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Autore: Daniele Checchi

checchi Professore di economia del lavoro all’Università Statale di Milano. Attualmente Dirigente del Centro Studi e Ricerche di Inps. Ha collaborato come consulente economico del sindacato e successivamente ha partecipato a diverse ricerche sulla contrattazione decentrata. Si occupa di comportamenti sindacali e di economia dell’istruzione. È stato membro del Consiglio Direttivo di ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione delle Università e della Ricerca) nel periodo 2015-19.
Redattore de lavoce.info.

Domande e risposte sull’Iit

Dopo le polemiche che hanno preceduto la sua nascita, dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) non si parla più. La fase di avvio delle attività sta per concludersi, ma poco si sa di quanto è stato fatto finora. Le uniche notizie riguardano alcune borse di studio per dottorati da usufruire presso altre sedi. Il forum di discussione del sito web è desolatamente vuoto. Poniamo dieci domande cui rispondono il commissario unico dell’Iit, Vittorio Grilli e il direttore scientifico, Roberto Cingolani.

Buoni scuola made in Italy

Una maggiore concorrenza tra scuole può migliorare la qualità della formazione. Ma non accade se lo strumento sono i buoni scuola così come introdotti in Italia. Non inducono spostamenti significativi di studenti da un tipo di scuola all’altro. Non risolvono i problemi finanziari delle famiglie povere, né sono un incentivo per gli alunni a migliorare la loro performance. Non c’è nessuna valutazione della qualità delle proposte. Sono un trasferimento finanziario alle scuole private, mascherato da finanziamento alle famiglie per aggirare il divieto costituzionale.

La scuola e la famiglia

L’analisi dei dati dell’indagine Pisa mostra che la bassa competenza degli studenti italiani non è un problema generalizzato. I risultati sono più che soddisfacenti al Nord e nei licei. Preoccupanti al Sud e negli istituti professionali. Le carriere dipendono dalla famiglia e dal luogo di nascita, negando alla radice l’uguaglianza delle opportunità. La scuola dovrebbe perciò operare come meccanismo compensativo. Ma per farlo, occorre conoscere nel dettaglio quali elementi contribuiscono a potenziare l’acquisizione di competenze.

Buoni scuola: a beneficio di chi ?

Quale è stato l’impatto dei buoni scuola introdotti in Lombardia nei primi anni di applicazione ? I dati suggeriscono che il numero degli iscritti nelle scuole private sia diminuito nonostante una riduzione del prezzo netto pagato dalle famiglie. Questo significa che per ogni euro speso dalla Amministrazione Regionale, solo 17 centesimi sono finiti alle scuole private, mentre il restante è consistito in una redistribuzione a beneficio delle famiglie.  Più ricche.

Dov’è finito il popolo delle formiche

Si dice che gli italiani non risparmino più. In realtà, il risparmio delle famiglie italiane rimane elevato. Perché le riforme delle pensioni degli anni Novanta hanno drasticamente ridotto il grado di copertura previdenziale, particolarmente per le nuove generazioni. E perché il timore di una caduta dei redditi ha frenato i consumi e favorito l’accumulazione. D’altra parte, il risparmio non è un indicatore di benessere o di povertà. Paesi con un reddito pro capite molto più elevato del nostro hanno tassi di risparmio molto più bassi. E viceversa.

La laurea inutile

Oltre un terzo dei laureati italiani dichiara di essere occupato in un lavoro per il quale la laurea non è necessaria. I dati su iscritti alle università e piani di assunzione delle imprese mettono in luce uno squilibrio complessivo tra domanda e offerta e una differenza nella distribuzione delle competenze. Perché allora i giovani continuano a fare scelte sbagliate? E perché il sistema scolastico non cerca di contrastare gli squilibri? In realtà, proprio l’organizzazione della scuola e dell’università sono parte del problema.

Ma era una buona scuola

Che cosa ha garantito finora il buon livello medio dell’insegnamento nella scuola italiana di primo grado? Non certo gli incentivi economici agli insegnanti. Piu’ influenza hanno avuto l’esame finale e soprattutto l’etica professionale di maestri e professori. Invece di rafforzare meccanismi di controllo reciproco allargando la responsabilita’ gestionale al team dei docenti, la riforma Moratti punta al rafforzamento del ruolo direttivo da parte di un singolo insegnante. Si accentua cosi’ la possibilità di comportamenti opportunistici.

Perché anche l’Iit non cambierà nulla

Il progetto Iit nasce zoppo. Troppo esigue le risorse assegnate per incidere sul divario degli investimenti in ricerca e sviluppo che separa l’Italia dagli altri paesi. Troppa la distanza dal sistema di ricerca preesistente per costruire soluzioni alternative ai mali cronici che affliggono la ricerca nazionale, come l’assenza di meritocrazia, ma anche per costituire un reale effetto di incentivo in grado di attivare maggior concorrenza. Difficile che riesca ad attivare un intreccio virtuoso tra formazione avanzata e ricerca.

Il buono dei ricchi

Il decreto che dovrebbe incentivare l’iscrizione alle scuole paritarie è stato emanato ad anno scolastico già avviato, quando le scelte sono già state fatte da tempo. E benché non sia ancora chiaro il numero dei beneficiari, sarà senz’altro un contributo modesto, inutile per abbassare significativamente la barriera di accesso agli istituti privati. Tanto più che non prevede differenziazioni per fasce di reddito. Si risolve in un vantaggio per le famiglie più abbienti, quelle che avrebbero comunque optato per il privato.

Il nodo degli insegnanti in Italia

La politica di razionalizzazione del personale scolastico del Ministro della Pubblica Istruzione Moratti porterà presumibilmente a una riduzione del numero di docenti per studente. Ma nessuno sembra tenere conto del fatto che questa scelta potrebbe avere costi sociali elevati dati i forti squilibri regionali presenti nel nostro Paese e il ruolo da noi giocato dal background familiare nel rendimento dell’istruzione

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