In Italia l’aborto è un diritto riconosciuto dalla legge. Ma l’obiezione di coscienza e più in generale l’atteggiamento dei medici rendono l’accesso alla procedura inutilmente lungo, complicato e traumatico per le donne.
Autore: Caterina Muratori
Caterina Muratori è dottoranda in Economia presso l’Università degli Studi di Torino e il Collegio Carlo Alberto. Ha conseguito la laurea triennale in Economia dello Sviluppo e Cooperazione Internazionale all’Università di Firenze nel 2016 e la laurea magistrale in Economics all’Università di Bologna nel 2018. I suoi interessi accademici ricadono nell’ambito dell’economia femminista. Attualmente sta facendo ricerca sulla relazione fra aborto clandestino e obiezione di coscienza, e sull’impatto delle politiche istituzionali sul fenomeno della violenza domestica.
La decisione della Corte suprema statunitense di abolire il diritto all’aborto a livello federale avrà importanti conseguenze negli Stati Uniti. Dal punto di vista economico, maggiori restrizioni all’aborto hanno un impatto molto negativo, sia per le conseguenze dirette che per quelle indirette.
La chiusura delle scuole dovuta alla pandemia ha avuto forti ripercussioni sugli apprendimenti degli alunni. Un primo studio per l’Italia mostra che ne fanno le spese i bambine e le bambine più bravi quando sono figli di genitori non laureati.
Con la crisi sanitaria dovuta al Covid-19 sono diminuite le interruzioni volontarie di gravidanza. Il divieto di spostamento unito all’alto numero di medici obiettori impedisce alle donne di ricorrere all’aborto legale. Così cresceranno quelli clandestini.
In tutte le situazioni di crisi la violenza domestica aumenta. Oggi c’è l’aggravante dell’isolamento, con vittima e assalitore chiusi nella stessa casa. Ecco perché diminuiscono drasticamente le richieste di aiuto. Gli effetti si faranno sentire a lungo.