Davvero Alitalia è indispensabile per collegare i vari angoli del paese, come sostiene il ministro Calenda? Da qui comincia il fact-checking de lavoce.info: mettiamo sotto esame le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, possibilmente con i numeri, se hanno detto il vero o il falso.
L’euro è accusato spesso di essere la causa della stagnante produttività italiana e quindi della scarsa crescita e dei bassi salari del paese. In alternativa si propone il ritorno alla lira per svalutare e sostenere competitività ed esportazioni. Ma poi c’è anche il resto. Nel 2017 in Italia l’inflazione è tornata all’1 per cento. Più probabile una discesa del rapporto debito/Pil. E le imprese possono trasferire aumenti di costo sui consumatori. Ma questi ultimi – i cui stipendi non salgono in proporzione – consumeranno meno. A meno che non arrivi la riforma dell’Irpef.
I dati del Def mostrano una spesa sanitaria sotto controllo, vicina al 6,5 per cento del Pil, in aumento di un miliardo all’anno. Bene? Ni, perché così si fa solo manutenzione del Ssn. Mancano gli investimenti (come in Germania e Francia) per migliorare i servizi negli ospedali e sul territorio e farli arrivare ai cittadini in modo il più possibile omogeneo. A questi temi è dedicato il Festival dell’economia di Trento dall’1 al 4 giugno prossimi. Titolo: “La salute disuguale“. Tra paesi e tra regioni, tra classi di reddito e tra generi, la disuguaglianza nella cura della salute è particolarmente odiosa.
Per attuare la legge delega e costruire il Reddito di inclusione, il governo ha firmato un memorandum con l’Alleanza contro la povertà. Un soggetto che riunisce 37 organizzazioni: associazioni, regioni, comuni, sindacati, enti del terzo settore. E li rappresenta per la prima volta in un percorso legislativo.
In controtendenza rispetto alla recente ondata neo-protezionista, entra in vigore l’accordo multilaterale sulle facilitazioni commerciali negli scambi internazionali (Trade Facilitation Agreement, Tfa). È l’intesa più significativa della storia del Wto. Su altri dossier, però, le posizioni sono ancora distanti.
15 anni de lavoce.info: feste-convegni 5 giugno a Milano e 6 giugno a Roma
Nel 2017, lavoce.info compie 15 anni. Festeggeremo il compleanno con i nostri affezionati lettori e sottoscrittori la mattina di lunedì 5 giugno a Milano e il pomeriggio di martedì 6 giugno a Roma. Intanto: SAVE THE DATE! A breve comunicheremo il come e il dove.
E, se potete, destinate e fate destinare il 5 per mille dell’Irpef a questo sito in quanto “associazione di promozione sociale”: Associazione La Voce, Via Bellezza 15 – 20136 Milano, codice fiscale 97320670157. Grazie!
Buoni docenti per una Buona scuola
Di Desk
il 14/04/2017
in Commenti e repliche
Nuovo modello per le assunzioni
Nel loro intervento pubblicato l’11 aprile sul nuovo sistema di assunzione e formazione iniziale degli insegnanti della scuola secondaria, Daniele Checchi e Maria De Paola hanno espresso un giudizio sostanzialmente positivo, accanto al quale non manca comunque la critica ad alcuni specifici aspetti che possono rappresentarne punti di debolezza e quindi infirmare la positività dei risultati.
Prima di dimostrare l’infondatezza delle critiche, ricordo che la riforma rappresenta un vero cambio di paradigma. Ormai da decenni si diventava insegnanti – con modalità cambiate più volte – tramite esperienze dirette sul campo (insegnamenti per supplenza) ed esperienze formative presso le università (Ssis, Tfa, corsi abilitanti, Pas); conseguita l’abilitazione, c’era poi da superare uno dei rari ed erratici concorsi per l’assunzione in ruolo, oppure attendere l’assunzione diretta dalle graduatorie in lento scorrimento. Un sistema che ha causato lunghi e defatiganti precariati, la caccia ai punteggi più che alle competenze, la disaffezione delle persone più brillanti, senza dimenticare gli effetti della presenza nelle scuole di insegnanti ancora non ben formati e i costi economici a carico degli aspiranti docenti.
