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Autore: Francesco Giavazzi Pagina 3 di 6

giavazzi Si è laureato in ingegneria al Politecnico di Milano nel 1972. Insegna economia politica all'Università Bocconi, della quale è stato pro-rettore alla ricerca tra il 2000 e il 2002.
Tra il 1992 e il 1994 è stato dirigente generale del Ministero del Tesoro, responsabile per la ricerca economica, la gestione del debito pubblico e le privatizzazioni. Dal 1992, anno della privatizzazione, alla conclusione dell'OPA lanciata dalle Assicurazioni Generali, è stato membro del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo di INA s.p.a. e, in rappresentanza di INA spa, vice-presidente del Banco di Napoli dal 1998 al 2000.
Fa parte del Gruppo dei consulenti economici del Presidente della Commissione europea e collabora con il Corriere della Sera e con Project Syndicate, un archivio on-line di articoli scritti da economisti di vari paesi. Redattore de lavoce.info.

Austerità e crescita non sono incompatibili

Le slides del discorso che il Professo Giavazzi ha tenuto al Convegno de Lavoce.info, il 4 luglio 2012, in occasione del decennale del nostro sito.

SE ALL’UNIVERSITÀ MANCA PROFUMO DI SELEZIONE

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro Profumo ha nominato Raffaele Liberali, capo di dipartimento per l’università e la ricerca. Il dottor Liberali dirige la Direzione K (Energia) presso la direzione generale per la ricerca e l’innovazione della Commissione europea. Andrà in pensione dalla Commissione prima di assumere il nuovo incarico.
Il nuovo capo del dipartimento avrà responsabilità centrali per l’attuazione della nuova legge universitaria: in particolare da lui dipenderanno i rapporti fra il ministero e l’Anvur. Con quale criterio è stato scelto? Quale è il gruppo di riferimento all’interno del quale il dottor Liberali è emerso come il candidato più adatto?
Ci saremmo aspettati che il governo Monti innovasse anche nelle procedure per la nomina degli alti funzionari dello Stato. La stessa Commissione europea e la Bce sempre più spesso effettuano le loro nomine al termine di una procedura pubblica in cui la posizione aperta è annunciata su mezzi di informazione, ad esempio l’Economist, e dà luogo ad una short list di candidati che vengono intervistati prima della decisone finale. La scelta del nuovo direttore generale del Tesoro offre al governo l’occasione per adottare standard europei in queste nomine.

LA RISPOSTA DELL’AUTORE AL COMMISSARIO GOVERNATIVO

Il bel parco della Favorita, come io lo ho definito, sarebbe invece, per il commissario Spaziante, “un’area fatiscente non oggetto di pubblica fruizione”. Mi sembra che questo basti a segnare la distanza fra le nostre visioni di un bene pubblico e della necessità di preservarlo. Le nostre opinioni sono tuttavia irrilevanti. Ciò che conta è quello che pensano i cittadini del Lido di questi 19mila metri quadri di verde pubblico, luogo purtroppo male utilizzato per feste e attività sportive che andrebbe invece riqualificato.

“Tutte le decisioni sono state prese con il voto favorevole di tutte le amministrazioni competenti (…) compreso il comune di Venezia”. Forse ai tempi della giunta Cacciari: mi pare che il sindaco Giorgio Orsoni abbia un’opinione diversa sull’opportunità che i poteri del commissario siano tanto ampi: «Sono rimasto sbalordito dalla notizia dell’allargamento delle competenze del commissario anche sull’isola della Certosa (…) si continua in questo modo a percorrere una linea di delegittimazione dell’amministrazione comunale: questa operazione è esattamente il contrario di quello che penso debba essere fatto. Una buona gestione amministrativa del territorio non ha bisogno di commissari».

“Il professor Giavazzi avrebbe fatto meglio a rivolgersi direttamente alla fonte per avere informazioni e dati sicuri, invece di fidarsi di qualche notizia di seconda mano”. Ritengo che i funzionari il cui compito specifico è amministrare i denari dei contribuenti debbano loro informare i cittadini del loro operato, e non siano i cittadini a dover chiedere.

