Lavoce.info

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Il desk de lavoce.info è composto da ragazzi e ragazze che si occupano della gestione operativa del sito internet e dei social network e delle attività redazionali e di assistenza alla ricerca. Inoltre, sono curati dal desk il podcast e le rubriche del fact checking, de "La parola ai grafici" e de "La parola ai numeri".

SETTE ANNI CON LAVOCE.INFO

Sette anni fa abbiamo inaugurato questo sito. E mai come adesso siamo contenti di averlo costruito. Per almeno tre buone ragioni. Perché l’economia è una scienza più che mai vitale. Perché si agitano nubi nere sull’informazione italiana, soprattutto economica: E perché il futuro de lavoce.info non è nelle mani né del governo, né della pubblicità, ma solo dei lettori. E questa libertà oggi è un dono preziosissimo. Che anche in futuro utilizzeremo per continuare a svolgere la funzione di cane da guardia sull’operato del governo, chiunque sia al potere.

VERO O FALSO? LE RILEVAZIONI ISTAT SECONDO TREMONTI

«Voi avete idea di come si fanno le statistiche dal lato dell’Istat sul metodo Eurostat? Con un campione con mille telefonate. Ti chiamano a casa e ti dicono: ” Sei disoccupato?” …” Vai a quel paese!” … Risposta (registrata dall’Istat, n.d.r.): “MOLTO DISOCCUPATO”».
Il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti all’Assemblea annuale della Confcommercio – 24 giugno 2009.

