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Autore: Andrea Resti

resti Professore associato presso il dipartimento di finanza dell’università Bocconi. Dal 2011 al 2016 ha partecipato allo Stakeholder Group dell’Autorità Bancaria Europea, del quale è stato vicepresidente. Ha pubblicato libri con John Wiley & Sons e con Riskbooks, oltre ad articoli sulle principali riviste di banking internazionali. È stato membro del Consiglio di sorveglianza di Ubi Banca. È consulente del Parlamento Europeo sulla vigilanza bancaria.

QUESTO SALVATAGGIO PREMIA I CATTIVI GESTORI

Il salvataggio di Fondiaria-Sai proposto da Unipol è un ottimo esempio di schema finanziario rivolto ad acquistare una società quotata senza alcun vantaggio per i piccoli investitori. La legge prevede l’obbligo di Opa a cascata quando si acquista la controllante di una società quotata. Ma l’operazione potrebbe essere ritenuta lecita perché diretta al salvataggio di una società in crisi. Il gruppo di controllo che ha condotto Fonsai sull’orlo del baratro potrebbe così deciderne il destino. Tutto in nome della stabilità. E benché non manchi l’interesse di grandi compagnie straniere.

RICAPITALIZZAZIONE DELLE BANCHE: NON SPARATE SULL’EBA

Sono state molte le critiche rivolte alla European Banking Authority nei suoi pochi mesi di vita. Prima sugli stress test giudicati inefficaci, ora sulla ricapitalizzazione delle banche che provocherebbe una consistente stretta creditizia. Ma l’autorità di controllo propone il rimedio, non è la responsabile del problema. I giudizi negativi sull’operato dell’Eba sono dettati da interessi di parte più che da nobili preoccupazioni per il futuro dell’economia europea. Proprio quando la tempesta dei mercati richiederebbe una risposta in termini di maggiore integrazione.

IL LIBRO DELLE BUONE INTENZIONI BANCARIE

Il cantiere delle regole per l’industria finanziaria dovrebbe occuparsi anche di alcuni aspetti più tecnici, che pure hanno avuto un ruolo centrale nella crisi. Come il trattamento delle attività finanziarie detenute da una banca per finalità di negoziazione. Il caso del trading book è utile per capire come dallo scarso coordinamento tra regolatori diversi e, in particolare, tra regole contabili e autorità di vigilanza possano scaturire fragilità e incertezza. Le soluzioni possibili per ottenere maggiore omogeneità nei criteri contabili.

QUEL FONDO CHE SEMBRA IL CAMPO DEI MIRACOLI

Soldi freschi per 1,3 miliardi che dovrebbero tradursi in 60-70 miliardi di nuovi prestiti per le aziende: è la promessa che accompagna il rifinanziamento del fondo di garanzia statale per le piccole e medie imprese. Per riuscirci il fondo dovrebbe però operare con una leva consistente, non troppo realistica nella situazione attuale. A un tasso medio di sofferenze come quello del 2008, l’intera nuova dotazione se ne andrebbe in un anno. Effetti incerti anche in termini di requisiti patrimoniali. Soprattutto, resta da capire dove si troverà la somma per alimentare il fondo.

