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Autore: Carlo Altomonte

Carlo Altomonte è Professore di Economia dell’Integrazione Europea presso l’Università “L. Bocconi” di Milano e Docente Senior di Macroeconomia e di International Business Environment presso la SDA Bocconi School of Management. Visiting Professor in diverse università internazionali, è Non-resident Fellow del think-tank europeo Brugel (Bruxelles), Senior Research Fellow dell'ISPI (Milano), Research Fellow del Centro Dagliano (Università degli Studi di Milano). Consulente sui temi del commercio e degli investimenti internazionali per diverse istituzioni pubbliche tra cui la Banca Centrale Europea, la Commissione Europea, il Parlamento Europeo, la Division of Investment and Enterprise dell’UNCTAD (Nazioni Unite) ed il Ministero dello Sviluppo Economico italiano. Attualmente è consigliere scientifico del Centro Studi di Assolombarda, e membro del Comitato di Esperti di politica economica della Presidenza del Consiglio. È autore di diverse pubblicazioni scientifiche internazionali sui temi del commercio e degli investimenti internazionali e della competitività dei sistemi economici.

Le conseguenze del “no” francese

La vittoria del “no” nel referendum in Francia sulla Costituzione europea porterà secondo alcuni a una crisi valutaria nei nuovi Stati membri, alla fine dell’UME e al blocco di ogni ulteriore allargamento. Sono previsioni che non hanno fondamento. E non dimentichiamo che anche dopo il “no” francese e un probabile “no” olandese, la prosecuzione delle ratifiche secondo i programmi è doverosa ai sensi della dichiarazione n. 30 annessa al Trattato. Ma occorre capire il disagio diffuso rispetto al processo di integrazione comunitaria. Carlo Altomonte, Giancarlo Perasso, Ettore Greco e Gian Luigi Tosato discutono le implicazioni del voto negativo sulla Carta UE al referendum francese. 

L’Europa, la Cina e la contabilità della partita doppia

Le misure di salvaguardia contro le importazioni di prodotti tessili dalla Cina sono l’ultimo esempio della sfiducia verso l’apertura al commercio internazionale. Si leggono i dati della bilancia commerciale come se un suo passivo determinasse automaticamente una perdita di benessere. Invece, bisogna guardare ai vantaggi comparati. E alle ragioni di scambio, che per l’Italia sono migliorate. E se il commercio internazionale genera anche rilevanti costi di aggiustamento, non è detto che la politica protezionista sia lo strumento migliore affrontarli.

Quanto costa la competitività

E’ un luogo comune che le risorse per il rilancio della competitività siano limitate. Perché la competitività si crea attraverso il mercato, con un insieme combinato di riforme strutturali a costo quasi zero. Vale anche per l’Italia, che deve passare a un modello di sviluppo basato sull’innovazione. Punto di partenza è promuovere la concorrenza in tutti i settori e costruire un contesto economico che agevoli cambiamento. Invece di insistere sul sostegno generalizzato alla domanda, sarebbe più utile impiegare le risorse per far fronte ai costi sociali di breve periodo.

La riforma vista dall’Europa

E’ illusorio pensare che le coperture della riforma fiscale possano derivare da sforamenti del Patto di stabilità. Se così accadesse, l’Italia si troverebbe a pagare un alto costo politico, oltre che economico. Difficile anche un allentamento condiviso dei vincoli nella direzione voluta dal nostro Governo. E per il sostegno alla competitività delle imprese, più che maggiore spesa pubblica in ricerca e infrastrutture, servirebbero misure per migliorare il contesto competitivo. Come una seria legge fallimentare o l’apertura del mercato bancario.

Dopo le Europee

Astensionismo, rafforzamento dei partiti euro-scettici e voto di protesta sono le tendenze principali emerse dalle elezioni. Hanno notevoli implicazioni per il futuro orientamento delle politiche comunitarie. I due grandi gruppi, popolari e socialisti, non hanno una stabile maggioranza qualificata nel nuovo Parlamento e dovranno trovare una forma di coabitazione. Mentre la politica economica, inevitabilmente da concordare a livello comunitario, implica scelte che si ripercuotono sul consenso elettorale verso i governi dei singoli paesi.

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