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Autore: Andrea Gilli

Andrea Gilli è Lecturer in Studi Strategici all’Università di St Andrews, Associate Fellow dell’Institute of European Policy-Making dell’Università Bocconi, Consigliere dell’Ufficio del Sottosegretario di Stato alla Difesa, Expert Mentor di NATO DIANA e Non-Resident Senior Associate Fellow del NATO Defense College – dove ha lavorato precedentemente come Senior Researcher. Le opinioni espresse sono personali e non rappresentano quelle delle organizzazioni menzionate. Andrea Gilli ha una laurea dall’Università di Torino in Scienze Politiche, un MSc in
Relazioni Internazionali dalla London School of Economics e un PhD in Scienze Politiche e Sociali dall’Istituto Universitario Europeo.

Restano le debolezze della difesa europea*

Per lungo tempo l’Europa ha usufruito di una difesa collettiva spendendo poco. L’accordo al vertice Nato sul 5 per cento del Pil per la sicurezza è una vittoria politica di Trump. Ma non garantisce lo sviluppo delle capacità militari che sarebbero necessarie.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringrazio chi ha commentato. Molti punti sono interessanti e meritano attenzione. Amelia Beltramini solleva il dubbio che io abbia conflitti d’interesse, ovvero se non lavori in qualche modo per l’industria della difesa.

POCHI RISPARMI DALLA DIFESA

Nel dibattito sulla manovra Monti non sono mancate le voci che hanno chiesto di compensare una spesa sociale inalterata con riduzioni per quella militare. Che però è pari a circa lo 0,50 per cento del Pil, se depurata di stipendi e pensioni. Eventuali tagli ai programmi d’armamento produrrebbero risparmi limitati. Anzi potrebbero avere forti conseguenze negative, considerato il ruolo dell’industria italiana in questo settore. Perché il nostro export militare significa comunque posti di lavoro, imposte e nuovi investimenti in ricerca.

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