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Autore: Andrea Filippo Presbitero

Presbitero

Senior Economist nel Dipartimento di Ricerca del Fondo Monetario Internazionale e Research Fellow al Centre for Economic Policy Research (CEPR). Andrea è un economista applicato e i suoi temi di ricerca vertono su banche e intermediazione finanziaria, finanza per lo sviluppo, politica monetaria e fiscal, e debito pubblico. E’ stato ricarcatore all’Università Politecnica delle Marche, Professore Associato alla Johns Hopkins University, School of Advanced International Studies (SAIS Europe) e ha lavorato come consulente per diverse organizzazione internazionali, tra cui la Banca Mondiale, la Banca Interamericana di Sviluppo, la Nazioni Unite, la Banca Europea per gli Investimenti e la Banca Asiatica di Sviluppo.

STABILIZZARE IL DEBITO TRA TAGLI E TASSE

L’Italia sta fronteggiando una seria crisi di fiducia dei mercati, causata dai timori che le riforme per far ripartire la crescita continuino ad essere rinviate e che l’economia alla fine soccomba sotto il peso del debito pubblico accumulato. È necessario un aggiustamento di bilancio. Che andrebbe perseguito prima tagliando le spese e poi, solo se necessario, aumentando poi l’imposizione fiscale, esattamente l’opposto di quanto appena approvato in Parlamento. Il nuovo Governo ha un’opportunità unica per segnare un punto di svolta.

La cancellazione del debito? Un placebo

Dopo quindici anni, i risultati del programma per la riduzione del debito dei paesi poveri sono deludenti. In particolare, non sembra aver prodotto alcun effetto positivo sul tasso di crescita del Pil, né un boom degli investimenti. Semplicemente perché spesso il debito estero non è la causa della povertà, che va ricercata invece nella fragilità delle istituzioni. E intanto cresce l’importanza del debito domestico. Meglio sarebbe se istituzioni internazionali e paesi donatori aiutassero i paesi debitori nello sviluppo di una prudente gestione macroeconomica, soprattutto fiscale.

 

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