Nel corso della crisi molte banche europee hanno registrato improvvise cadute di redditività, che ben poche sono riuscite a recuperare. L’analisi dei fattori macroeconomici e aziendali che le hanno determinate non è incoraggiante per quelle italiane.
Autore: Laura Nieri
E’ Professore associato presso l’Università di Genova dove insegna Gestione dei rischi e Finanza aziendale. In precedenza ha insegnato presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e presso l’Università di Chieti-Pescara.
Si è laureata presso l'Università di Pisa e ha conseguito il Master in Banking and Finance alla Bangor University e l'equivalente del titolo di dottore di ricerca presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.
E’ autore di numerose pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali sui temi dell’economia e della gestione di banche e assicurazioni. Recentemente si interessa in particolare al tema delle politiche creditizie bancarie e di regolamentazione bancaria.
Collabora stabilmente con il Laboratorio di Analisi Monetaria (Università Cattolica di Milano e Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa) e partecipa all'estensione di Osservatorio Monetario.
Il sistema europeo di vigilanza bancaria ha pubblicato un rapporto sui fattori di redditività e i modelli di business delle grandi banche. C’è più attenzione per i principi gestionali e le strategie. Oltre a qualche suggerimento ai Cda.
L’approccio Irb ha incentivato la diffusione tra le banche europee di modelli e pratiche di gestione del rischio più accurati ed efficaci. Giusto quindi non limitarne il ruolo nella regolamentazione prudenziale. Anche se serve qualche aggiustamento.
Nonostante il decreto che fissa un nuovo trattamento fiscale per la loro cessione, è difficile che i crediti deteriorati possano ridursi per iniziativa delle singole banche e nel rispetto delle regole di mercato. In molti casi, la bad bank sembra l’unica soluzione per far ripartire il credito.