Il numero di vaccinati in terapia intensiva dimostra l’inutilità del vaccino? Non è così. Ed è evidente se si prende in considerazione il dato corretto: la percentuale dei ricoverati sull’intera popolazione dei vaccinati rispetto ai non vaccinati.
Fake news con dati sbagliati
Sempre più spesso, nei blog, ma anche sui giornali e a volte in tv, c’è chi, prendendo a pretesto i dati numerici messi a disposizione sui siti ufficiali, sostiene una supposta inefficacia dei vaccini contro l’epidemia da Covid-19 e quindi una sostanziale inutilità della campagna vaccinale.
Di esempi ce ne sarebbero molti. Uno dei più comuni è prendere i dati sulla percentuale di ricoverati in terapia intensiva di vaccinati e non vaccinati e inferire che i vaccini non servirebbero a contrastare l’epidemia. Per poi aprire la polemica sulla cosiddetta retorica anti-vaccinista, che terrebbe volutamente nascosti i dati al fine di favorire non meglio identificati poteri occulti. Su lavoce.info, si è già affrontata la questione di altri numeri utilizzati in maniera fuorviante per contestare l’utilità del vaccino.
Qui cercheremo di dimostrare, basandoci sui dati ufficiali (Iss-Istituto superiore di sanità, Aifa-Agenzia italiana del farmaco, Fiaso-Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere), che il vaccino protegge efficacemente dal finire in terapia intensiva le persone che hanno completato il ciclo e che i dati sull’occupazione delle terapie intensive e sulla percentuale di vaccinati e non nella popolazione generale possono fornire informazioni interessanti sull’efficacia del vaccino.
I numeri da tenere in considerazione
Partiamo dai dati provenienti dalla rete dei sedici ospedali Fiaso, pubblicati sul QuotidianoSanità il 17 novembre. Quantificano una percentuale di vaccinati nelle terapie intensive pari al 26 per cento contro una di non vaccinati (o comunque di persone che non hanno completato il ciclo vaccinale) pari al 74 per cento. Questi dati nulla hanno a che fare con la supposta protezione del vaccino (quantificata come prossima al 95 per cento), che non deve essere confusa con il dato percentuale di ricoverati in terapia intensiva.
Se si tiene conto (come correttamente si dovrebbe fare) della percentuale sull’intera popolazione dei vaccinati rispetto ai non vaccinati (rispettivamente, 45 milioni, pari all’85 per cento, e 8 milioni, pari al 15 per cento di cittadini sopra i 12 anni di età), i dati Fiaso dimostrano che il vaccino funziona – e bene – nel proteggere le persone dal ricovero in terapia intensiva (contribuendo quindi a limitarne gli accessi).
Cerchiamo di vedere in modo semplice il perché.
Supponiamo che il vaccino si propaghi in maniera omogenea in una popolazione di N persone delle quali l’85 per cento abbiano completato il ciclo vaccinale e il 15 per cento no. Supponiamo che nelle terapie intensive ci sia una percentuale costante di vaccinati pari al 26 per cento contro il 74 per cento di non vaccinati (dati Fiaso) su un numero totale di pazienti in terapia intensiva pari a n.
La percentuale Pv di pazienti vaccinati in terapia intensiva rispetto al totale dei vaccinati sarà:
Pv= (n⋅0,26)/(N⋅0,85)
Analogamente la percentuale Pnv dei pazienti non vaccinati (in terapia intensiva) rispetto al totale dei non vaccinati si può calcolare come:
Pnv=(n⋅0,74)/(N⋅0,15)
Il rapporto Pnv/Pv (che non dipende da n né da N) fornisce il numero di non vaccinati destinati a finire in terapia intensiva per ciascun paziente vaccinato e quindi quantifica la protezione del vaccino.
Poiché Pnv/Pv=16 si può affermare che, se il numero di vaccinati e non vaccinati nella popolazione totale fosse lo stesso, per ogni vaccinato che finisce in terapia intensiva ce ne finirebbero 16 non vaccinati. La probabilità per un non vaccinato di arrivare in terapia intensiva è 16 volte superiore a quella di un vaccinato. È come dire che, a parità di numero di vaccinati e non vaccinati nella popolazione generale, su 100 persone in terapia intensiva solo 6 sarebbero vaccinati (che è comunque ben diverso dal sostenere che la probabilità di finire in terapia intensiva sia del 96 per cento per un non vaccinato e del 6 per cento per un vaccinato).