Quanto alle “notizie di seconda mano”:

–         “Non vi è stata alcuna distrazione di fondi della Ulss”: che cosa dirà la Corte dei conti di un edificio venduto per 27 milioni e rivenduto pochi mesi dopo per 70, senza che vi sia stato nessun cambio sostanziale di destinazione d’uso?

–         “La dichiarazione di grande evento e la conseguente nomina del commissario sono intervenute nel pieno rispetto di una legge dello Stato (…) che consente di fare l’una cosa e l’altra, in analogia a quanto accade per le emergenze di protezione civile”. Forse è anche peggio di un errore procedurale; come ha scritto la Corte dei conti nell’agosto scorso valutando l’operato dei Commissari preposti al sito di Pompei;

–         il bando per la vendita dell’ospedale è stato pubblicato in novembre e la gara scadeva il 22 dicembre. Ma non è solo un problema di date: nella Conferenza dei servizi svoltasi il 31 dicembre 2010 il commissario informava i partecipanti che “la procedura di gara indetta per l’affidamento degli interventi in questione è andata deserta e che avendo egli avviato per le medesime finalità una procedura di carattere negoziale con EstCapital sgr, quest’ultima ha sottoposto un’offerta (…)”. L’offerta appunto che sarà accettata. Nella conferenza non si cita il volume edificabile. Il bando (disponibile sul sito del commissario – nonostante egli si cauteli con la nota “Sito in fase di allestimento”: evidentemente tale è la considerazione del dovere di informazione verso i cittadini che in tanti anni non si è trovato il tempo per allestire un sito che li informi) prevedeva la possibilità di chiedere due lotti. Nel primo la superficie lorda di pavimento edificabile è indicata in 65mila mq, la cifra da me indicata era 70mila, nel secondo in 49mila mq. Poiché l’assegnazione è avvenuta attraverso “una procedura di carattere negoziale” non è dato sapere quale cubatura sia stata concordata, o almeno questa informazione non esiste su quel sito “in allestimento”. Se i metri quadri negoziati fossero 50mila, anziché 70mila, l’utile atteso per EstCapital sarebbe dell’ordine di 150 milioni, sempre senza contare la darsena e i profitti delle imprese di costruzione azioniste di EstCapital: non mi sembra un cattivo affare;

–         “la rimozione dell’amianto è costata (sino al momento in cui il progetto Palazzo del Cinema è stato abbandonato) 17 milioni”. Forse, se anziché a un commissario governativo si fossero affidate le opere a un cittadino del Lido, questi avrebbe saputo che i quel luogo trent’anni fa si interravano i tetti delle capanne dell’Excelsior piene di amianto. Sono stati spesi 37 milioni: 20 milioni per fare un buco, 17 per iniziare a bonificare un terreno di poche migliaia di metri quadri. Sono cifre ragionevoli?

–         “Dalla Sacaim non è mai pervenuta al commissario alcuna richiesta di risarcimento”. Arriverà, come a scritto La Nuova Venezia il 4 giugno, in un articolo che la società non ha contestato: pare chiedano circa 50 milioni di euro: 20 come risarcimento danni, 17 di pagamenti residui come da contratto firmato, 15 come «costi e riserve» a seguito dei rallentamenti dei lavori. Certo, chiedere non significa ottenere, ma il bel risultato sarà un lungo contenzioso e la messa in difficoltà di una delle più solide imprese veneziane.

LE MANI SULLA CITTÀ: L’INDEGNA STORIA DEL LIDO DI VENEZIA

Per finanziare la costruzione a Venezia di un nuovo Palazzo del Cinema da cento milioni (iniziali) è stata concepita una complessa operazione immobiliare con la dismissione di un vecchio ospedale, anomalie e procedure poco trasparenti, nomina di un commissario governativo e aste vinte dalle aziende che già costruiscono le dighe del Mose. Alla fine, in un crescendo dei costi e cambi di progetto, verrà cementificata l’intera isola del Lido. Senza che sia costruito alcun Palazzo del Cinema. Una storia esemplare di sprechi, ma con un probabile utile record per il fondo privato che ha realizzato l’operazione.

