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Bad bank, un bell’esempio

In Spagna è stata costituita una società apposita per raccogliere i crediti in stato di insolvenza delle banche che hanno ricevuto sussidi pubblici. L’esperienza potrebbe essere molto utile anche da noi, per rompere il circolo vizioso che lega sofferenze e politiche sui nuovi finanziamenti.
LA SAREB SPAGNOLA
Il 25 giugno del 2012 il Governo spagnolo ha richiesto ufficialmente l’aiuto all’Unione Europea per la ristrutturazione e ricapitalizzazione del settore bancario domestico. Nell’ambito del Memorandum di intenti, sottoscritto tra il Governo spagnolo e le autorità europee con il supporto del Fondo monetario internazionale, uno dei punti cardine riguarda la costituzione di una nuova società di asset management. La sua finalità è quella di raccogliere i crediti in stato di insolvenza, più o meno grave, delle banche spagnole che hanno ottenuto il sostegno attraverso capitali pubblici, per poi gestire queste attività, allo scopo di massimizzarne il ritorno economico, nell’arco di quindici anni. In altri termini, è stata prevista l’istituzione di una bad bank, che ha preso il nome di Sareb – Sociedad de Gestión de Activos procedentes de la Reestructuración Bancaria. (1)
Il primo obiettivo di Sareb è  rimuovere velocemente i crediti in stato di insolvenza, soprattutto legati al mercato immobiliare, dai bilanci delle banche che hanno già ricevuto aiuti pubblici: Bfa-Bankia, Catalunya Banc, Novagalicia Banco e Banco de Valencia. A dicembre del 2012 queste banche hanno trasferito a Sareb impieghi bancari per un controvalore di 54 miliardi di euro. In una fase successiva potranno trasferire i crediti deteriorati anche le banche che hanno solo di recente fatto domanda per un piano pubblico di sostegno (ovvero Caja3, Banco Mare Nostrum, Banco Ceiss e Liberbank). Considerando anche questo secondo gruppo, gli attivi trasferiti a Sareb non dovrebbero comunque eccedere i 90 miliardi di euro. E lo stesso potranno poi fare anche quelle banche che avendo esigenze di capitale superiori al 2 per cento dei risk-weighted assets non riescano, entro il 30 giugno del 2013, a trovare capitali privati necessari a rimpiazzare le contingent convertible securities (Cocos) sottoscritte dal fondo pubblico di ristrutturazione bancaria.
COME FUNZIONA
Il prezzo di trasferimento delle attività a Sareb è determinato dalla Banca di Spagna sulla base di una stima del valore di mercato, a cui poi è applicato uno sconto (haircut). In media, il valore di trasferimento è stimabile in meno del 40 per cento del valore nominale del credito vantato. A fronte delle attività trasferite, Sareb emette dei titoli di debito, costruiti in modo da rispecchiare i requisiti per essere accettati come collaterale dalla Bce, che vengono garantiti dallo Stato spagnolo e sottoscritti dalle banche che hanno trasferito i crediti in sofferenza.
Uno dei vincoli imposti è che la quota di partecipazione pubblica al capitale di Sareb non possa eccedere il 50 per cento. È perciò previsto che possano entrare nel capitale investitori privati nella forma di banche, che non abbiano trasferito crediti deteriorati, assicurazioni e ogni altro investitore, cosicché a metà dicembre 2012 il capitale di Sareb era per il 52 per cento in mano a banche private (Santander, Caixabank, Banco Sabadell, Popular, Kutxabank). Ad attirare gli investitori privati dovrebbero contribuire le prospettive di redditività: il Roe annuo stimato dalla Banca di Spagna per Sareb è pari a circa il 14 per cento.

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 Grafico 1. Sofferenze bancarie in % degli impieghi

grafico milani sareb

Fonte: Rapacciuolo (2013).
 
