Grazie dei commenti, tutti molto pessimisti nel descrivere la situazione delleconomia italiana. Solo due dei lettori (Dario Q. e Lugi Zoppoli) ricordano che ci sono perdenti anche dalle non riforme. Gli altri, con accenti diversi, sono concordi nel sottolineare i costi delle riforme. Antonio Ferrara e Luciano Galbiati sono i più nichilisti nei confronti degli esiti delle riforme.
Bob, Angelo e Pasquale Bolli suggeriscono implicitamente la scarsa efficacia delle riforme liberali nel tirarci fuori dai pasticci e argomentano che il vero problema italiano sia liniqua distribuzione del reddito e della ricchezza. Come si fa a non essere daccordo? Il punto però è: come si rende la ricchezza e il reddito più equamente distribuiti? Io credo che in un paese come il nostro in cui i diritti individuali sono così poco rispettati in favore dei diritti che derivano dallappartenenza (ad un gruppo o gruppetto dotato di qualche potere di ricatto) o dalla conoscenza (del fornitore del servizio di turno), le riforme liberali sono un primo passo irrinunciabile per ottenere una maggiore uguaglianza di opportunità. Non credo viceversa ad altri interventi statali per aumentare luguaglianza ex-post (patrimoniali & c.).
Lintroduzione delle riforme liberali causa perdenti perchè sottrae rendite a chi fino a ieri beneficiava dellassenza di concorrenza (lavoratori garantiti, tassisti, professionisti con tariffe minime). Come osserva Mario Brandi, ricompensare i perdenti sarebbe in definitiva un costo modesto rispetto al beneficio delle maggiori libertà economiche da ottenere con le riforme. Ma il dibattito pubblico mi pare che oscilli tra il colbertismo di Tremonti che finisce per negare i benefici delle riforme liberali e lillusione delle riforme a costo zero diffuso da noi economisti (anche su questo sito). Sarebbe meglio dire che le riforme producono benefici, ma non sono a costo zero, per poi quantificare con precisione i costi delle varie riforme e presentare il costo di ognuna delle riforme o del pacchetto in modo che si sviluppi un dibattito pubblico informato sullargomento.
Maurizio Sbrana sceglie tra le varie riforme quella fiscale come quella più appropriata per rilanciare i consumi. Riferendosi allarticolo 53 della costituzione: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Credo che la sua idea sia quella di una riforma fiscale che riduca levasione, riducendo le aliquote e semplificando il sistema fiscale. E quello che per lennesima volta ha annunciato anche il ministro dellEconomia: vuole una riforma che renda il sistema fiscale progressivo, competitivo e semplice. Competitivo per me vuol dire che, data la mobilità del capitale finanziario, non si possono fare le patrimoniali nè alzare le aliquote sui redditi da capitale. La tassazione del consumo è solitamente regressiva ma semplice. Quella sul reddito è di solito progressiva – ma solo in un paese dove tutti pagano le tasse e spesso più complicata. In ogni caso, la riforma fiscale, per non spaventare i consumatori e i mercati, deve evitare di causare voragini di debito. E quindi anche una riforma fiscale che riduca lonere della tassazione non è a costo zero, ma implica che si tagli la spesa pubblica più di quanto sia stato fatto finora.