Il nuovo modello inverte l’ordine: prima un concorso per merito, a cadenza biennale, che selezionerà coloro che hanno la migliore preparazione disciplinare e un buon orientamento metodologico e psico-pedagogico; poi un percorso triennale, retribuito, di formazione alle competenze professionali e tirocinio (Fit) riservato ai vincitori del concorso e cogestito da università e scuole. Chi supererà positivamente il percorso Fit sarà assunto a tempo indeterminato come docente.
Nessun nuovo precariato
Una preoccupazione di Checchi e De Paola è che il concorso possa generare un numero di vincitori eccedente il fabbisogno reale di docenti. È forse sfuggito loro che non sarà messo a concorso alcun posto di insegnante che non corrisponda a un posto che si renderà vacante e disponibile al termine del periodo di formazione dei vincitori del concorso e che non ci saranno altri vincitori oltre quelli in numero pari ai posti messi a concorso. Non si alimenterà, quindi, nuovo precariato e, soprattutto, non ci saranno gli abilitati senza cattedra, che hanno rappresentato, incolpevoli, una sorta di incubatore di frustrazione e di precariato.
Molta dell’efficacia del sistema dipenderà dal rigore del lavoro valutativo delle commissioni, chiamate a giudicare soprattutto competenze professionali maturate nel triennio dai vincitori di concorso. Le commissioni saranno costituite da personale della scuola e del mondo accademico, per superare l’ingiustificata separazione di funzioni che ha contraddistinto fino ad ora la formazione iniziale e il reclutamento dei docenti: all’università la formazione e alla scuola la selezione, senza una solida condivisione degli obiettivi formativi e professionali da raggiungere. A questa nuova collaborazione strutturata e paritetica tra scuola e università spetterà anche la responsabilità di intercettare, per tempo, coloro i quali non dimostrassero attitudini e competenze adeguate alla funzione docente.
Come ogni riforma profonda, anche questa dovrà affrontare una fase transitoria che terrà conto della varietà dei docenti precari, generati dalla stratificazione di scelte pregresse e disorganiche. Il decreto legislativo tiene dunque conto di coloro che sono inseriti nelle graduatorie poste a esaurimento nel 2007, dei vincitori e idonei del concorso 2016, nonché dei già abilitati all’insegnamento e di coloro che, pur non essendo abilitati, insegnano da anni. In alcune regioni e discipline queste categorie sono già esaurite o in esaurimento (tanto che sono chiamati a insegnare anche neolaureati), in altre contengono ancora migliaia di persone. Per loro non sono previste sanatorie, bensì uno specifico percorso valutativo e formativo, differenziato in base alle esperienze già maturate e ai diversi titoli conseguiti, che consentirà nel tempo, a chi lo supererà, di essere assunto in ruolo su quote riservate di posti. Tutte le assunzioni saranno effettuate esclusivamente sulle disponibilità dell’organico attuale, frutto del turn-over o della trasformazione di posti dell’organico di fatto (insegnamenti ora coperti da precari) in organico di diritto. Non avverrà dunque alcuna “infornata”. Allo stesso tempo, per non privarsi dell’apporto dei laureati più giovani e motivati, ogni concorso, sin dal primo del 2018, riserverà loro una quota di posti, che crescerà progressivamente nel tempo, via via che la fase transitoria si andrà esaurendo nelle varie regioni e classi di concorso.
Merito, formazione, ricerca educativa integrata alla quotidianità della scuola, valutazione e programmazione sono i principi direttivi della riforma che è, innegabilmente, organica: ad essi sono parimenti ispirati il nuovo regime ordinario e quello transitorio, con l’obiettivo di assicurare buoni docenti per una buona scuola.
Manuela Ghizzoni, Parlamentare Pd e ricercatrice universitaria