FS RISPONDONO ALL’ARTICOLO DI BOITANI E SCARPA*

Gentile redazione,

lo scorso 15 maggio il Vostro giornale ha pubblicato un intervento sulle Ferrovie dello Stato firmato dai due professori di economia Andrea Boitani e Carlo Scarpa. Il tono di alcune espressioni lascia francamente perplessi ma è solo questione di forma. E’ sul contenuto che è necessario soffermarsi per evidenziare e rettificare una serie d’inesattezze, talvolta anche rilevanti.
Gli autori parlano di una “campagna di comunicazione” di FS in cui si afferma che “le FS oggi non gravano più sulla collettività”: secondo gli autori tutto questo “grida vendetta”, mentre “i costi gravano sui contribuenti”. Diciamo subito che non si è trattato affatto di una campagna pubblicitaria ma di un’informazione diffusa attraverso comunicati stampa e i media istituzionali di gruppo (FS News, la Web-radio, il magazine Riflessi), come di rito in tutte le società in occasione dell’approvazione del bilancio da parte del Consiglio di Amministrazione. Nessuna campagna pubblicitaria, nessun costo.
Il merito. Confermiamo e ribadiamo: con il ritorno al pareggio, FS non pesa più sui bilanci dello Stato come è stato invece in passato a causa delle pesanti perdite di esercizio. Difficile disconoscere i meriti di una società pubblica con i bilanci in attivo grazie alla gestione industriale.
Ricordiamo che solo due anni fa, nel 2006, il Gruppo FS chiudeva i conti con una perdita di oltre due miliardi, i libri contabili di Trenitalia erano in procinto di finire in tribunale. Questo Paese sa quanto pesi il fallimento di una grande azienda nazionale. Non vale la pena di ricordare le esperienze recenti e più antiche, italiane o straniere. Oggi, dopo una cura molto pesante ma priva di traumi sociali, il Gruppo FS è di nuovo in attivo e si è mostrato capace di essere efficiente, fare utili, competere all’estero, guadagnarsi il primato di ferrovia più sicura nel mondo. E’ ingannevole evidenziare questa realtà?
Gli autori sostengono che il risultato si debba ai “contributi pubblici che FS tuttora riceve copiosi”. Non è così. Intanto non di “contributi” si tratta. I 3 miliardi cui si fa riferimento nell’articolo sono per oltre due terzi “corrispettivi”, cioè pagamenti a fronte dei servizi resi da Trenitalia. Lo stesso importo sarebbe stato corrisposto a qualsiasi altro operatore privato, nazionale o straniero, che li avesse prestati al posto di FS.  Sappiano però, i due professori (lo abbiamo comunicato numerose volte, quindi i lettori già ne sono a conoscenza), che i pagamenti che Stato e Regioni versano al Gruppo FS sono di gran lunga inferiori a quanto ricevono le maggiori imprese ferroviarie in Europa. Come riferisce, fra l’altro, una recentissima analisi pubblicata dall’autorevole Studio Ambrosetti.
Poco meno di un terzo si riferisce all’attività prestata da RFI per il mantenimento in efficienza della rete, a vantaggio di tutti gli operatori ferroviari che la usano.
Il bilancio è tornato in attivo grazie all’aumento di oltre il 16% dei ricavi operativi (rispetto al 2006) e, soprattutto, all’azione esercitata sui costi, tagliando gli sprechi e riorganizzando i processi produttivi.
I due professori affermano: chi assicura il contribuente “che il nostro operatore ferroviario operi ai minimi costi possibili” ? Approfondendo un po’ l’indagine e facendo un benchmark europeo (ma non solo), si rileverebbe che FS presenta costi in linea (su certe voci, anche inferiori) con quelli dei nostri maggiori competitor, SCNF (l’operatore francese) e DB (quello tedesco). Quanto poi all’affermazione “FS si sente libera di fare quello che vuole, e nessuno le dice nulla” rassicuriamo i lettori: il CdA viene nominato dal Ministero dell’Economia, ogni decisione importante del management viene condivisa con questo e con il Ministero delle Infrastrutture; una società di revisione certifica ed un collegio sindacale controlla. Per Legge, come si sa, le riunioni del CdA vedono la partecipazione di un magistrato della Corte del Conti, delegato al controllo sulla gestione finanziaria di FS, e le Autorità per la Regolamentazione del Mercato e quella di Vigilanza sui Contratti, come si può facilmente rilevare dai giornali, sono altrettanto attente all’attività dell’azienda.
I due professori definiscono poi le FS “uno staterello nello Stato”. Bizzarra perifrasi per definire una Società per Azioni, con diritti e doveri stabiliti dal codice civile.
Da anni FS – contrariamente a quanto scritto – non riceve conferimenti di capitale ma soltanto contributi in conto impianti per investimenti che l’azionista ritiene indispensabili per lo sviluppo della rete infrastrutturale, così come di altre reti come quella stradale, e come avviene anche all’estero. Quando gli autori dicono che “il costo dell’Alta Velocità è interamente a carico dello Stato”, parlano di un asset, i binari, sui quali, come è noto a tutti, dal 2011 si svilupperà la concorrenza di altre imprese ferroviarie che pagheranno lo stesso pedaggio di Trenitalia. Naturalmente il costo relativo al servizio è invece interamente a carico di Trenitalia e, com’è altrettanto noto, non è a carico dello Stato neppure per un centesimo di Euro. E’ quantomeno curioso non averne trattato nell’articolo.
