L’Europarlamento ha alleggerito il sistema di penalità per il superamento dei limiti CO2 previsto per il 2025, come chiesto dai produttori. Certi gli effetti sulle emissioni. Ma la mossa influirà anche sullo sviluppo dell’industria europea dell’auto.
Autore: Francesco Zirpoli
Francesco Zirpoli insegna Economia e Gestione dell’Innovazione presso il Dipartimento di Management dell’Università Ca' Foscari Venezia ed è Direttore Scientifico del Center for Automotive and Mobility Innovation (CAMI) – www.unive.it/cami
Ridurre le emissioni legate alla mobilità privata è necessario per tutelare la salute dei cittadini. L’obiettivo non è in contrasto con il recupero di competitività dell’industria europea dell’auto. Anzi, potrebbe rafforzare tutta la filiera.
I produttori di auto dicono di non essere pronti a rispettare i limiti alle emissioni previsti nel 2025, 2030 e 2035 e paventano scenari drammatici. Ma l’Europa non è chiamata a scegliere tra sopravvivenza dell’industria e lotta al cambiamento climatico.
Cosa deve fare l’Italia per mantenere vitale la sua industria dell’auto? Evitare di sostenere lo status quo con risorse pubbliche e invece incoraggiare le imprese del settore a investire in ricerca e innovazione. Per una trasformazione radicale della mobilità.
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Se la nuova Commissione abbandonerà il Green Deal saranno traditi gli obiettivi ambientali. Ma sarà un danno anche per la parte più innovativa dell’industria dell’auto, già avviata verso l’abbandono dei carburanti fossili. Perché l’Italia ha un ruolo.
Fca e Psa vogliono costruire un gruppo automobilistico europeo forte. Ma al di là dei vantaggi per gli azionisti, il successo della fusione dipende dalle concrete scelte organizzative e industriali. Quali sono le prospettive degli stabilimenti italiani.
La produzione di auto in Europa è destinata a scendere ancora. Quali saranno le conseguenze per l’Italia? Il nostro paese è in una situazione migliore di altri per il graduale spostamento verso produzioni di fascia più alta. Ma ha anche due debolezze.