Lo storico “multiculturalismo” britannico garantisce e protegge l’identità culturale degli immigrati e delle loro comunità, il cui peso politico non è di poco conto. Questo aiuta a spiegare l’importanza dei flussi migratori nel dibattito sulla Brexit.
Autore: Andrea Stuppini Pagina 2 di 7
Deceduto nel gennaio 2020. Era dirigente della Regione Emilia-Romagna e si occupava prevalentemente di welfare, esclusione sociale ed immigrazione. Negli anni novanta ha diretto l'Agenzia regionale per l'impiego dell'ER. Era rappresentante delle regioni nel Comitato tecnico nazionale sull'immigrazione. Annualmente redigeva il Dossier Immigrazione di Caritas-Migrantes. Faceva parte del comitato editoriale della rivista 'Autonomie locali e servizi sociali'.
Invecchiamento della popolazione, crescita del turismo internazionale e persino i preparativi delle Olimpiadi di Tokyo 2020 spingono il Giappone ad aprire le frontiere a lavoratori stranieri. Per la manodopera, le condizioni di ingresso sono rigide.
Fermarsi alla polemica sui singoli sbarchi non è la prospettiva migliore per affrontare il tema dell’immigrazione. Governare il fenomeno richiede nuove politiche in Italia e nella UE. E una ridefinizione delle basi economiche del rapporto Europa-Africa.
Per governare i flussi migratori dai paesi africani è necessario comprendere le cause che li determinano. A partire da una popolazione in crescita e da processi di sviluppo lunghi e complessi. E senza dimenticare le responsabilità dei paesi occidentali.
I paesi del gruppo Visegrád si sono opposti con forza all’ingresso di richiedenti asilo. Ora però devono ovviare alle carenze del mercato del lavoro. E poiché l’inverno demografico coinvolgerà tutta l’Europa, forse converrebbe cercare strategie comuni.
Un emendamento al decreto fiscale vorrebbe introdurre un prelievo dell’1,5 per cento sui trasferimenti verso i paesi extra-Ue. Per gli immigrati si tratterebbe di una nuova tassa, da sommare a quelle in vigore su permessi di soggiorno e naturalizzazioni.
L’Italia non firmerà il Global migration compact dell’Onu. È l’ultimo esempio di una politica migratoria che porta il nostro paese a subire il fenomeno e non a gestirlo. Ben diverse le scelte della Germania, dove la priorità è l’integrazione lavorativa.
Il governo ha annunciato che il reddito di cittadinanza sarà solo per gli italiani. Ma lo slogan “prima gli italiani” spesso si scontra con obblighi costituzionali che prevedono pari trattamento per chi soggiorna regolarmente in Italia da lungo tempo.
Le risorse dedicate all’integrazione degli immigrati sono assai modeste. E l’impegno del terzo settore da solo non basta. Ma è proprio su queste politiche che bisognerebbe investire per garantire un futuro di convivenza a tutti, italiani e stranieri.
Flussi migratori: quello che manca è la programmazione
Di Enrico Di Pasquale, Andrea Stuppini e Chiara Tronchin
il 15/02/2019
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