In un altro passo dell’articolo si accusa “la maggioranza dei parlamentari italiani” di aver garantito a FS “un bel prolungamento dei contratti di servizio regionali”, ed FS di aver “convinto un manipolo di parlamentari italiani di proporre una deroga alle norme che prevedono l’affidamento tramite gara” dei servizi regionali. Se ne conclude che FS “rimarrà di fatto un monopolista per il traffico passeggeri (e anche nelle merci non c’è gran concorrenza)”. I due professori si riferiscono alle novità introdotte da un comma del Decreto Incentivi. Precisiamo intanto che la durata minima dei contratti è di sei e non di dodici anni, come ricordavano in modo errato. E riguardo al trasporto ferroviario regionale, né si chiedono né spiegano perché le gare promosse fino ad oggi dalle Regioni siano andate deserte, e Trenitalia sia rimasta di fatto, l’unico grande operatore (naturalmente ferme restando le altre 22 società ferroviarie regionali). Valeva la pena farsi questa semplice domanda: non sarà forse perché il mercato nasce soltanto laddove ci siano le condizioni per aver un ritorno dagli investimenti ed in presenza di regole certe ed esigibili? A qualunque imprenditore la risposta. Certo viene da domandarsi, alla luce di tali considerazioni, quale sia il giudizio dei due professori sulle Regioni che hanno già firmato in nuovi contratti di servizio trovandoli, al contrario, assai vantaggiosi in termini di nuovi investimenti in treni e in conseguente qualità del servizio. Però sarebbe un inutile esercizio speculativo, noi ci limitiamo a dire che le novità introdotte dal Decreto Incentivi sono ispirate a quanto richiesto dalla Corte dei Conti lo scorso anno nella sua Relazione (“..richiedere certezza e rispetto degli impegni nei rapporti tra Stato e Gruppo FS, soprattutto quanto a entità, tempi, modalità e garanzie di erogazione dei trasferimenti contrattualmente dovuti, cui è inevitabile si provveda con puntualità e senza deroghe non concordate”, ndr Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Ferrovie dello Stato S.p.A. per gli esercizi 2005-2006). Grazie a queste novità le Regioni continueranno – al contrario di quanto denunciato dagli autori – ad essere libere di indire gare ma finalmente avranno la ragionevole speranza di vedervi anche partecipare qualcun altro oltre le FS. Perché adesso tutte le imprese, private e pubbliche, nazionali ed estere che siano, avranno un quadro certo e sufficientemente stabile su cui incentrare il proprio rischio imprenditoriale e, come recita il Decreto, effettuare un’ “efficace pianificazione del servizio, degli investimenti e del personale”. Lo testimonia la stipula dei recenti contratti e gli accordi con alcune regioni, cui stanno per seguirne altre.
Le FS sostengono il processo di liberalizzazione, perché laddove c’è l’interesse del mercato significa che c’è la possibilità del ritorno dagli investimenti e l’opportunità di far profitti. Le FS oggi puntano anche a questo, a tutto vantaggio dell’azienda, che è patrimonio del Paese, e di un servizio sempre migliore ai clienti.
Per le merci, poi, quello italiano è addirittura uno dei mercati ferroviari più liberalizzati in Europa. Laddove il mercato è in grado di esprimere profitti, cioè in Val Padana e su alcuni valichi, operatori privati e imprese estere detengono già oggi oltre il 30%. Stupisce un po’ non leggere una riga su questo aspetto e sul fatto che sotto la Val Padana, proprio per l’assenza di profittabilità, non esiste nessuna azienda a capitale privato di trasporto ferroviario merci.
In un altro passaggio i due professori accusano FS di prendere “per i fondelli la gente” perché “sbandiera i suoi biglietti low cost”, dopo aver fatto “esplodere i prezzi anche degli Eurostar”. Non capiamo bene a cosa i due professori si riferiscano: d’altra parte i prezzi dei servizi a mercato sono rimasti congelati dal 2001 al 2007, e hanno conosciuto un adeguamento solo negli ultimi due anni pur restando ancora molto al di sotto della media europea. Ci domandiamo: come potrebbero essere definiti le centinaia di migliaia di posti offerti a 33 euro per viaggiare tra Roma e Milano in 3 ore e mezza e di 35 euro tra Napoli e Milano? Non ci pare ingannevole definirlo un servizio “low cost”. Da quando è stata lanciata l’Alta Velocità i viaggiatori del segmento di gamma alta sono aumentati del 40%. Sono dati che rispondono da soli sull’apprezzamento dei nostri clienti.
L’articolo si chiude con una considerazione: “Care FS non avete davanti alcune regole chiare, …un sistema politico degno di questo nome e quindi fate quello che volete”. Quanto alle regole è quello che da tempo stiamo insistentemente chiedendo, anche pubblicamente. Sulle valutazioni dei due professori in merito alla  dignità sistema politico ovviamente non entriamo nel merito. Quanto al “fate quello che volete” è opportuno dire questo: FS vuole fortemente corrispondere alle attese dell’azionista e dei clienti, e i recenti innegabili risultati positivi vanno esattamente in questa direzione. Si tratta di successi, come quello dell’Alta velocità, riconosciuti anche a livello internazionale, e che hanno visto l’impegno di tutti i ferrovieri ma anche delle imprese italiane coinvolte.
Risalta il fatto che nell’articolo di tutto questo non ci sia traccia.
Lasciamo comunque che siano i nostri legali ad intraprendere ogni azione a tutela dell’immagine del Gruppo FS.

