Gli immigrati sono una delle componenti più vulnerabili della forza lavoro: la crisi economica li ha colpiti più duramente rispetto agli italiani. Ancora più gravi sono state le conseguenze per gli stranieri irregolari. Sale la percezione di precarietà.
Autore: Carlo Devillanova
Professore associato di Economia politica all'università Bocconi. In precedenza, docente di Macroeconomia al Master of Business Administration della SDA Bocconi, ricercatore di Scienza delle finanze presso l'Università di Trieste e professore associato presso l'Università Pompeu Fabra, Barcellona.
Le sue aree di interesse scientifico sono economia pubblica, migrazioni ed economia del lavoro.
Dopo la tragedia di Lampedusa, in Italia si è discusso di scafisti, progetti di corridoi umanitari e di aiuti dall’UE. Intanto, altri Stati partecipano ai programmi dell’Agenzia Onu per i rifugiati. Che permettono di riconoscere l’asilo a chi si trova provvisoriamente in un paese terzo.
L’immigrazione irregolare, per sua stessa natura, sfugge ai tentativi di misura e rilevazione. Tuttavia, esistono banche dati che permettono di analizzare alcuni aspetti del fenomeno. Per esempio i dati del Naga descrivono l’inserimento di persone senza permesso di soggiorno nel mercato del lavoro milanese e lombardo. E ne evidenziano gli alti livelli di istruzione, con tassi di occupazione e di partecipazione superiori a quelli lombardi. Nonostante le difficoltà della loro permanenza in Italia, sono una forza lavoro decisa e dinamica. Ma quali prospettive hanno?