L’Italia è uno dei paesi che più spesso supera le soglie di concentrazione di poveri sottili e ultrasottili. Tutto ciò si ripercuote sulla salute delle persone, anche giovani. Ma sono alti e tangibili pure i costi per il Sistema sanitario nazionale.
I danni delle polveri sottili nelle città
Tra gli ambiziosi piani per combattere il cambiamento climatico analizzati durante il recente G7 di Carbis Bay, c’è l’impegno ad accelerare gli sforzi per migliorare la qualità dell’aria nelle grandi città. Gli effetti dell’inquinamento da autoveicoli sulla salute pubblica restano infatti un’importante sfida.
La questione è quanto mai attuale in Italia, per due motivi. S’inserisce nel più ampio e complesso dibattito sulla regolamentazione dello smart working che, attraverso una riduzione della mobilità “non strettamente necessaria”, potrebbe portare benefici ambientali significativi, con conseguente riduzione dei danni alla salute e minori costi per il Sistema sanitario nazionale. Inoltre, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, l’Italia è tra i paesi con più alto numero di superamenti delle soglie di concentrazione di poveri sottili (PM10) e ultrasottili (PM2.5) indicate dall’Organizzazione mondiale della sanità, ed è tuttora soggetta a procedura d’infrazione così come stabilito dalla Corte di giustizia europea novembre 2020.
Identificare gli effetti e quantificare con precisione i costi dell’inquinamento dell’aria è cruciale per aggiornare e pianificare nuove politiche di protezione e di assistenza verso chi è più colpito.
Un nostro studio, pubblicato di recente su Journal of Health Economics e svolto in collaborazione con il dipartimento di prevenzione del ministero della Salute, mostra in maniera dettagliata gli impatti dell’inquinamento dell’aria sulla salute e i relativi costi per il Ssn nelle città capoluogo di provincia.
Utilizzando le schede di dismissione ospedaliera (Sdo) fornite dal ministero della Salute, stimiamo l’incidenza giornaliera delle ospedalizzazioni urgenti (quelle non programmate) per malattie respiratorie dovute all’incremento delle concentrazioni giornaliere di particolato sottile (PM10). A causa della sua ampia diffusione e capacità di penetrare nei polmoni e nel flusso sanguigno, il particolato è considerato uno dei principali fattori di rischio per la salute. Le concentrazioni di PM10 sono particolarmente elevate nelle aree urbane, dove l’uso massiccio di veicoli rappresenta un fattore chiave da considerare nella definizione delle politiche ambientali. Nonostante la normativa europea fissi una soglia di concentrazione di 50 come media giornaliera, nelle città considerate nel nostro studio registriamo picchi di oltre 200.
Per stimare l’impatto causale dell’inquinamento dell’aria sulle ospedalizzazioni sfruttiamo gli scioperi del trasporto pubblico come variazione repentina del PM10 causato dalla congestione del traffico dovuta appunto al maggior utilizzo di veicoli privati. La normativa italiana garantisce comunque il mantenimento di un livello essenziale di servizi anche nei giorni di sciopero. Come mostra la figura 1, nei giorni di sciopero (t=0) individuiamo un incremento medio di quasi 1,5 di PM10 e una graduale diminuzione nei successivi tre giorni. La variazione del traffico urbano provoca infatti un improvviso aumento del PM10, che a sua volta si traduce in un impatto diretto sul numero e complessità dei ricoveri giornalieri per malattie respiratorie come asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva. I nostri risultati mostrano che l’aumento di una deviazione standard (11) di PM10 provoca circa 0,8 ricoveri in più ogni 100 mila residenti, che corrisponde a un aumento del 39 per cento rispetto alla media giornaliera di due ricoveri.
Sfortunatamente, gli effetti dell’inquinamento sono particolarmente penalizzanti per le categorie più vulnerabili come gli anziani, gli individui con un basso livello di istruzione e i migranti provenienti dai paesi più poveri.
I costi per il Sistema sanitario nazionale
Dal punto di vista empirico, per una corretta valutazione dell’impatto sociale e dei costi di welfare relativi all’inquinamento è necessario descrivere i costi derivanti sia dall’effetto sulla salute, che dal comportamento strategico attuato da alcuni individui per contrastare l’esposizione nei giorni di maggior inquinamento. Il comportamento strategico è più frequente negli individui più vulnerabili, la cui maggiore sensibilità rende basso il costo opportunità delle azioni di mitigazione. Al contrario, la popolazione giovane (15-44), generalmente la più sana e in età scolare o lavorativa, ha un limitato margine di protezione attraverso comportamenti strategici di questo tipo.
L’aumento significativo dei ricoveri urgenti di giovani rappresenta un risultato innovativo del nostro studio e riflette l’importanza delle azioni di mitigazione anche per questa fascia di età.
Ma quanto costa al Sistema sanitario l’inquinamento da PM10? Un aumento delle concentrazioni giornaliere di PM10 di una deviazione standard (11) corrisponde a un incremento della spesa per ricoveri per patologie respiratorie pari a 2.686 euro ogni 100 mila individui, che corrisponde a un incremento del 46 per cento. Considerando le diverse fasce di età, la spesa sale a circa 5 mila euro ogni 100 mila giovani, mentre per gli anziani è di circa 9 mila euro.
Complessivamente, per tutti i capoluoghi di provincia, che contano 17,8 milioni di residenti, calcoliamo un aumento giornaliero della spesa per ricoveri di circa 480 mila euro, di cui l’85 per cento deriva da un maggior numero di pazienti ricoverati, mentre il restante 15 per cento da una più elevata complessità. Se rapportati alle risorse derivanti dal Fondo sanitario nazionale, nei giorni in cui il PM10 aumenta di una deviazione standard (grosso modo pari alla differenza che esiste tra una grande città e un paesino in un’area rurale), possiamo aspettarci un aumento della spesa sanitaria totale di circa lo 0,5 per cento. Ma non è tutto, perché la nostra stima rappresenta solo la punta dell’iceberg in quanto considera gli effetti più gravi, che necessitano appunto di ricovero ospedaliero. Mentre non teniamo conto degli effetti meno gravi, che le persone curano facendo affidamento sul proprio medico di base o restando a casa malati, e degli effetti cumulativi, cioè di lungo periodo.
Il PM10 è quindi un killer invisibile, ma i suoi costi sono ben evidenti e tangibili, così da renderlo una questione politica prioritaria e stimolare ulteriori azioni di mitigazione che migliorino ancor di più la qualità dell’aria, in modo da poter finalmente riprendere il fiato.
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Henri Schmit
Ottimo articolo, importante problema ambientale, umano e economico-finanziario conosciuto e denunciato da tempo, per il quale il paese è in ritardo rispetto al resto dell’UE e che merita priorità nel contesto del PNRR.