Vive cordialità

* Federico Fabretti
(Direttore Centrale Relazioni con i Media di Ferrovie dello Stato

BERLUSCONI: “CASSA INTEGRAZIONE PER TUTTI!”

Oggi non c’è nessuno che perdendo il lavoro non venga aiutato dallo Stato. C’è la cassa integrazione per i precari, così come per i lavoratori a progetto“. Silvio Berlusconi a Porta a Porta (04/06/09).
Si stima che 1,6 milioni di lavoratori dipendenti e parasubordinati non abbiano diritto ad alcun sostegno in caso di licenziamento“. Mario Draghi all’Assemblea della Banca d’Italia, Considerazioni finali (29/05/09).
Questa è un’informazione di Draghi che non corrisponde alle cose che emergono dalla nostra conoscenza della realtà italiana”. Silvio Berlusconi, Radio anch’io (05/06/09).

UN ANNO DI GOVERNO BERLUSCONI – PARTE II

Proseguiamo il bilancio dei 12 mesi del governo in carica con una seconda serie di schede, ciascuna delle quali dedicata a una materia. Quali sono stati i provvedimenti dell’esecutivo? Quali i loro effetti nel tempo? E le occasioni mancate?

POLITICHE PER LE FAMIGLIE, di Daniela Del Boca
FEDERALISMO, di M. Flavia Ambrosanio e Massimo Bordignon
FISCO, di Silvia Giannini e Mari Cecilia Guerra
INFORMAZIONE, di Michele Polo
INFRASTRUTTURE, di Andrea Boitani
LAVORO, di Pietro Garibaldi
SANITA, di Nerina Dirindin e Gilberto Turati
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, di Carlo Dell’Aringa

UN ANNO DI GOVERNO BERLUSCONI – PARTE I

Come già abbiamo fatto per l’esecutivo guidato da Prodi, tracciamo un bilancio di quanto ha fatto o non ha fatto il Governo Berlusconi nel suo primo anno di vita. Una prima serie di schede, ciascuna dedicata a un tema, cercando di mettere in luce, in forma sintetica, i provvedimenti, i loro effetti nel tempo e le occasioni mancate. Nei prossimi giorni nuove schede per fornire un panorama quanto più completo su tutte le materie dell’azione di governo.

PENSIONI, di Agar Brugiavini
PRIVATIZZAZIONI, di Carlo Scarpa
SCUOLA, di Daniele Checchi e Tullio Jappelli
UNIVERSITÀ, di Daniele Checchi e Tullio Jappelli
MERCATI FINANZIARI, di Marco Onado
GIUSTIZIA, di Carlo Guarnieri
IMMIGRAZIONE, di Maurizio Ambrosini
EDILIZIA ABITATIVA, di Raffaele Lungarella

ELEZIONI EUROPEE: PER CHI VOTO?

EU Profiler è uno strumento on-line che permette all’utilizzatore di confrontare le proprie posizioni sui vari problemi della politica con i programmi dei diversi partiti che si presentano alle elezioni per il Parlamento europeo del 7 giugno e di verificare il proprio posizionamento su un asse destra/sinistra, oltre al “grado” di europeismo, rispetto a tutte le forze politiche europee. Un “gioco” utile e intelligente. Il programma è stato sviluppato da un consorzio guidato dallo European University Institute di Firenze.

