei regimi di licenza obbligatoria potrebbero consentire ad alcuni paesi (per esempio, Cina e India) di produrre per l’esportazione anche su altri mercati, cosa che probabilmente farebbero comunque, ma in questo caso senza la minaccia di sanzioni commerciali in ambito Wto.
Sotto il profilo della ricerca, la complessità dei vaccini rimette al centro il problema della proprietà intellettuale, ma non perché sia oggi concentrata nelle mani di chi li produce, dando a queste imprese un eccessivo potere di mercato sul prodotto finale. Al contrario, ciò che preoccupa è il fatto che la proprietà intellettuale sia dispersa tra molti attori e marcata da confini piuttosto labili. Su ogni vaccino insistono infatti molteplici brevetti, come ad esempio quelli sulle varie nanoparticelle lipidiche che trasportano l’Rna messaggero nei vaccini mRna o sui diversi metodi di modificazione dell’Rna.
Molti di questi brevetti sono detenuti da università o imprese differenti da quelle che producono il vaccino. Né la loro portata (ampiezza e validità delle rivendicazioni) è sempre chiara, tanto più che molti brevetti sono ancora sotto esame e lontani dall’essere concessi. Questo genera da un lato un potenziale contenzioso sulla validità delle varie rivendicazioni e dall’altro la necessità di negoziare accordi di licenza incrociati. Ma con la corsa al vaccino e il conseguente infittirsi della “boscaglia” brevettuale (“patent thicket”, nel gergo degli specialisti) aumenta il rischio di tentativi di blocchi incrociati e i costi necessari per evitarli.
È per questo motivo che la proposta di India e Sudafrica menziona esplicitamente il problema della ricerca. Ma per lo stesso motivo è difficile pensare che quella proposta sia risolutiva, perché la non-applicazione degli accordi Trips da parte dei paesi meno avanzati non farebbe nulla per risolvere i problemi legati all’accumulo e incrocio di brevetti in quelli più avanzati. Sarebbe invece più decisiva la concessione di licenze congiunte sui brevetti o altri titoli di proprietà intellettuale su conoscenze giudicate essenziali per la ricerca, in modo da promuovere uno sviluppo ordinato delle innovazioni, anche a beneficio delle start up innovative, che sono più esposte ai costi di eventuali dispute legali. Se la dichiarazione di Katherine Tai rimette in gioco il Wto, l’impegno a “lavorare con il settore privato e tutti i possibili partner” lascia pensare alla condivisione, più che alla sospensione, dei diritti di proprietà intellettuale. E la chiosa con cui si sottolinea che “le negoziazioni richiederanno tempo”, se da un lato spazientirà qualcuno, dall’altro lascia pensare che il periodo delle decisioni unilaterali è forse, finalmente, alle spalle.
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