Sareb costituisce, in definitiva, un caso di studio molto importante per il contesto italiano caratterizzato da un progressivo aumento dell’incidenza delle sofferenze bancarie. Dal grafico 1 si può constatare infatti come la Spagna sia riuscita a invertire la tendenza fortemente crescente delle sofferenze proprio grazie alla creazione della bad bank, mentre in Italia i crediti patologici continuano inesorabilmente a crescere. (2) Riadattata al nostro contesto, in cui le difficoltà derivano soprattutto dal segmento dei crediti verso le imprese piuttosto che da quelli delle famiglie, l’esperienza spagnola potrebbe essere molto utile per cercare di rompere il circolo vizioso che lega la presenza delle sofferenze e le politiche di erogazione di nuovi finanziamenti.
 
 (1) Per maggiori dettagli si veda Frob – Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria, 2012, “Asset Management Company for Assets Arising from Bank Restructuring”.
(2) Si veda Rapacciuolo C., 2013, “Credit crunch e recessione: il circolo vizioso si spezza solo con una politica economica che rilancia la crescita”, Nota Centro studi Confindustria n. 2013-2.

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10 commenti

  1. NP

    Ringrazio il Prof Milani per aver sollevato la questione ma trovo che essa meriti di essere affrontata con piu’ attenzione. La situazione spagnola presenta 5 importanti particolarita’ che occorre tenere in considerazione. Innanzitutto i crediti inesigibili delle banche spagnole sono in gran parte il risultato di una bolla speculativa sul mercato immobiliare che l’Italia non ha avuto. In secondo luogo vorrei ricordare che l’operazione e’ costata una fortuna, che la Spagna ha dovuto richiedere l’intervento dell’EFSF/ESM ed ha dovuto sottoscrivere un memorandum of understanding con l’Eurogroup. In terzo luogo molte delle banche coinvolte sono state nazionalizzate e alcune liquidate. In quarto luogo la Spagna ha introdotto una legge che ha obbligato alcuni creditori delle banche ad accettare una svalutazione dei loro titoli al di fuori di una procedura di liquidazione. Infine le banche sono state sottoposte ad un numero di condizioni in tema di ristrutturazione e operativita’ per rispettare le norme europee in mareria di aiuti di stato. Cio’ non vuol dire che non sia legittimo ipotizzare il ricorso ad uno strumento analogo alla bad bank spagnola, ma la valutazione della sua opportunita’ e’ cosa piu’ complessa. Cordialmente, NP

  2. Piero

    In Italia e’ una manovra suicida, il problema non sta nelle banche che oggi non fanno più il loro mestiere a causa del debito statale; dobbiamo risolvere il problema del debito sale che di fatto, come tutti i debiti del mondo deve essere rimborsato con l’inflazione; solo una politica monetaria accomodante può sanare questa crisi, tutta la liquidità dei paesi meridionali si è concentrata sui paesi nordici, già in Italia si parla di reddito di sopravvivenza di macro regioni del nord; quello che si è costruito in oltre un secolo di unità dell’Italia si è distrutto in dieci anni di moneta unica.

  3. Roberto Marchesi, Dallas Texas

    L’idea di fare pulizia nei portafogli delle banche spostando i crediti inesigibili dal
    portafoglio delle banche operative per metterlo in un “Bad Bank” finanziata col
    Fondo Salva Stati Europeo e’ indubbiamente positiva per le banche. Infatti quei “crediti dubbi” nell’attivo patrimoniale delle banche ordinarie rappresentano una pesante zavorra alla loro operativita’. Spostarli nella “Bad Bank”, non inciderebbe sull’ammontare del debito nazionale, anche se costerebbe qualcosa (dipende dall’interesse che dovrebbe essere pagato), ma avrebbe un positivo effetto sull’assetto patrimoniale della banca e di riflesso sull’attivita’ finanziaria che questa potrebbe fare a sostegno delle economie locali, che in questo momento ne hanno assoluto bisogno.
    Ovviamente ne conseguirebbe per la banca un peggioramento sugli indici patrimoniali (e col Basel III come la mettiamo?) ma un miglioramento su quelli della liquidita’. Tuttavia il rischio su quel residuo 40% (non dimentichiamo che erano crediti inesigibili!) passa in carico allo Stato (cioe’ come dicono in America: ai contribuenti), il quale dovra’ probabilmente farsi carico di pagare quel residuo 40%. Questa appare essere la sola vera ragione per la quale gli investitori privati sarebbero interessati ad investire in una Bad Bank.
    L’unico elemento positivo di questa operazione, visto dalla parte del comune cittadino, cioe’ il ritorno della banca alla normale attivita’ creditizia dei prestiti alle imprese, diventato possibile grazie alla ritrovata liquidita’, potrebbe pero’ svanire anch’esso se alla banca non venissero messi seri vincoli a come utilizzare quei fondi.
    Saluti dal Texas. Roberto Marchesi