ITALY TODAY E L’ELECTION DAY

Le critiche e il confronto sono il sale di ogni dibattito. Da una settimana lavoce.info è però oggetto non di serene critiche ma di ripetuti e livorosi attacchi da parte del quotidiano Italia Oggi che hanno l’obiettivo di minare la nostra credibilità e onestà intellettuale. Ci chiediamo che cosa abbia originato tanta acredine. Speriamo che il motivo non sia da ricercare nella coincidenza con la recente pubblicazione su questo sito di un articolo favorevole alla nuova disciplina Consob che consente la pubblicità obbligatoria delle società quotate unicamente su internet, sottraendola ai quotidiani (segnatamente quelli economici, come i giornali del gruppo con cui Italia Oggi è imparentato). I pretesti di questi attacchi sono vari, ma si sono concentrati particolarmente sulla contestazione delle nostre stime sui possibili risparmi dell’accorpamento di elezioni europee e referendum in un election day e crediamo opportuno ribadirne la validità ai nostri lettori.
In un primo articolo Italia Oggi sostiene che i costi per il mancato election day si limiterebbero a 100 milioni, senza spiegarne il meccanismo di calcolo, contro i 200 milioni di euro di costi diretti e 200 di costi indiretti calcolati da lavoce.info. In un secondo articolo, propone una cifra ancora più bassa, ma su fonti non ben documentate, in quanto non si considerano alcuni costi (trasporto schede, straordinari del personale dei ministeri coinvolti, noleggio strutture di voti, cancelleria per le sezioni) e sottostimano fortemente i costi relativi alle forze dell’ordine. I nostri dati si basano invece sui dati storici, relativi al Decreto del Ministero del Tesoro (DMT 91517/2006) per il referendum del 2006. Del resto, per quanto riguarda i costi diretti, le nostre stime sono state sostanzialmente confermate dal ministro Maroni, che ha parlato di 173 milioni di euro, una cifra molto più vicina alla nostra stima che a quella di Italia Oggi. Nei costi indiretti abbiamo incluso il valore del tempo perso dei cittadini, più altri costi relativi alla custodia dei figli e alla perdita della giornata lavorativa di scrutatori e presidenti di seggio, tralasciando voci di costo delle famiglie quali i rimborsi per coloro che studiano fuori sede, il mancato utilizzo delle strutture scolastiche per altri fini, perché di più difficile quantificazione. Italia Oggi critica in particolare queste stime in quanto  non vi sarebbe alcun costo nel tempo perso dai cittadini per recarsi al seggio una volta di più. Questo è sbagliato. La situazione dei referendum in due giorni diversi è per certi aspetti simile a quella di una famiglia che va al supermercato durante il week-end. Di solito si preferisce concentrare gli acquisti in una sola volta anziché spezzarli in due visite al supermercato. Perché? Il fatto è che il tempo passato a fare la spesa ha un costo, non monetario, che gli economisti definiscono costo opportunità. Il tempo è una risorsa scarsa per tutti. Quindi, si può discutere sul modo con cui valutarlo, ma negare che il tempo perso abbia un costo è un non senso. Non a caso, tutte le analisi costi-benefici includono una stima del valore del tempo.
Al di là delle cifre, la polemica pretestuosa tralascia il punto fondamentale: risparmiare è giusto? In un periodo di crisi economica, con i conti dello stato fuori controllo e con l’emergenza terremoto è immorale buttare via anche un solo milione di euro.

