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Autore: Francesco Daveri Pagina 23 di 28

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È stato Professor of Macroeconomic Practice alla School of Management dell'Università Bocconi, dove insegnava Macroeconomics, Global Scenarios ed è stato direttore del Full-Time MBA. Ha insegnato in varie università come l’Università Cattolica (sede di Piacenza), Parma, Brescia, Monaco e Lugano. Ha svolto attività di consulenza presso il Ministero dell’Economia, la World Bank, la Commissione Europea e il Parlamento Europeo. Le sue ricerche si sono concentrate sulla relazione tra le riforme economiche, l’adozione delle nuove tecnologie e l’andamento della produttività aziendale e settoriale in Italia, Europa e Stati Uniti. Ha collaborato con il Corriere della Sera e ha fatto parte del comitato di redazione de lavoce.info, di cui è stato Managing editor dal 2014 al 2020. Scomparso il 29 dicembre 2021.

2010: LE RAGIONI DELL’OTTIMISMO

Il 2009 si chiuderà come l’anno economicamente peggiore del secondo dopoguerra. Ma per il 2010 si può provare ad essere più ottimisti. I dati del terzo trimestre mostrano infatti che l’economia italiana è ripartita. Grazie alle esportazioni, che in tutta l’area euro sono la voce più nettamente positiva. Segno che il mondo inizia a mettere dietro le spalle la crisi. Ma è soprattutto all’economia tedesca che dobbiamo guardare. Se la Germania andrà bene, come sembra, le cose andranno bene anche per il nostro paese.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie dei commenti ad ampio spettro. Ognuno richiederebbe un ulteriore articolo. Mi è chiaro che se dalla crisi usciamo senza i giovani, e soprattutto senza i giovani del Sud, ciò alimenterà la criminalità e l’instabilità sociale. Non mi piace l’idea del baratto tra sicurezza del posto per gli adulti in cambio di una speranza di entrata per i giovani come modalità di uscita dalla crisi. In un’economia in crisi e che non crea posti di lavoro nuovi, difendere i posti e le professionalità esistenti con la CIG ha funzionato bene. Di fatto la CIG – nelle sue varie forme – è uno strumento efficace per preservare i posti di lavoro e le professionalità esistenti in un momento di difficoltà. Ma le difficoltà di alcuni settori – come quello automobilistico – non sono di breve periodo e richiedono invece un adattamento alle nuove sfide mondiali (Porsche-Volkswagen, PSA-Mitsubishi, la Nano a 1500 euro). Per vincere queste sfide la CIG non basta. Alcuni lettori sottolineano infatti l’urgenza di cambiare organizzazione e – si sarebbe detto una volta – "modello di sviluppo", per spostarci verso qualcosa che sia più centrato sull’intelligenza, sulla conoscenza, sull’alta qualità (che non vuol dire necessariamente high-tech). Tutti d’accordo. Ma non è un free lunch. Per "cambiare modello di sviluppo", per andare oltre i 600 euro mensili, ci vogliono scuole e università più efficienti in cui gli studenti bravi vengano premiati nel loro curriculum scolastico e anche sul mercato del lavoro da aziende di maggiore dimensione che garantiscano loro una carriera decente. E ci vorrebbe un sistema in cui le università meno efficaci ricevano un taglio consistente di risorse in favore di quelle che fanno meglio il loro mestiere di aiutare tutti i giovani a trovare un lavoro e qualcuno di loro a fare ricerca. Sono queste le cose di cui si dovrebbe essere disposti a parlare quando si parla di un "nuovo modello di sviluppo". Ma vuol dire dimenticare l’egualitarismo dei risultati di cui è intrisa la cultura politica italiana. Di destra e di sinistra.

NATALE CON LE BOLLICINE PER L’ECONOMIA ITALIANA?

A motore spento fino allo scorso giugno e con il turbo durante il terzo trimestre: ecco un riassunto dei fatti e delle prospettive a breve per l’economia italiana. Se i dati sulla produzione industriale rispecchiano ciò che sta avvenendo, il Pil potrebbe crescere di quasi due punti percentuali nel terzo trimestre rispetto al suo valore del secondo trimestre. Forse ci aspetta un Natale con le bollicine.

