Matteo Renzi vuole riformare la burocrazia. Ma non basta ridurre gli stipendi degli alti dirigenti, per “cambiare l’Italia” occorre che la pubblica amministrazione traduca, e celermente, le riforme in atti concreti. Alcune semplici linee guida da seguire per ottenere risultati.
Autore: Dario Quintavalle
Dirigente dello Stato (Ministero della Giustizia). Laureato in Giurisprudenza all’Università di Roma, alumnus della Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione, ha un Master in Gestione dell’Innovazione Tecnologica all’Università di Bologna ed è diplomato in Politiche Internazionali di Sicurezza al Geneva Center for Security Policy. Come esperto “Rule of Law” della Commissione Europea, ha lavorato - come consulente, formatore e valutatore - in diversi progetti internazionali di cooperazione allo sviluppo in Europa Orientale, nei Balcani, nel Caucaso, nel Maghreb e in Africa Equatoriale.
Ringrazio tutti i lettori dellattenzione, e rispondo ai commenti più critici.
A Pietro il Cancelliere: conosco bene il problema di understaffing degli uffici giudiziari. Il personale invecchia e va in pensione, e in assenza di ricambio è diminuito del 20% almeno negli ultimi dieci anni. Il Ministero della Giustizia dovrebbe bandire concorsi? Giusto. Ma è verosimile, in tempi di crisi economica? Per nulla. E anche se venisse bandito un concorso nazionale, servirebbe questo a coprire i posti nel Nord Italia, visto che il pubblico impiego è appealing soprattutto per i meridionali? Difficile.
A Franco Cantarano: rispondo che le grandi sedi metropolitane dovrebbero piuttosto essere deconcentrate: tutte le grandi città del mondo hanno tribunali di quartiere. Quale beneficio avrà mai il Tribunale di Roma – un monstre di otto sedi e con oltre duemila dipendenti – dalla soppressione della piccola, ma efficiente e ben tenuta, Sezione Distaccata di Ostia?
A Paolo, che esprime lidea radicata che la Giustizia sia un monopolio naturale, faccio notare che in realtà sono i sistemi economici e politici ad essere in concorrenza tra loro, e la giustizia con essi. Nel momento in cui unimpresa si localizza in un dato territorio, valuta tutte le infrastrutture, fisiche e non, su cui può contare, e tra queste ultime cè certamente la tutela dei diritti. Quindi sì, in qualche modo si può scegliere anche un tribunale.
I più dubbiosi, mi sembra, hanno ad oggetto non tanto la mia proposta, ma lidea stessa di federalismo, e la possibilità di trovare un soddisfacente punto di equilibrio tra Stato ed Enti territoriali (a Alfonso lavanna, a Bellavita).
In particolare, a Damiano Mereta: è ben possibile che percorrere interamente questa strada potrebbe aggravare la disparità
tra i cittadini di regioni virtuose e quelli di regioni meno capaci, ma non credo che i diritti dei cittadini si tutelino meglio tenendo ferme le regioni più evolute, e allineandole tutte al minimo comun denominatore. Il senso delloperazione federalista è piuttosto di liberare energie, scatenare la competitività e lemulazione.
I dubbi sullefficacia e sullapplicabilità delle ricette federaliste al nostro Paese sono ben legittimi, ma la Costituzione vigente offre non solo vincoli, ma anche opportunità: perché non approfittarne?
Ad esempio, essa, sin dal testo originario del 1948, prevede allart. 106 la possibilità di eleggere i giudici. Se ciò avvenisse, i giudici di pace sarebbero pressati dalla politica, come dice Franco Cantarano, o non maggiormente soggetti a un controllo democratico? Non lo so, ma domando: che senso ha tenere delle norme nella Costituzione, e poi non attuarle?
Insomma, è possibile dare ai problemi della nostra Giustizia una risposta più creativa del solito tagli, tagli, e ancora tagli?
È possibile tagliare il costo che i piccoli uffici giudiziari rappresentano per lo Stato e al tempo stesso salvare la giustizia di prossimità? Sì, chiedendo agli enti locali di assumerne la gestione diretta. Le Regioni sono interessate a una giustizia civile veloce ed efficace a sostegno del tessuto delle loro imprese. E, soprattutto al Nord, dispongono della risorsa che oggi manca negli uffici giudiziari: il personale radicato sul territorio. Per le Regioni è l’occasione di assumersi gli onori e gli oneri del federalismo. E di dimostrare di saper fare di più e meglio dello Stato.
Il malfunzionamento della macchina giudiziaria dipende anche da ragioni organizzative e gestionali. E se la magistratura è un ordine autonomo e indipendente, per funzionare ha bisogno di risorse, personale e fondi che arrivano invece dal mistero di Giustizia. La soluzione è affidare l’organizzazione giudiziaria a un’Agenzia ad hoc sotto la vigilanza del ministro. Come già accade negli Stati Uniti e nel Nord Europa. Avrebbe il vantaggio di essere diffusa sul territorio, imparziale rispetto agli uffici giudiziari e con una struttura amministrativa professionale dedicata.