Se Pv fosse uguale a Pnv non ci sarebbe nessuna protezione del vaccino rispetto al ricovero in terapia intensiva (vaccino completamente inefficace). Questo caso specifico però può verificarsi solo se la percentuale di vaccinati in terapia intensiva è uguale a quella di vaccinati rispetto all’intera popolazione (il che implica ovviamente che la percentuale dei non vaccinati in terapia intensiva è uguale a quella dei non vaccinati nell’intera popolazione).
Se la percentuale dei vaccinati in terapia intensiva fosse maggiore di quella dei vaccinati nell’intera popolazione Pv<Pnv, il vaccino sarebbe addirittura controproducente (dannoso).
Fino a quando i dati mostreranno una percentuale di pazienti vaccinati presenti in terapia intensiva inferiore rispetto a quella delle persone vaccinate sull’intera popolazione conviene senz’altro vaccinarsi se si vuole evitare il più possibile, una volta contratto il virus, di essere ricoverati in terapia intensiva.
Anche il solo confronto tra queste due percentuali può quindi fornire informazioni circa l’efficacia del vaccino.
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marco
Sarebbe interessante capire l’andamento di questi indicatori per classi di età, dato che la maggior parte dei non vaccinati in terapia intensiva è composta da ultra-sessantenni (dato in linea con la mortalità covid). Questo permetterebbe di formulare delle policy vaccinali più efficaci, come per esempio imporre l’obbligo sopra i 60 anni invece che proporre il green pass sopra gli 11 anni.
GB Meglioli
Premesso che non mi attendo che si ribaltino i risultati, ritengo che sarebbe ancora più completo aggiungere nel calcolo i morti correlabili al vaccino. In questo modo si confrontano costi e benefici dei due stati del mondo.
L
E i guariti come entrano in questi ragionamenti? Veramente non lo so. Sono curioso.
Tra poco (forse 2 anni) tutti i vaccinati e non vaccinati si saranno ammalati e guariti (tranne alcuni) per cui non si potrà più distinguere l’efficacia del vaccino da quella della guarigione.
Ci verrano a dire del grande risultato del vaccino che ci ha fatto uscire dalla pandemia ma magari è il risultato della guarigione.
Per credere nel vaccino serve la Fede.
Alessandro
Se cerca scoprirà che sono infinitesimali rispetto alle somministrazioni, e lei non ha ragione alcuna se non la sua propria convinzione che (evidentemente si fa beffe anche della matematica), dì ritenere che le cose si ribaltino. Se poi non saprà capire la differenza dell’efficacia rispetto alle varianti il problema è il suo. Chi pensa come lei ha DECISO che è come così punto è basta. Mi pare un serio problema.
Peter
In Italia quasi il 90 percento della popolazione vaccinabile è stata vaccinata, ma l’epidemia non è stata sconfitta e il virus continua a circolare e ad ammalare vaccinati e non. Qualcuno vorrebbe negarlo? In ospedale non ci vanno solo i novax.
Roberto Berardi
Niente, non ti sei nemmeno sforzato di comprendere.
Rossi Massimo
Dico solo che chi rifiuta il vaccino è da rispettare ma dovrebbe firmare una liberatoria per non ricevere cure se si ammala di covid. Tutti quelli che si sono vaccinati penso avrebbero piacere di non dover pagare le cure per chi lo ha rifiutato e di avere i letti liberi per curarsi e non occupati da chi ha un libero pensiero di diffida verso la ricerca e la scienza.
Paolo Coduri de' Cartosio
E chiediamo ai fumatori di firmare una liberatoria per non ricevere cure se si ammalano di cancro?
Davide
Esatto, stavo rispondendo la stessa cosa…
Grissom
Belle statistiche… siamo partiti con il fatto che i bambini erano immuni, oggi sono il maggior mezzo di contagio, poi abbiamo vissuto della certezza che con il vaccino non si prendesse il covid, oggi abbiamo il record assoluto di casi da quando è iniziata la pandemia, infine viviamo nella certezza che con questo vaccino ci si ammala ma non si finisce in terapia intensiva non considerando che la variante omicron è meno dannosa della delta…
Davide
Ed anche ai bevitori incalliti…