Nell’industria biofarmaceutica, il sistema dei brevetti è fondamentale per l’innovazione. Può però limitare l’accesso ai farmaci. Un equilibrio si può trovare con nuovi meccanismi di protezione della proprietà intellettuale e finanziamenti pubblici mirati.
Autore: Fabio Montobbio
Fabio Montobbio è Professore Ordinario di Economia Applicata presso Il Dipartimento di Politica Economica dell'Università Cattolica di Milano. Ha un Master in Economics and Econometrics e un PhD in Economics conseguiti presso l’Università di Manchester. L’attività di ricerca riguarda l’economia dell’innovazione, economia della scienza e proprietà intellettuale. Insegna principalmente Economia Industriale e Innovazione e proprietà intellettuale.
La questione della sospensione dei brevetti sui vaccini è molto complessa. E la proposta di India e Sudafrica non ne risolverebbe tutte le implicazioni. Ma le organizzazioni internazionali tornano ad avere un ruolo centrale nella ricerca di soluzioni.
La speranza di uscire presto dalla pandemia è legata allo sviluppo di un vaccino. Le aziende farmaceutiche potrebbero però imporre prezzi troppo alti, anche per la frammentazione della proprietà intellettuale. Due iniziative per scongiurare i rischi.
Nei paesi anglosassoni ci si interroga da anni sul concetto di autore. Ma anche in Italia è tempo di ammettere che forse non è più funzionale al buon funzionamento del mercato del lavoro degli scienziati e a una efficiente ed equa allocazione delle risorse. Un sistema che penalizza donne e giovani.
Mi sembra che l’essenza delle articolate argomentazioni del dott . Matteoli siano riconducibili a due punti essenziali:
1) Il privato, avendo obiettivi di profitto, può avere comportamenti opportunistici gravemente lesivi dell’interesse pubblico.
2) il privato non investirà mai le rilevantissime somme necessarie a risistemare lo stato catastrofico del sevizio idrico italiano.
Una, devastante, obiezione alla prima argomentazione è che un sistema di gare non significa affatto privatizzazione del sistema: se imprese pubbliche offriranno condizioni più favorevoli in termini di costi, tariffe e qualità, vinceranno le gare, come è ovvio, e come è successo moltissime volte ovunque in Europa. Quindi non vi è alcun nesso tra gare e privatizzazione dell’acqua, come strumentalmente si tende a far credere al fine di difendere ad oltranza uno status quo indifendibile. Non solo: la periodicità obbligatoria delle gare costituisce un incentivo potente all’efficienza e al rispetto delle condizioni di interesse pubblico espresse nel bando. Comportamenti inadeguati comprometterebbero gravemente la reputazione delle imprese inadempienti, anche nei confronti di gare in contesti diversi da quelli dove avessero inizialmente vinto. E alla reputazione le imprese private tengono molto
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La seconda argomentazione appare ancora meno difendibile: se occorrono moltissimi soldi per investimenti, necessari a tappare le falle delle passate gestioni (generalmente pubbliche), questi soldi occorrono comunque, indipendentemente da chi li spenda. Se si decide che li debbano pagare gli utenti, le tariffe dell’acqua aumenteranno, e di molto. Se si decide che questi costi, per ragioni sociali, dovranno essere pagati dallo stato, cioè dai contribuenti, i gestori dei servizi idrici saranno pesantemente sussidiati, pubblici o privati che siano. Significa che si avranno meno risorse pubbliche per scuole o trasporti pubblici, scelta politica del tutto legittima. Cioè si trasferiranno risorse da servizi sociali politicamente giudicati meno prioritari ai servizi idrici.
Infine, che i privati abbiano obiettivi di profitto, cioè egoistici, è assolutamente ovvio, e per questo occorre una seria regolazione pubblica. Che amministrazioni pubbliche corrotte, o dove domina il voto di scambio (fattori talmente reali, che sono verificabili attraverso l’attuale vergognoso dissesto del sistema: meno manutenzione e più assunzioni clientelari, o appalti agli amici), esprimano obiettivi meno egoistici dei privati, mi sembra una argomentazione perlomeno ardua.
Ringrazio anche per i molti commenti costruttivi, ricordando che i limiti di spazio della Voce costringono a forti sintesi (tipo “bianco-nero”), il che ha anche dei vantaggi. Le argomentazioni rivolte a Matteoli rispondono alla maggiorparte di voi. Rimarco comunque che in molti commenti domina un tragico equivoco: gare=privatizzazione. Se imprese pubbliche saranno più efficienti, vinceranno le gare, magari al secondo giro. E’ successo in Svezia, in USA e in Germania per i trasporti pubblici, perché non dovrebbe succedere per l’acqua?
La Camera inizia l’esame del disegno di legge sull’università, norme di reclutamento comprese. Veniamo da un lungo blocco dei concorsi e da norme restrittive sull’adeguamento dell’organico. Ma un blocco di assunzioni e carriere seguito da una riforma radicale spesso comporta la successiva assunzione di una massa di ricercatori qualitativamente eterogenea. E lascia un segno indelebile sulla produttività scientifica media. In Italia è già accaduto dopo le riforme del 1980 e del 1998. Nel Ddl 1905 ci sono tutte le premesse per una futura nuova onda anomala di assunzioni.