L’Italia può rinunciare al gas russo, ma deve attuare una strategia integrata di decarbonizzazione del sistema elettrico, seguendo le politiche climatiche europee. Localizzazione degli investimenti e stoccaggio di elettricità sono i fattori cruciali.
Come sostituire il gas russo
Nel 2021 l’Italia ha importato 29 bcm di gas naturale dalla Russia: per farne a meno è necessaria una strategia integrata con approvvigionamenti alternativi, risparmi energetici e tecnologie rinnovabili. La diversificazione delle fonti di approvvigionamento è la strada su cui i governi europei lavorano di più in questo momento. È già stato siglato un accordo di aumento dell’import dall’Algeria, e contemporaneamente si cerca gas naturale liquido, considerando che la ridefinizione dei flussi internazionali sarà frutto delle diverse strategie energetiche dei paesi europei, in particolare la Germania. Il nostro governo prevede di reperire da altri paesi un terzo delle importazioni dalla Russia.
In realtà, lo strumento cruciale per aumentare la sicurezza energetica, e allo stesso tempo ridurre le emissioni di gas serra, è il risparmio energetico: riduzione delle temperature, nuove caldaie ed efficientamento dei processi industriali possono portare a un risparmio di almeno 5 bcm.
Efficientamento e nuovi approvvigionamenti possono ragionevolmente diminuire della metà le importazioni russe. Il grosso delle riduzioni di gas russo dovrà però venire dal settore elettrico, in particolare dalla sostituzione del gas con fonti rinnovabili, anche tenendo conto dei tempi di realizzazione.
Tre scenari di riduzione
Per analizzare questa strategia, abbiamo usato un modello del sistema elettrico italiano con risoluzione oraria e suddivisione nelle sette zone di mercato definite da Terna, recentemente utilizzato per analizzare la decarbonizzazione del settore power. Non prendiamo in considerazione le centrali a carbone e le capacità di trasmissione tra zone ottenute dal piano di sviluppo di Terna del 2021 (ma consideriamo un caso senza nuovi investimenti di rete). Abbiamo studiato tre scenari di riduzione dei 15 bcm residui di gas russo, rispettivamente del 50, 75 e 100 per cento. Oggi il sistema elettrico italiano consuma circa 25 bcm, quindi nel caso di blocco delle importazioni dalla Russia, rimarrebbero a disposizione 10 bcm.
I risultati mostrano che la completa indipendenza dal gas russo (non l’indipendenza totale dal gas naturale) richiederebbe 32 GW di eolico e 36 GW di solare. Vi sono anche 1,5 GW di eolico offshore in Sardegna, zona in cui l’elevato capacity factor ne comporta una buona convenienza economica.
Solo nello scenario di completa indipendenza vengono installate batterie per uso stazionario, ma comunque in modo limitato. Gran parte dello stoccaggio avviene con idroelettrico a pompaggio, che fornisce fino a 9,6 TWh di elettricità. Questa tecnologia è già largamente presente in Italia, in particolare al Nord, ed è attualmente poco sfruttata. Ciò è dovuto a fattori tecnologici ed economici, quali la flessibilità degli impianti termoelettrici e le differenze di prezzo di vendita e acquisto. La remunerazione dello stoccaggio è stata recentemente inserita nelle aste di capacity, creando l’opportunità economica del pompaggio rispetto all’uso di gas peaker.
In tutti questi scenari è inevitabilmente presente elettricità in eccesso, che nel caso di riduzione al 100 per cento risulta essere 20,9 TWh (7 per cento del consumo elettrico nazionale), ma presenta l’opportunità di sfruttare energia a basso costo per produrre idrogeno o e-fuels.
La localizzazione delle rinnovabili
Figura 2 – Produzione da fonti rinnovabili per macroregioni (GW)
L’elemento più critico è l’ubicazione delle fonti rinnovabili. Gli impianti fotovoltaici si trovano principalmente nel Nord del paese, mentre gli impianti eolici sono quasi interamente a Centro-Sud. Le richieste di allacciamento sono oggi più che sufficienti a soddisfare la richiesta sia di solare (richieste per 100 GW) che eolico (richieste per 70 GW) prevista dagli scenari, ma non la suddivisione territoriale. Il Nord ha meno di 10 GW di richieste, mentre secondo le stime ne servirebbero 15 GW. È necessario che le aste future tengano conto del funzionamento del sistema elettrico nel suo insieme, per ottimizzare l’integrazione delle rinnovabili.
