Per rilanciare il nostro sistema produttivo, Industria 4.0 dovrebbe colmare il ritardo nell’adozione delle Tic, con interventi per la diffusione della banda larga e dei servizi di cloud computing. Come inserirsi nelle catene globali del valore. Il secondo articolo di analisi del piano del governo.
Autore: Fabiano Schivardi Pagina 3 di 8
Professore di economia alla LUISS e research fellow all'EIEF. Si interessa di economia industriale e del lavoro, focalizzandosi in particolare su produttività e demografia d’impresa. I suoi lavori recenti considerano gli effetti della struttura dimensionale e proprietaria sulla performance delle imprese. In precedenza ha insegnato presso l'università di Cagliari. Dal 1998 al 2006 ha lavorato al Servizio Studi della Banca d’Italia, dove è stato responsabile dell’Ufficio Analisi Settoriali e Territoriali dal 2004. Ha conseguito il Ph.D. in Economia presso la Stanford University e la laurea e il dottorato presso l’Università Bocconi. È fellow dell’Einaudi Institute of Economics and Finance (EIEF), dell'IGIER e del CEPR. I suoi saggi sono stati pubblicati su riviste internazionali e nazionali. Redattore de lavoce.info.
Il piano Industria 4.0 si basa sull’idea che il futuro delle imprese sia nella digitalizzazione. Siamo in ritardo nell’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic). Quanto è questo ritardo e dove si annida? Che implicazioni ha per Industria 4.0? Primo di due articoli.
Il neo-ministro dello Sviluppo economico intende riorganizzare il funzionamento del dicastero e ridefinirne il ruolo per il rilancio dell’economia italiana. Ma per realizzare il programma servono idee chiare su dove risparmiare e come utilizzare le risorse. Gli incentivi al capitale immateriale.
La fragilità del sistema bancario pesa sulla ripresa del paese. Messo a punto il disegno generale per affrontare il problema dei crediti deteriorati, bisogna ora definirne gli aspetti operativi. Con interventi che mirino a migliorare la trasparenza e a risolvere la questione dei tempi dei tribunali.
Lavazza ha comprato la francese Carte Noire. Il marchio torinese dimostra così di voler competere sul mercato mondiale del caffè. Non sarà facile. La famiglia ha già affidato la gestione dell’impresa a manager professionali. Ora si tratta di aprire il capitale, magari con la quotazione in borsa.
L’elevato stock di crediti deteriorati accumulato dalla banche italiane è un’incognita che pesa sulla ripresa. Il governo ha varato provvedimenti per ridurre i tempi di estinzione delle sofferenze e aumentare la quota di quelle recuperabili. Ma una soluzione più rapida passa per il mercato.
Quella di Volkswagen è una vicenda che ha dell’incredibile. Ma può avere conseguenze disastrose per la casa tedesca e ricadute su tutta l’industria automobilistica. Dai nuovi standard per i motori diesel alla confusione che regna nel mercato e che richiede l’attenzione delle autorità di vigilanza.
La vendita di Italcementi ai tedeschi HeidelbergCement è una operazione corretta dal punto di vista economico e finanziario. Ma di fronte al progressivo disimpegno delle famiglie imprenditoriali, è necessario che il paese si doti di strutture alternative di proprietà e controllo.
Dal punto di vista industriale, il matrimonio tra Pirelli e ChemChina ha una logica chiara. E l’obbligo di Opa è una buona notizia per il funzionamento del mercato azionario e per i piccoli azionisti. “Italianità” garantita nel breve periodo, ma poi tutto dipende dalla competitività del paese.
Con la crisi nascono meno imprese. E si è ridotto anche il numero di quelle che riescono a sopravvivere sul mercato e a strutturarsi. Il difficile passaggio da micro-imprese a Pmi e il ruolo fondamentale dei finanziamenti bancari. Le misure di aiuto all’imprenditoria hanno avuto successo.