COME LEGGERE I DATI SULLA CONGIUNTURA

Troppe letture discordanti sull’andamento dell’economia italiana. Perché si interpretano in modo sbagliato dati tra di loro coerenti. Stiamo facendo peggio di tutti o quasi, ma le imprese e le famiglie italiane si aspettano una forte inversione di tendenza. Anche se si dovesse materializzare, non dovrebbe impedire un ulteriore calo dell’occupazione. Bene, dunque, che la politica si prepari al peggio. In attesa di buone notizie sull’andamento effettivo dell’economia e non solo un miglioramento delle aspettative.

L’ITALIA ALLA FINE DEL TUNNEL. A MOTORE SPENTO

L’Italia intravvede appena l’uscita dalla recessione: in Europa la crisi si ferma ma qui non ancora. Vi siamo entrati male, provenendo da un quindicennio di crescita bassa, e l’abbiamo fronteggiata male: gli aiuti pubblici anti-crisi sono stati molto inferiori a quelli degli altri paesi europei. In ogni caso, la timidezza fiscale di oggi è soprattutto figlia dei dissesti finanziari del passato.

LA CINA CRESCE. MA QUANTO?

Secondo le stime ufficiali, la Cina torna a crescere a livelli pre-crisi. Una buona notizia, anche se non significa automaticamente la fine dei problemi nel mondo occidentale. Perché il potere di traino dei paesi asiatici rispetto al resto dell’economia mondiale è comunque limitato. In più, i dati prodotti dal governo cinesi non sono sempre affidabili come quelli dei paesi Ocse. Arrivare alla predisposizione di statistiche il più possibile condivise a livello mondiale dovrà essere un obiettivo ineludibile dei futuri G20.

L’ECONOMIA ITALIANA DOPO LEHMAN BROTHERS

I dati ora disponibili permettono di leggere con maggiore precisione quanto è successo in Italia e negli altri paesi nei sei mesi dopo il fallimento di Lehman Brothers, l’inizio ufficiale della crisi. Ma non ci dicono tanto che l’Italia sta facendo meglio o peggio degli altri. Più che altro ci ricordano che in difficoltà ci siamo entrati molto prima degli altri. Per questo, rinviare le riforme è un lusso che l’economia italiana non può permettersi.

LA CRISI SULLA STAMPA

Sembra tornare l’ottimismo tra gli imprenditori italiani, almeno secondo l’indagine Isae. E’ vero che la Borsa va meglio, ma l’indagine trimestrale sull’andamento della capacità produttiva mostra che nel primo trimestre 2009 le imprese manifatturiere hanno ulteriormente ridotto l’utilizzo degli impianti e segnalato maggiori difficoltà produttive. E allora da dove nasce il ritrovato clima di fiducia? Coincide con la scomparsa del termine crisi dai titoli dei quotidiani. Per valutare le prospettive economiche future conviene attenersi ai dati.

Il Pil sulla scala Mercalli

I terremoti sono eventi eccezionali e imprevedibili che però purtroppo si ripetono in luoghi e tempi diversi. I dati derivanti dalle sfortunate esperienze di tanti paesi del mondo ci mostrano che le conseguenze di un terremoto come quello abruzzese sulla crescita di lungo periodo sono negative e di entità non marginale. La buona qualità delle istituzioni di un paese è però in grado di attenuarne in modo significativo i costi sociali.

MONDO NUOVO, FONDO NUOVO

Non c’è solo il G20. Altri eventi potenzialmente non meno rilevanti si verificano in questi giorni. Primo fra tutti l’annuncio dell’apertura di una nuova linea di credito di 47 miliardi di dollari da parte del Fondo monetario in favore del Messico. La novità è che sono soldi concessi dall’Fmi solo sulla fiducia, senza condizioni e senza basarsi sui giudizi delle società di rating, come avveniva in passato. Dopo la crisi, il mondo sarà davvero molto diverso.

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