La tabella 1 riporta gli investimenti necessari. Il costo annuale del sistema nel caso di completa indipendenza aumenta circa del 40 per cento rispetto al caso base, corrispondenti a 3,5 miliardi di euro. Nel 2021 l’Italia ha pagato alla Russia quasi 10 miliardi di euro di gas: si ha dunque una riduzione netta dei costi operativi di fronte a significativi investimenti in nuova capacità rinnovabile.
Questi investimenti rientrano comunque nel quadro del Fit-for-55 europeo, che indica la profonda decarbonizzazione della generazione elettrica come fattore necessario per la transizione e come fattore abilitante anche per altri settori, come quello del trasporto. Le stesse indicazioni sono riassunte nel sesto Rapporto quadro dell’Ipcc, uscito a fine febbraio.
L’occasione per fermare i finanziamenti alla guerra e accelerare il percorso di transizione climatica è dunque concreta, ma richiede una strategia integrata nazionale ed europea, che massimizzi l’efficacia delle fonti rinnovabili integrandole nel modo migliore nel sistema elettrico.
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Savino
Manca la consapevolezza del fatto che non bisogna sprecare energia, a prescindere dall’attualità. Sono pessimista su questo, soprattutto con riferimento alla cattiva educazione energetica della popolazione adulta e ho i miei dubbi anche su cosa empiricamente fa la stessa generazione di Greta Thunberg, legata agli smartphone che sprecano e inquinano. Nessuno è più capace di vivere senza condizionatore o termosifone bollente o scrosci di acqua calda sotto la doccia ed è questo il vero guaio.
Lilly Nostro
La dipendenza dal gas russo dipende dai nostri politici… Sganciarci da loro vorrebbe dire acquisire una mentalità nuova, usare meglio l’energia per il riscaldamento e per la sopravvivenza.
robertok06
Articolo 9 costituzione, “la repubblica tutela il paesaggio etc…” cozza pesantemente con l’ipotesi di 40,3 GW (!!) di eolico a terra, cioe’ 13500 turbine da 3 MW. Gli italiani non lo accetteranno mai, giustamente secondo me.
Forse gli accademici dovrebbero uscire dalla loro bolla di vetro distaccata dalla realta’ del paese, e passare dai modelli alla pratica, ogni tanto.
Inoltre, installare principalmente a nord il fotovoltaico mi sembra un controsenso, dato che al nord da novembre a febbraio le giornate sono corte e spesso i cieli coperti (basta guardare dati generazione di oggi, sito Terna).
Questo sembra solo un esercizio numerico per pubblicare un articolo su una rivista.
DDPP
Non mi convince il vostro ragionamento sullo stoccaggio di energia tramite pompaggio di acqua nei bacini idroelettrici.
Domanda:
a quanto avete calcolato l’efficienza del sistema di pompaggio?
Dove trovo il vostro documento?
Lorenzo Fusco
Penso che sarebbe valsa la pena integrare l’articolo con uno scenario in cui si assicura il carico di base con il nucleare. Ciò permetterebbe di raggiungere in modo efficiente un obiettivo di decarbonizzazione. Con pochi impianti dal limitato impatto sul paesaggio (rispetto a pale, pannelli e specchi) e senza dipendere da paesi “canaglia” per le forniture di gas. Non è responsabile lasciare il paese in balia di fonti energetiche intermittenti ed è assurdo investire enormi risorse per sovradimensionarne la capacità rispetto al consumo mediano, quando stoccaggi e uso di energia in accesso sono tecnologie altamente inefficienti e costose.
pier l. cavalchini
Ultimi due commenti condivisibili. Assolutamente riprovevole che una impostazione derivante da studi collegati a strategie note del Ministro Cingolani vengano riprese su un sito di Europa avere (Alessandria). La storia dei Verdi italiani è un’altra e passa attraverso altre analisi tecniche ed economiche. Ne vogliamo parlare? Pier Luigi Cavalchini. Già consigliere comunale dei Verdi ad Alessandria. Direttore di CittaFutura e collaboratore di Laboratio Synthesis. 2050synthesis@gmail.com