Dove la Commissione sbaglia

Ormai anche la Commissione europea riconosce che la sola disciplina fiscale non è sufficiente a garantire la stabilità dell’euro. Ma la soluzione che propone per combattere le fragilità della zona euro è solo un vuoto e inutile esercizio. A preoccupare dovrebbe esere invece l’espansione non controllata del credito. Tanto più che l’Unione si è data due istituzioni che possono ben svolgere un ruolo di controllo su questa materia: il Consiglio europeo per il rischio sistemico e la nuova autorità di vigilanza bancaria.

Catricalà, Fini e il futuro dell’Italia

L’Antitrust è la più importante e delicata fra le autorità indipendenti. Per questo la nomina del presidente spetta per legge ai presidenti di Camera e Senato. Sorprende quindi che Antonio Catricalà abbia accettato di abbandonarne la presidenza per trasferirsi alla Consob. Anche perché difficilmente potrà lì adottare il metodo che ha introdotto all’Antitrust. Resta poi il nodo di chi andrà al vertice dell’Autorità garante del mercato e della concorrenza. Gianfranco Fini si è detto convinto della necessità di più concorrenza in Italia. Speriamo che non si smentisca.

Perché il Piano Merkel è un errore

Il progetto tedesco di introdurre il pareggio di bilancio quale condizione per l’appartenenza all’euro è sbagliato: non funzionerà e distrae dal vero problema dell’Europa, la crescita. Certo, il Patto di stabilità va rivisto, ma in modo intelligente. Da un debito elevato si esce in un paio di generazioni, non in un paio di anni e occorre ridurre la spesa, non aumentare le tasse. Non tutte le spese poi sono uguali: ridurre quelle legate all’invecchiamento della popolazione ha effetti diversi da un taglio alle infrastrutture. Il ruolo dei comitati indipendenti autorevoli.

VIA IL VINCOLO ALLE RETTE UNIVERSITARIE

Le rette universitarie sono molto inferiori al costo che lo Stato sopporta per offrire un’istruzione universitaria. In prima approssimazione uno studente universitario costa allo Stato circa 7mila euro l’anno. Le rette variano, ma raramente superano i 3mila euro l’anno. Rette tanto inferiori al costo medio dell’istruzione non sono in primo luogo un problema finanziario. Riducono gli incentivi degli studenti e delle loro famiglie a vigilare (e quando necessario a protestare) se la qualità del servizio è scadente. Sono anche, soprattutto nel Mezzogiorno, un trasferimento dai poveri ai ricchi, come mostra Roberto Perotti nel capitolo 3 del suo "L’università truccata" (Einaudi, 2008).
Le università non possono determinare liberamente le loro rette poiché la legge impedisce che questa fonte di ricavi superi il 20 per cento del Fondo di finanziamento ordinario (l’ammontare che esse ricevono dallo Stato.)
Il ministro dell’Economia ha ridotto i finanziamenti alle università e ha loro detto sostanzialmente "arrangiatevi!". Ottimo, ma se è coerente e vuole che davvero "si arrangino" elimini il vincolo sulle rette.

IN RICORDO DI MARIA WEBER

Maria Weber, appassionata studiosa dell’economia cinese e nostra collaboratrice, è scomparsa pochi giorni fa. La sua grande vittoria professionale e umana è stata forse proprio quella di andarsene quando la Cina, nella crisi economica di oggi, afferma il suo ruolo di grande creditore del mondo. Nel giorno in cui Wen Jiabao può permettersi di manifestare qualche dubbio sulla solvibilità degli Usa. Nata nel 1951, Maria Weber si era laureata in Scienze politiche e sociali a Firenze, era professore associato di Scienza della politica all’Università Bocconi, research leader dell’ISESAO (Istituto di studi economico-sociali per l’Asia Orientale), responsabile delle ricerche sull’Asia all’ISPI. Ha diretto l’Istituto Italiano di Cultura a Pechino.

L’INIZIO DELLA FINE DEI CONCORSI

La vera novità del decreto 180 è che per la prima volta in Italia una quota significativa delle risorse viene attribuita alle università in funzione della valutazione dei loro risultati. Intanto, nei concorsi per ricercatore sono state eliminate le prove d’esame, un assurdo privo di paralleli internazionali e spesso cavallo di Troia per operazioni poco limpide. E a giudicare saranno solo professori ordinari. Con il Dl si sono fatti passi da gigante verso la fine dei concorsi, anche grazie alla pioggia di critiche che lo ha accompagnato.

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