TERREMOTO, RISORSE E CONTROLLI

La redazione de lavoce.info partecipa al dramma della popolazione colpita dal terremoto e al lutto di chi ha perso i propri affetti, i parenti, gli amici. Le calamità naturali richiedono la mobilitazione tempestiva di ingenti risorse per i primi soccorsi e per la ricostruzione. Il Governo, sino a questo momento, ha stanziato 30 milioni di euro. Una goccia nel mare. In questi tempi di crisi è difficile reperire risorse. Facciamo nostra una proposta che ci arriva da un gruppo di lettori che vivono all’estero: chiediamo che il Governo non esiti nel raggruppare le tre scadenze elettorali di giugno stanziando subito per le aree disastrate i risparmi derivanti dal loro accorpamento in un unico election day. Si tratta, secondo il ministro Maroni, di 172milioni di euro (la nostra stima, analoga, aggiunge 200 milioni di costi indiretti sostenuti dalle famiglie). Siamo certi che tutti gli italiani apprezzeranno l’uso di queste risorse e potranno essere incoraggiati dallo stesso Governo e dai media a devolvere allo scopo quanto risparmieranno personalmente con l’election day.
Ricordiamo che per la ricostruzione dopo il terremoto del Friuli (1976) lo Stato spese una cifra pari a 10 miliardi di euro, per quella dell’Irpinia (1980) 32 miliardi, per quella in Umbria e Marche (1997) 4 miliardi.
Alla luce di questa catastrofe, in cui edifici recenti sono crollati come castelli di carte, è fondamentale rivedere il “piano casa”: questo riduce i controlli formali ex ante e non rivede affatto il sistema dei controlli sulle opere in costruzione e completate. Alle Regioni il compito, nel recepire il piano, di tenere alta la guardia sul rispetto dei requisiti antisismici, imponendocontrolli sui cantieri e ad opere completate .

IL PIANO CASA DEL SERRUCHÓN

Di ville, di ville!; di villette otto locali doppi servissi; di principesche ville locali quaranta ampio terrazzo sui laghi veduta panoramica del Serruchón – orto, frutteto, garage, portineria, tennis, acqua potabile, vasca pozzo nero oltre settecento ettolitri: – esposte mezzogiorno, o ponente, o levante, o levante-mezzogiorno, o mezzogiorno-ponente, protette d’olmi o d’antique ombre dei faggi avverso il tramontano e il pampero, ma non dai monsoni delle ipoteche, che spirano a tutt’andare anche sull’anfiteatro morenico del Serruchón e lungo le pioppaie del Prado; di ville! di villule!, di villoni ripieni, di villette isolate, di ville doppie, di case villerecce, di ville rustiche, di rustici delle ville, gli architetti pastrufaziani avevano ingioiellato, poco a poco un po’ tutti, i vaghissimi e placidi colli delle pendici preandine, che, manco a dirlo, “digradano dolcemente”: alle miti bacinelle dei loro laghi. […] Della gran parte di quelle ville, quando venivan fuori più “civettuole” che mai dalle robinie, o dal ridondante fogliame del banzavóis come da un bananeto delle Canarie, si sarebbe proprio potuto affermare, in caso di bisogno,e ad essere uno scrittore in gamba, che “occhieggiavano di tra il verzicare dei colli”. Noi ci contenteremo, dato che le verze non sono il nostro forte, di segnalare come qualmente taluno de’ più in vista fra quei politecnicali prodotti, col tetto tutto gronde, e le gronde tutte punte, a triangolacci settentrionali e glaciali, inalberasse pretese di chalet svizzero, pur seguitando a cuocere nella vastità del ferragosto americano: ma il legno dell’Oberland era però soltanto dipinto (sulla scialbatura serruchonese) e un po’ troppo stinto, anche, dalle dacquate e dai monsoni. Altre villule, dov’è lo spigoluccio più in fuora, si drizzavano su, belle belle, in una torricella pseudo-senese o pastrufazianamente normanna, con una lunga e nera stanga in coppa, per il parafulmine e la bandiera. Altre ancora si insignivano di cupolette e pinnacoli vari, di tipo russo o quasi, un po’ come dei rapanelli o cipolle capovolti, a copertura embricata e bene spesso policroma, e cioè squamme d’un carnevalesco rettile, metà gialle e metà celesti. Cosicché tenevano della pagoda e della filanda, ed erano anche una via di mezzo fra l’Alhambra e il Kremlino. Poiché tutto, tutto! era passato pel capo degli architetti pastrufaziani, salvo forse i connotati del Buon Gusto.

Carlo Emilio Gadda – La cognizione del dolore, Torino, Einaudi, 1971, pp. 21-23.

 

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