QUEL COSTO DI DISTRIBUZIONE CHE PESA SUL FONDO

Alla crisi dei fondi comuni di investimento concorrono anche le deludenti analisi dei loro risultati. Inutili però i confronti senza tener conto dei costi di distribuzione, perché questi esistono, vengono pagati dal sottoscrittore e non sono affatto trascurabili. Condivisibile invece l’orientamento delle autorità di vigilanza: cercano di renderli più trasparenti, cosicché il mercato possa premiare i distributori migliori. Ma anche di promuovere canali alternativi per la sottoscrizione, capaci di fare concorrenza ai promotori e agli sportelli.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo per i commenti. Molti lettori sottolineano che Google Scholar contiene molti errori di misura. Tutti gli indicatori, anche i più raffinati, contengono errori di misura. E’ per questo che abbiamo deciso di presentare i risultati in forma aggregata, con atenei o facoltà con almeno 4 ordinari nelle materie economiche.
Un secondo gruppo di commenti critica l’uso della banca dati di Google Scholar. I valori di sarebbero stati più bassi utilizzando altre fonti. Scopus per esempio è un’ottima banca dati, ma calcola h solo per gli articoli pubblicati dopo il 1996. Il dato più rilevante del nostro articolo è che anche se si considera una banca dati molto ampia (e quindi generosa nell’impatto scientifico), il 40 per cento degli ordinari di economia presenta h<3 e 90 per cento h<10. Sarebbe comunque molto utile calcolare h anche con altre banche dati e studiare la concordanza dei risultati. Si tratta di un lavoro più lungo e impegnativo di quello che abbiamo fatto per i 700 ordinari di economia.
Per lo stesso motivo non abbiamo calcolato h per altri settori, come quello aziendale.
Altri criticano l’indice h perchè uno scienziato può essere molto famoso e influente pur avendo un basso h. E’ vero, infatti h sottostima l’impatto di persone molto giovani che hanno scritto cose molto importanti. Per questo abbiamo scelto di concentrarci sugli ordinari, che hanno in media almeno venti anni di cariera (e praticamente nessuno meno di quindici). Nel settore economico è molto raro che un economista di rilievo abbia un basso h; i premi Nobel tendono ad avere h maggiori di 60 o anche 80.
E’ importante sottolineare che h misura soltanto l’impatto scientifico delle pubblicazioni. Si potrebbe però pesare h per il numero di anni di attività, tener conto degli articoli più citati, dell’importanza della rivistas e del numero di citazioni medio del settore. Abbiamo scelto di presentare solo i dati su h perchè si tratta dell’indicatore più noto ed intuitivo. Infine, ricordiamo che non si può confrontare h tra discipline diverse e che nelle materie scientifiche h tende ad essere più elevato che nelle scienze sociali.
Un lettore evidenzia che h può essere manipolato, ad esempio aggiungendo in una delle riviste censite da Google Scolar (i working papers SSRN) una pubblicazione con autocitazione. Verissimo, ma richiede comunque accesso a SSRN e può essere efficace solo per livelli molto bassi di h. Per aumentare il proprio h da 10 a 11, ad esempio, è necessario che l’undicesimo lavoro sia citato almeno 11volte, un livello che non è semplicissimo da raggiungere.
Infine, alcuni colleghi ci hanno scritto evidenziando che gli errori di misura aumentano per persone con doppio nome o cognome. Ci ripromettiamo di correggere questi errori in futuro.
Sappiamo che in molti atenei colleghi di altre discipline stanno raccogliendo dati sulle citazioni, su Google Scholar o altre fonti. Ci auguriamo che possano essere resi pubblici e che il nostro articolo sia di stimolo alla diffusione di dati sulla trasparenza del lavoro scientifico. Ci auguriamo anche che in futuro le critiche siano propositive: chi pensa che l’università debba essere valutata, ha anche il dovere di proporre delle modalità concrete di valutazione della ricerca.

MA BASILEA 2 NON C’ERA

Non sono pochi gli osservatori che imputano al Comitato di Basilea la responsabilità dei recenti dissesti bancari. In realtà, l’accordo è entrato in vigore solo nel 2008 e per i primi anni è soggetto al vincolo di non discostarsi troppo dalle regole precedenti. Gli Stati Uniti, poi, sono stati molto recalcitranti ad accettare le nuove norme. Non si migliora la situazione tornando indietro, al contrario è necessario far crescere Basilea 2. Rimediando agli errori sul rischio di tasso dell’attività bancaria tradizionale, sul rischio operativo e sul capitale delle banche.

Porte socchiuse alla concorrenza

Si può discutere sulla scelta di conferire alla Banca d’Italia un ruolo di regista e non di arbitro nel processo di concentrazione bancaria. Ma i dati mostrano che la forte potestà di coordinamento è stata utilizzata anche per tenere sotto controllo il potere di mercato delle nuove banche, evitando danni a consumatori e imprese. Tuttavia, resta scarsa la concorrenza all’interno del settore, con una ridotta mobilità della domanda, legata anche agli elevati costi di chiusura del rapporto. Ai quali si potrebbe iniziare a ovviare con alcuni semplici accorgimenti.

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