Luscita della Grecia dallEurozona rafforzerebbe la stessa area euro, e quindi sarebbe un bene per la moneta europea, per svariati motivi.
L’EURO SI RAFFORZA
In primo luogo, gli altri paesi dellEurozona con finanze pubbliche a rischio si impegnerebbero con maggior vigore a seguire politiche di rientro del debito, dal momento che luscita da una unione monetaria con reintroduzione della propria valuta non è mai stata, storicamente, unesperienza positiva per il paese coinvolto (si pensi soltanto allimpatto inflazionistico).
Il rischio-contagio verrebbe quindi minimizzato, sempre che i governi di quei paesi siano intenzionati a mettere ordine nelle proprie finanze in modo credibile e sostenibile. Dopo un’iniziale fase di debolezza, i mercati probabilmente premierebbero leuro: accoglierebbero favorevolmente questi eventi anche perché unEurozona più forte comporterebbe una bassa probabilità che la Bce si impegni nuovamente in Non Standard Operations, cioè nellacquisto di titoli di stato di paesi membri in difficoltà. La presenza di un attore come la Bce, infatti, provoca distorsioni sul mercato e non permette agli spread di esprimere pienamente la valutazione dei mercati sul merito del credito dei vari paesi.
PAGANO LE BANCHE
Ci sarebbero sicuramente dei perdenti allinterno dellEurozona, in particolare le banche che detengono il debito greco, che si troverebbero davanti la strada della ristrutturazione del debito (a quel punto, estero) della Grecia. Un film già visto nel caso delle ristrutturazioni di Russia, Messico e tanti altri paesi nel corso degli anni Ottanta e Novanta. Ma, a questo punto, sarebbe una negoziazione tra la Grecia e le banche, senza che sia necessario alcun intervento da parte dei governi europei. Se lesposizione verso la Grecia fosse elevata, e quindi le perdite associate alla ristrutturazione anchesse elevate, gli azionisti delle banche coinvolte sopporterebbero le perdite sia sotto forma di mancanza di dividendi o, nei casi più gravi, per la diluizione del capitale a causa dellaumento di capitale necessario per salvaguardare la stabilità della banca stessa. Probabilmente assisteremmo allentrata dello stato nel capitale delle banche. Anche in questo caso, sarebbe unesperienza già provata, anche di recente, nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Sarebbero costi di breve periodo e, una volta puliti i propri libri dal debito greco, le banche potrebbero concentrarsi a fare il loro lavoro. Una volta ristabilita la loro redditività e solidità, la partecipazione statale sarebbe venduta (è da sottolineare come spesso un tale esercizio abbia prodotto profitti per le casse statali, si pensi alla Resolution Trust Corporation americana nel caso delle crisi delle casse di risparmio statunitensi o ai capital gain ottenuti dal governo Usa grazie ai fondi Tarp).
In ogni caso, quale alternativa è più politicamente vendibile ai propri elettori: un aumento delle tasse per coprire i trasferimenti alla Grecia con una buona probabilità che il debito greco venga ristrutturato (e che quindi parte di questi soldi vadano persi), oppure un aumento delle tasse per finanziare la ricapitalizzazione di banche che poi verranno privatizzate con ragionevoli aspettative di ottenere un capital gain (e quindi tasse e/o costo del capitale più bassi) in un futuro non tanto lontano?
Non esistono oggi meccanismi che permettono luscita di un paese dallEurozona, a parte la decisione unilaterale del paese stesso (che molto probabilmente comporterebbe anche unuscita dallUnione Euopea tout court). Sarebbe politicamente improponibile che i paesi membri votassero sullespulsione di un paese dallEurozona. Non resta, quindi, che la decisione unilaterale della Grecia. Negli ultimi dodici mesi il governo greco ha dimostrato una scarsa volontà politica di consolidare le proprie finanze pubbliche e periste un vasto dissenso popolare verso le timide riforme adottate fino ad ora: forse unuscita della Grecia dallUnione Europea non è così impensabile come qualche tempo fa. LUnione Europea e lEurozona non dovrebbero versare lacrime se una tale evenienza si verificasse.