    • No. Se la Banca cede il credito, perchè possa applicare lo IAS 39 deve perderne rischi e benefici. Quindi mettere a conto economico quell’anno il 40% di perdita. E chiudere, perchè azzera il patrimonio netto di qualsiasi banca.Non c’è nessun effetto positivo sul bilancio, perchè a fronte delle riserve che si liberano e del minore assorbimento di capitale, c’è l’immediata perdita a conto economico.

  4. buongiorno
    un veicolo di quel genere, deve passare prima per la richiesta di aiuti all’ESM ed il commissariamento, di fatto, dell’Italia.
    Quindi, per ridurre (teoricamente) il problema dell’accesso al credito, commissariamo direttamente il paese.
    L’economia Spagnola e Greca non hanno avuto aiuti dal commissariamento della troika, che ha distrutto quelle nazioni a livello economico.
    Inoltre, quale banca italiana può portare a conto economico una perdita del 40% sui propri crediti e non chiudere?
    Chi sarebbe in grado di raccogliere sul mercato gli aumenti di capitale necessari a reintegrare il patrimonio netto dopo una simile operazione?
    Le idee possono essere anche buone, ma devono fare il confronto con la realtà

  5. ma scusate le sofferenze al 40% del nominale mi pare un prezzo alto. Mi sbaglio? Sono solo Sofferenze o anche incagli?

    • Frankie

      Credo che, essendo in gran parte sofferenze “garantite” da beni reali, quali gli immobili, di fatto abbiano proceduto ad un taglio delle stime a suo tempo effettuate sugli immobili, tenendo conto del crollo del mercato dopo l’esplosione della bolla. Però, sono sempre comunque garanzie reali, non semplici crediti chirografari.
      Diverso sarebbe il caso dell’Italia, se le sofferenze riguardano soprattutto le aziende: in questo caso occorrerebbe avere dalle banche dati sulla presenza o meno di garanzie e di che tipo, poi fare anche lì un “taglio” che abbia un senso.
      Saluti.
      Franco Spallanzani

  6. Amedeo

    Buon pomeriggio.
    Una domanda: apparentemente mi sembra una struttura finalizzata a cartolarizzare crediti in sofferenza per l’emissione di titoli di debito che le stesse banche cedenti dovrebbero sottoscrivere ed usare come collateral per ottenere finanziamenti dalla BCE. Corretto?
    Se così fosse, il beneficio evidente per le banche sarebbe di ottenere liquidità immediata rinunciando ad una parte del valore dei propri crediti.
    E’ certamente una struttura sofisticata ma potrebbe essere implementata anche in Italia.
    Bisogno capire cosa chiede in cambio la BCE, perchè titoli con un sottostante non in bonis presentano rischi di insolvenza molto alti.

  7. Elder Venerucci

    esaminando il grafico 1 vorrei chiedere al prof. Milani qualche chiarimento in merito.
    Infatti fino a fine 2008 le due linee procedono in modo opposto per poi assumere un andamento più coerente. Addirittura le sofferenze registrate dalle banche italiane tendono a ridursi anche nei mesi successivi al default di Lehman bros. manetenendo un andamento più regolare.
    Ciò dipende da politiche di contabilizzazione o da altri fenomeni ?
    Mi chiedo quindi se i dati ufficiali relativi al sistema italiano siano credibili fino in fondo o non siano piuttosto edulcorati essendo le nostre banche “relativamente” meno esposte verso i grandi investitori immobiliari ma più esposte nel segmento famiglie / piccole imprese oggi in grave crisi e che è più complesso monitorare.

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