Sul capitolo mutui, le banche hanno reagito alla pandemia adeguando i criteri di offerta alla rischiosità della clientela. Cala la probabilità di accettazione delle richieste di lavoratori a tempo indeterminato e autonomi. Ecco cosa è successo ai tassi.

Chi ha perso il lavoro

La crisi originata dalla pandemia di Covid-19 ha colpito pesantemente l’economia italiana, generando forte incertezza sull’evoluzione del quadro macroeconomico e sulle prospettive reddituali delle famiglie. Quali sono stati gli effetti sull’offerta di credito? In particolare, come sono variati i criteri di offerta di mutui residenziali da parte delle banche e quali differenze sono emerse a seconda della tipologia di contratto di lavoro del richiedente?

Nel 2020 il reddito delle famiglie si è contratto, anche se meno del prodotto. Tutte le categorie lavorative (a tempo indeterminato, autonomi, a tempo determinato) sono state colpite dalla pandemia e molti individui, non solo quelli con contratto a tempo determinato, hanno perso il lavoro. Secondo i dati Istat, il numero di dipendenti a tempo indeterminato e autonomi che hanno smesso di lavorare nel corso della pandemia è stato consistente (figura 1).

Figura 1 – Numero di occupati e variazione mensile per carattere dell’occupazione. Anno 2020

Fonte: Istat (Il mercato del lavoro 2020. Una lettura integrata)

Le banche e l’offerta di mutui

Utilizzando una base dati mensile resa disponibile dalla piattaforma MutuiOnline, abbiamo studiato le variazioni dei criteri di offerta di mutui, in termini sia di accettazione delle richieste sia di tassi di interesse proposti. Le domande di mutuo di oltre 85 mila clienti tipo, definiti combinando caratteristiche del richiedente e del tipo di contratto (mantenute costanti nel tempo), sono somministrate alla piattaforma e i dati analizzati si riferiscono alle proposte di contratto offerte da circa 40 banche (rappresentative di oltre due terzi del mercato dei mutui). Tali proposte rappresentano quindi l’offerta potenziale. Le caratteristiche della domanda sono fisse per costruzione e l’analisi non risente di problemi di endogeneità connessi con l’identificazione dei ruoli relativi di domanda e di offerta (quali, ad esempio, la decisione della clientela di rivolgersi a specifiche banche o la presenza di individui scoraggiati che scelgono di non presentare domanda (What can we learn about mortgage supply from online data?). Da marzo 2020 le banche hanno ridotto l’offerta potenziale di mutui, in particolare per i lavoratori a tempo indeterminato e per gli autonomi, che erano considerati relativamente poco rischiosi prima della crisi sanitaria. Per il complesso dei lavoratori la probabilità che le banche convenzionate con la piattaforma pubblichino un’offerta in risposta a una richiesta di mutuo (probabilità di accettazione) è diminuita di 8 punti percentuali (al 22 per cento a marzo 2021). Il calo è stato pressoché interamente riconducibile alla riduzione di 11 punti della probabilità di accettazione per i lavoratori a tempo indeterminato e per gli autonomi, divenuti quindi più rischiosi nella percezione delle banche (figura 2).

L’effetto sui tassi

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Subordinatamente all’offerta di almeno un contratto di mutuo, invece, non si rilevano effetti differenziati tra categorie di lavoratori sul tasso di interesse offerto. Ciò suggerisce che le banche tengano conto della rischiosità dei clienti nella fase di accettazione della richiesta di mutuo, ma, ceteris paribus, non adottano una politica di prezzo diversificata per categoria lavorativa una volta accettata la richiesta (figura 3).

Nostre stime econometriche (che tengono conto delle caratteristiche del mutuatario e del contratto e includono effetti fissi di banca e provincia) confermano questi risultati: a seguito del Covid-19 le banche hanno complessivamente ridotto il tasso di accettazione, soprattutto per i dipendenti con un lavoro a tempo indeterminato e i lavoratori autonomi; non si rilevano invece impatti differenziati sui tassi offerti.

* Le conclusioni espresse in questo articolo non riflettono necessariamente le opinioni della Banca d’Italia o del Fondo Monetario Internazionale.

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